Il direttore Ezio Guaitamacchi ricorda David Crosby tra aneddoti personali da appassionato e quelli professionali da addetto ai lavori
“Quando viene a mancare una persona cara, una persona di famiglia, oltre diciamo allo choc che si prova, la sensazione più immediata è quella di non riuscire a crederci. Pensi che non sia vero. Ecco, quando ieri sera ho avuto la notizia della scomparsa di David Crosby, ho provato questa stessa sensazione di incredulità. Lui non è stato, non era una persona di famiglia, ma ha rappresentato qualcosa di importante per la mia generazione, la sua musica, la musica di Crosby, Stills, Nash & Young è stata una vera e propria colonna sonora, una bussola di riferimento.
Noi che arrivavamo poco dopo la generazione di chi ha ascoltato e amato i Beatles, ecco, io credo che quella musica di Crosby, Stills, Nash & Young e loro stessi siano stati per noi come i Beatles. E infatti, non a caso, negli Stati Uniti furono chiamati ‘i nuovi Beatles’ o qualcuno disse ‘i Beatles americani’.
Poi, inevitabilmente, scorrono i ricordi personali, perché davvero la loro musica ci ha fatto amare gli Stati Uniti, ci ha fatto sognare la California! E i ricordi personali miei sono di un ragazzino che aveva 15 anni e che cercava disperatamente una giacca con le frange come quella che David Crosby sfoggiava sul palco di Woodstock o comunque che era una specie di sua divisa. Ricordo che la mia disperazione fu ad un certo punto attenuata dalla mamma di una mia amica che da un suo viaggio americano aveva acquistato una giacca proprio con le frange che lei non metteva e insomma più o meno stava a me, e quindi me la regalò, e io andavo super orgoglioso di questa giacca! Poi nel tempo ne ho avute moltissime altre perché quella fissa diciamo da vecchio cowboy non mi è mai passata.
E quindi con altri tre amici in quell’epoca del liceo feci inconsapevolmente (oggi si chiamerebbe una tribute band), noi facevamo il repertorio di Crosby, Stills, Nash & Young. E ognuno di noi era uno di quei personaggi: io non ero Crosby, c’era un altro mio amico che era ancor più affascinato dalla figura di Crosby; a me piaceva molto Stephen Stills, perché suonava la chitarra da dio, però insomma facevamo questo repertorio che era totalmente sconosciuto allora alle nostre ragazzine/amiche… al terzo brano ci chiedevano subito un pezzo di Lucio Battisti perché di quella musica a loro probabilmente non fregava nulla!
E poi ricordo il mio primo viaggio in America nell’agosto del 1976: l’atterraggio a San Francisco, il giorno dopo lo sbalordimento nel trovarmi di fronte una locandina che annunciava un concerto di Crosby e Nash lì vicino a Stanford, un’ora più o meno a sud della città della baia. E ricordo che convinsi i miei amici ad andare. Io mi feci fare una t-shirt con impresse la scritta Crosby & Nash e tutto fiero mi presentai ore prima del concerto entrando tra i primi per vedere in grande ammirazione questo palco con tutte le chitarre acustiche schierate, insomma la formazione fenomenale con Russell Kunkel, Lee Sklar, David Lindley ecc. ecc.
E poi tutte le altre volte che da professionista della musica ho avuto occasione di incontrarlo, di fare delle interviste, di andare a cena con lui: grazie al mio amico Stefano Zappaterra passammo una serata bellissima a Milano con Crosby e la moglie Jan in un ristorante milanese; mi ricordo che mi raccontava con grande felicità della sua Harley Davidson e delle sue chitarre; e poi tutte le volte che l’ho visto in concerto: da solo, con Graham Nash, con Crosby, Stills, Nash & Young al Bridge Festival di Neil Young, tutte le varie combinazioni possibili e immaginabili, e le ospitate che ha fatto con altri artisti, e l’ultimo concerto (credo italiano) al Teatro Dal Verme di Milano, peraltro bellissimo… ricordo che c’era il mio amico Marcus Eaton che arrivò come ospite, c’erano Jeff Pevar alla chitarra, insomma un concerto bellissimo con Crosby in forma, con la voce perfetta, ecco.
Insomma i ricordi, come vi dicevo, scorrono via uno dopo l’altro e la combinazione clamorosa che proprio ieri, mentre stavo lavorando a un libro, avevo trovato un video, un live alla BBC di Crosby & Nash acustici, due chitarre e due voci fantastiche, perché la capacità di fare armonie di David Crosby è stata veramente insuperabile.
E la cosa che tutto sommato mi consola e ci deve consolare è che quando vengono a mancare questi grandi eroi – che purtroppo stiamo perdendo per motivi generazionali – ecco, loro scompaiono, i loro corpi vengono seppelliti o cremati, ma le loro voci continuano a essere presenti al nostro fianco. E noi dobbiamo riascoltare la musica di David Crosby, riascoltare i suoi dischi: quelli fatti con Graham Nash, quelli con Stills, Nash & Young, o il suo disco da solo meraviglioso ‘If I Could Only Remember My Name’ con il gota della West Coast, ma anche tutte le altre cose che ha fatto successivamente, compreso gli ultimi lavori in cui dimostrava comunque che la sua vena compositiva così particolare non si è mai esaurita.
Ecco, la loro musica, quella di questi grandi eroi e quella del nostro amato David continuerà a risuonare e continuerà ad allietarci nelle nostre giornate cupe e grigie come quella milanese di oggi, fredde, ma ce le riscalderanno come ci ha riscaldato il sole della loro California che ci è arrivato invece come se noi fossimo lì sulla baia di San Francisco, sul Golden Gate, o di fianco al Fillmore ad ascoltare e vederli suonare dal vivo.
Grazie di tutto David Crosby, sarai sempre nei nostri cuori!“