18 febbraio 1933 – Yoko Ono, la strega del rock
Tokyo, Giappone, Nasce Yoko Ono
Tokyo, Giappone, Nasce Yoko Ono
Nashville, Tennessee, Studi della Columbia Records.
Nella capitale mondiale del Country due superstar della musica americana, Johnny Cash “l’uomo in nero” e Bob Dylan “la voce di una generazione” si siedono davanti a un microfono.
Oggi, 16 febbraio 1974
Salt Lake City, Utah; nella piscina del loro hotel nella capitale dello stato più mormone e puritano d’America, Keith Emerson, Greg Lake e Carl Palmer stanno tranquillamente facendo il bagno. Hanno però deciso di togliersi gli slip: perché a loro va così e perché gli piace nuotare nudi.
Sono uno dei gruppi rock più acclamati del mondo. Per la band che aveva esordito sul palco del Festival dell’isola di Wight nell’agosto del 1970 è davvero un momento d’oro. I loro dischi vendono a tonnellate e il tour americano sta andando a gonfie vele. Un paio di mesi dopo, alla prima edizione del California Jam Festival ELP saranno gli headliner e suoneranno per ultimi, dopo i Deep Purple.
E dunque, una piccola trasgressione da rockstar ogni tanto ci sta, no?
Purtroppo no, o almeno non qui, nello stato dello Utah.
Alcuni clienti chiamano la polizia e per le tre superstar inglesi scatta immediatamente l’arresto. Il guaio, però, si risolve presto e svanisce come una bolla di sapone: una piccola multa (75 dollari a testa) e poi tutti di nuovo in libertà.
Di lì a poco, Emerson, Lake & Palmer portano il loro progressive rock, aggressivo ma anche pieno di sviluppi melodici (eccezionale mélange di rock, classica e jazz) sui principali palchi americani.
Tra suite imperiose e stacchi proverbiali, nel repertorio di ELP c’è spazio anche per ballad suadenti come Lucky Man; Greg Lake scrive il pezzo quando ha 12 anni ma che decide di rispolverare in studio quando si cerca nuovo materiale per completare il primo. Il leggendario assolo di Moog di Keith Emerson viene registrato a sua insaputa; il tastierista sta infatti improvvisando sulle note della canzone ignaro che i nastri stiano girando.
San Francisco, California; all’interno della sua automobile, parcheggiata poco distante da casa, viene rinvenuto il corpo senza vita di Michael Bernard Bloomfield, 38 anni, chitarrista rock blues, uno dei musicisti più bravi e stimati degli anni 60. Una overdose di eroina lo ha schiantato.
Quello della droga è un problema che ha afflitto Bloomfield da sempre: addirittura, nei primi anni 70 per quel motivo aveva smesso di suonare. “Quando hai a che fare con l’eroina”, diceva, “tutto il resto passa in secondo piano anche la chitarra…”.
E così, di colpo, sembravano lontani i tempi gloriosi in cui la sua sei corde impreziosiva la fantastica blues band di Paul Butterfield (primo gruppo elettrico ad accompagnare Bob Dylan nella clamorosa svolta rock del 1965), faceva volare i favolosi Electric Flag o duettava magnificamente nelle Super Sessions con Al Kooper e Stephen Stills.
Chi lo aveva ascoltato nel 1978 al Greek Theatre di Berkeley nel celebre Tribal Stomp organizzato da Chet Helms non ci voleva credere: ma quello è davvero Mike Bloomfield, l’unico americano a combattere alla pari con Eric Clapton e Jimmy Page nel chitarrismo rock blues? Non è possibile… Eppure, nonostante questi problemi e un principio di artrite alle mani, Bloomfield voleva ritrovare lo smalto perduto.
Anche per questo, la sua morte è ancora oggi circondata da mistero.
Non solo: la dose di eroina che aveva in corpo non avrebbe potuto permettergli di guidare la sua auto, parcheggiare e poi spirare.
Qualcun altro l’ha trasportato qui già cadavere. Ma chi? Nessuno, finora, ha mai saputo dare risposta…
Chicago, Illinois; il gruppo vocale dei Platters, per 4 volte al numero uno delle classifiche americane tra il 1955 e il 1958 con brani epocali quali The Great Pretender o Smoke Gets In Your Eyes, sporge denuncia nei confronti della propria casa discografica, la Mercury Records.
Sembra infatti che i dirigenti dell’etichetta abbiano rifiutato loro alcuni nuovi brani soltanto perché alla voce solista non c’è Tony Williams, l’inconfondibile ugola dal timbro altissimo in grado di rendere magnificamente i classici del gruppo scritti dal leggendario Buck Ram, factotum artistico dei Platters.
