26/09/2017

The War On Drugs

Quando l’approdo di una band presso una major discografica non scalfisce minimamente una forte identità
La copertina di un disco dice molto di un’artista o dell’evoluzione dello stesso disco, nella storia del rock vi sono numerosi esempi. Nell’artwork di A Deeper Understanding, nuovo album dei The War On Drugs, abbiamo Adam Granduciel, leader e voce della band, solo in uno studio di registrazione, e contornato da più strumenti. Ed è proprio questo che ha fatto dopo l’uscita, e il conseguente tour, del precedente album Lost In The Dream (2014, Secretly Canadian): chiudersi in studio e lavorare su quello che sarebbe poi diventato A Deeper Understanding.
 
Il disco costituisce anche il debutto presso un major discografica (Atlantic Records) e, attraverso i dieci brani che ne fanno parte, ci restituisce i The War On Drugs con una maturità e una consapevolezza acquisita già dal precedente lavoro. In un’epoca dove la parola “indie” viene un po’ troppo tirata in ballo, spesso senza una minima cognizione di causa, la band di Philadelphia restituisce giustizia a questa parola, o meglio, a questa scena, realizzando un disco che, pur richiamando fortemente delle sonorità più legate al rock degli 80’s, cerca di adattarsi in questa che possiamo considerare una sorta di fase di stallo per quanto riguarda il rock e il suo momento attuale. Le frecce nell’arco di Adam e compagnia sono molteplici: la ricerca con successo di un sound più a stelle e strisce, tramite anche un cantato a volte molto “dylaniano”, le atmosfere magiche create dalle chitarre, la ricerca del gusto melodico, accantonando, ma non troppo, i sapori più psichedelici. A Deeper Understanding riesce nell’intento e i The War On Drugs riescono in maniera abbastanza sobria a rimanere fedeli a loro stessi, riuscendo a partorire un sound che, pur con qualche raro eccesso, non sfocia in quello che si definisce alternative-rock e allo stesso tempo neanche nell’elettronica. È talmente compatto che viene difficile anche citarne dei brani che risaltano, fatta eccezione per gli undici minuti di Thinking Of A Place, tipico esempio di scrittura, cantato e arrangiamenti al limite della perfezione.
 
È indie? No. È indie-pop? No. È rock? Sì. È rock a dispetto dell’“indie”, parola troppo spesso abusata e che risulterebbe troppo ingenerosa verso i The War On Drugs e verso questo loro nuovo album. Un album che, essendo “targato” Atlantic Records, avrà anche una giusta e, soprattutto, una meritata visibilità.
 

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