Per ritrovare i Foo Fighters più noti ci si può rifugiare in una traccia come Waiting On A War, ispirata dalla figlia di Dave Grohl che, nell’autunno del 2019, aveva chiesto al padre, mentre la accompagnava a scuola, se gli Stati Uniti stessero entrando in guerra contro la Corea del Nord a causa delle tensioni tra i due Paesi, riportate in quel periodo anche dai media. Anche il sound più hard di Holding Poison riporta alla versione più conosciuta della band, invece No Son Of Mine va addirittura oltre per i chiari riferimenti ai Motörhead.
Suona infine molto delicata Chasing Birds, prima dell’altrettanto interessante cavalcata finale, in una chiave pop-rock differente rispetto a quella del brano iniziale, Love Dies Young.
Dave Grohl in merito a Medicine At Midnight aveva anche dichiarato che molti degli album più apprezzati del gruppo ponevano al centro i riff e il groove e, sebbene qui non siano senz’altro così preponderanti, i Foo Fighters riescono comunque a tornare quasi in ogni brano alla situazione a loro più congeniale. Complice forse anche la co-produzione ancora una volta con Greg Kurstin, come per il precedente Concrete And Gold del 2017, la band introduce infatti di nuovo qua e là alcuni cambiamenti nelle proprie sonorità in maniera più che legittima, considerando che sono trascorsi 25 anni (quest’anno anzi 26) da Foo Fighters, ma, di fatto come sempre, si ricongiunge altrettanto spesso con la sua storia. Una storia imprescindibilmente derivata da altro, ma una storia alla quale, mai come in un simile contesto, manca un capitolo, che è stato solo in parte scritto in alcune apparizioni in tv o in streaming: i concerti live dopo la pubblicazione di un album.