In realtà, il contratto stipulato tra Platters e Mercury Records non prevede questa clausola. La storia dei Platters, la cui popolarità comincia a declinare proprio nei primi anni ’60, è in realtà piena di dispute legali, specie sull’utilizzo del nome.
Da sempre, infatti, la formazione del gruppo è soggetta a cambi, modifiche, rientri. E ogni volta, si dà vita a formazioni analoghe che ingenerano confusione nel pubblico.
L’ultima disputa risale a una decina di anni fa: nel 2006, una battaglia legale permette a una società di Las Vegas (la G.E.M.) di ottenere la possibilità di presentare al Sahara, uno dei grandi Hotel/Casino della “capitale del gioco d’azzardo”, uno show con le canzoni “del grande gruppo vocale degli anni 50, The Platters”.
Oggi, 13 febbraio 1982
Orange Park, Florida; nel Jacksonville Memorial Gardens, il cimitero della cittadina della contea di Clay a Nord dello Stato, ci sono le tombe di Ronnie Van Zant e Steve Gaines, i due sfortunati musicisti della rock band sudista Lynyrd Skynyrd morti in un tragico incidente aereo il 20 ottobre 1977.
Oggi, però, la tomba di Van Zant appare diversa: la grossa lapide di marmo bianco, dal peso di 150 chili è sparita.
Verrà ritrovata due settimane dopo dalla polizia sul letto di un fiume in secca.
Il mistero non viene però risolto e così i profanatori di tombe rock non demordono. Il 29 giugno del 2000 entrambi i mausolei sono oggetto di sciacallaggio: il sacchetto contenente le ceneri di Steve Gaines viene aperto e i resti sparsi intorno alla tomba. Mentre, dopo aver aperto la cassa di Van Zant, i vandali decidono di non trafugarne il corpo. C’è chi dice che volessero semplicemente controllare la veridicità di una delle grandi leggende del rock. E cioè quella che sostiene che Ronnie indossasse, a mo’ di maledizione, una maglietta di Neil Young (di cui si diceva fosse nemico giurato in seguito ai testi delle canzoni Southern Man e Alabama, offensivi dell’orgoglio della gente del sud). Dopo questo episodio, le lapidi di entrambi vengono ricostruite anche se il corpo di Ronnie Van Zant è stato trasportato nella tomba dei genitori al Riverside Memorial Park nella natia Jacksonville.
Il giorno dei funerali di Ronnie, di fronte al feretro coperto di rose rosse all’interno del quale erano stati messi la sua canna da pesca e il cappello nero che indossava sempre durante i concerti, 150 amici tra i quali Charlie Daniels cantano una commossa versione di Amazing Grace.
Padre David Evans chiude l’eulogia funebre dicendo: “Ronnie è vivo.
In Paradiso c’è la sua anima e, qui, sulla Terra la sua musica”.
Oggi, 12 febbraio 2003
Los Angeles; l’ex batterista dei Doors John Densmore sporge denuncia nei confronti di Ray Manzarek e Robbie Krieger, gli altri due membri fondatori della leggendaria band californiana capitanata da Jim Morrison.
Tre i capi d’imputazione: inadempienza contrattuale, violazione nell’uso del marchio, concorrenza sleale. Manzarek e Krieger, senza interpellare Densmore, avevano dato vita a una nuova line up dei Doors con l’ex cantante dei Cult (Ian Astbury) alla voce e Stewart Copeland dei Police alla batteria.
A John, evidentemente, la cosa non era andata giù.
Non solo: Densmore è convinto che non si possa e non si debba utilizzare il nome The Doors dopo la morte di Jim Morrison. Così, quando la band di Manzarek e Krieger appare come ospite nel celebre show tv di Jay Leno presentata come The Doors (con il logo originale…), va all’attacco per quello che secondo lui è un uso illecito del nome The Doors.
A poco serve che Manzarek e Krieger modifichino leggermente il tiro facendosi chiamare “The Doors of 21st Century”. La denuncia, ormai, è scattata.
I guai non finiscono qui.
Stewart Copeland, poco prima del tour con Manzarek e Krieger, si rompe un braccio ed è costretto a dare forfait. Gli altri se ne fregano e lo sostituiscono senza cancellare le date. Infuriato, anche Copeland li denuncia.
La gigantesca lite si conclude il 22 agosto del 2008 quando la suprema corte della California decide che Manzarek e Krieger non potevano utilizzare il nome The Doors e l’immagine di Jim Morrison per promuovere i loro concerti.
E sono costretti a risarcire per 5 milioni di dollari sia Densmore che gli eredi di Jim Morrison.
Los Angeles, California; al primo posto delle classifiche americane schizza “More Of The Monkees”, secondo album del quartetto “teen-age pop” per eccellenza
Oggi, 10 febbraio 1973
New York City; nella chiesa sconsacrata di St. Mark, in piena Manhattan, fa il suo esordio la nuova stella della poesia rock della Grande Mela.
