E così, a quindici anni di distanza dall’ultimo album di inediti Accadueo (Warner Music, 1998), e dopo innumerevoli progetti che lo hanno portato a cantare il fado, il blues e la musica classica contemporanea, Eugenio Finardi pubblica un nuovo lavoro in italiano: Fibrillante (Universal Music, 2014). Un disco convincente, teso e arrabbiato che riconsegna al pubblico quello che, a tutti gli effetti, deve essere considerato il primo songwriter rock del nostro paese.
Alla Santeria di Milano, di fronte a una platea di giornalisti e amici (tra gli altri, Faso e Rocco Tanica, Vittorio Cosma, Alberto Patrucco, Carlo Boccadoro, Gianluigi Paragone) Finardi racconta rilassato ma con un pizzico d’orgoglio il percorso che lo ha portato alla realizzazione di questo progetto. A partire dal titolo che prende spunto dalla cardiopatia che lo ha colpito “a seguito di una tempesta tiroidea”, spiega, “con i relativi risvolti fisici e psicologici, accompagnati da deliri, ma anche da grandi afflati creativi”.
Nate in uno studio di Torino/Mirafiori, insieme a quattro giovani musicisti capeggiati dal chitarrista Giovanni “Giuvazza” Maggiore (coautore e coproduttore del tutto) le canzoni profumano di garage rock.
“Le ho fatte sentire a Max Casacci a cui sono piaciute moltissimo”, rivela Finardi, “e così abbiamo fatto società”.
Seduto al fianco di Eugenio, Casacci conferma che Fibrillante è stato “registrato e cantato quasi interamente dal vivo, con poche sovraincisioni, per mantenere intatte quel tipo di elettricità e di energia che vibravano nelle prove”.
“Volevamo ritrovare la grinta e lo stile del Finardi ‘classico’ ma con sonorità contemporanee: crediamo di esserci riusciti”, racconta il produttore torinese che ha pure suggerito alcune importanti collaborazioni, che impreziosiscono il lavoro, come quelle di Tomi e Gigi dei Perturbazione, Manuel Agnelli e Patrizio Fariselli, indimenticato tastierista degli Area.
Vestito completamente di nero, un po’ alla Johnny Cash, Finardi come il grande rocker americano esprime tutta la sua indignazione per la situazione politica internazionale.
“Io non mi chiamo fuori”, afferma con decisione, “in molte canzone del disco denuncio tutto in modo inequivocabile”.
Detto fatto. Accompagnato dalla sua band e dalla deliziosa presneza di sua nipote Federica al violoncello, Finardi (62 anni il prossimo luglio) si esibisce “nudo” di fronte ai giornalisti.
Come Savonarola e Me ne vado esprimono il senso di impotenza ma anche il desiderio di protesta verso il livello di degrado socio-politico della società moderna.
“Oggi ci vorrebbero un Gandhi o un Martin Luther King, personaggi capaci di cambiare il mondo in quest’era di globalizzazione. Se ne vedo uno all’orizzonte? Forse Papa Francesco … il che, suggerito da un un ateo come il sottoscritto, la dice lunga sul come siamo messi”.
Tra i brani proposti, oltre alla title-track, colpiscono La canzone di Franco, pezzo toccante nato dall’incontro con un ex discografico diventato clochard al quale non è più permesso vedere la figlia e la potentissima Cadere Sognare (accolta da un lunghissimo applauso) che conferma che Fibrillante è un disco di poesia ma anche di lotta, in cui Finardi torna a fare ‘il Finardi’, ritrovando la vena di ribelle, la rabbia l’indignazione e la coscienza degli anni 70.
“Mi disgusta questa ricchezza in mano a pochi. Dicono che si nasce incendiari e si muore pompieri; beh, a me è successo il contrario. Io sono rimasto sulle stesse posizioni di sempre: è il mondo che si è spostato a destra”.