In realtà, lei è nata a Chicago ma se lo sono già dimenticato tutti.
Sì, perché Patricia Lee Smith, ancor prima di diventare Patti Smith, è ormai a tutti gli effetti una newyorkese d.o.c.
Grazie ai buoni uffici del suo amico Bob Neuwirth, conosciuto ai tempi del Chelsea Hotel, stasera il St. Mark è pieno zeppo e tutta l’elite della New York off Broadway è lì per lei.
Patti sta vivendo un’infuocata love story con Sam Shepard e sta facendo un po’ di esperienza nel teatro sperimentale.
Ma questa sera è qui per leggere i suoi testi: poesie crude, piene di rabbia e d’amore, di calma e di tensione, che sanno essere calde come il fuoco ardente o gelide come la lama di un coltello. Accanto a lei, un chitarrista acustico (Lenny Kaye) conosciuto mentre faceva la commessa in libreria. La performance lascia tutti i presenti a bocca aperta.
Eppure, dovranno passare altri quattro anni prima che John Cale, la leggenda rock dei Velvet Underground, produrrà Horses, album di debutto di colei che passerà alla storia come la “grande sacerdotessa del rock”.
Oggi, 9 febbraio 1983
San Francisco, California; al War Memorial Opera House, Frank Zappa corona un suo vecchio sogno: quello di condurre un’orchestra sinfonica.
Sceglie due composizioni del suo autore preferito, Edgar Varèse (musicista italo-francese naturalizzato americano) e una di Anton Webern.
Vestito di tutto punto, con un elegantissimo frac, l’eccentrico rocker di Baltimora incanta la platea della Opera House.
Non è la sua prima divagazione in area colta: Zappa, che non ha mai fatto mistero della sua propensione per i compositori di musica contemporanea, ha sviluppato collaborazioni con vari personaggi, da Pierre Boulez a Kent Nagano, e ha in mente una sua propria opera (The Yellow Shark) che riuscirà a rappresentare nel 1993 pochi mesi prima della sua prematura scomparsa.
Ma il suo gusto e la sua sensibilità per la musica colta emergono in molte tracce dei suoi album maggiormente considerati dalla critica e dai suoi fan.
Quali, per esempio, gli sperimentali Waka Jawaka e The Grand Wazoo, rispettivamente del 1972 e 73, anni in cui Zappa era costretto su una sedia a rotelle per via di una caduta provocata da un fan troppo entusiasta che lo aveva fatto cadere dal palco.
Proprio da The Grand Wazoo è tratta la luminosissima perla Cletus Awreetus Awrightus, che è anche il nome dello strampalato personaggio che appare sulla copertina di questo eccezionale concept album a cavallo tra jazz, classica e prog rock che sdogana il nome di Frank Zappa anche tra i cultori di musica colta.
Ma che potrebbe piacere anche ai piccoli: come fosse la colonna sonora di un cartoon della Disney…
James Taylor e sua moglie Carly Simon stanno festeggiando il disco d’oro che Carly ha ottenuto con il brano “You’re So Vain”
Oggi, 7 febbraio 1970
Londra; per la prima volta, al numero uno delle classifiche inglesi, salgono i Led Zeppelin. La formidabile rock band guidata da Jimmy Page e Robert Plant ha esordito un anno prima ottenendo consenso totale ma è questo secondo album a lanciarli definitivamente nell’olimpo del rock.
La canzone più famosa del disco si chiama Whole Lotta Love che peraltro, negli Stati Uniti, è l’unico 45 giri dei Led Zeppelin a entrare in classifica.
Basata su un poderoso riff di chitarra e su un testo preso, per così dire, a prestito da You Need Loving degli Small Faces, Whole Lotta Love vede Jimmy Page nelle vesti di produttore artistico.
“Era bravissimo”, ha ricordato di lui il bassista della band, John Paul Jones, “usava piccoli amplificatori per la sua chitarra ma li sapeva microfonare in modo eccellente. La sua trovata dell’eco che anticipa il canto di Plant, poi, è stata geniale …”.
Già, il backward echo nell’intermezzo del brano entra nella storia del rock così come quella divagazione psichedelica che segue, frutto della creatività di Page e dell’abilità tecnica di Eddie Kramer, formidabile fonico già al fianco di Jimi Hendrix.
Il bluesman chicagoano Willie Dixon denuncia però i Led Zeppelin sostenendo che Whole Lotta Love è un plagio del suo brano You Need Love.
La band acconsente alle richieste di Dixon il quale, con il denaro intascato dal patteggiamento, dà vita a un programma sociale per mettere a disposizione gratuitamente strumenti musicali per ragazzini indigenti.
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