Oggi siamo abituati a considerare la chitarra come lo strumento blues d’eccellenza, ma nell’Ottocento c’era un pianoforte nella maggior parte delle case americane, anche quelle rurali, e in tutte le chiese. Verso la fine di quel secolo, naturalmente, la chitarra avrebbe inesorabilmente preso il sopravvento, mettendo in ombra grandi pianisti destinati a non avere la stessa popolarità di colleghi orientati verso generi più commercialmente rilevanti (rock’n’roll, jazz), ma il ruolo del pianoforte, nel blues, resta fondamentale, anche per le derivazioni arrivate nel corso degli anni, dal boogie-woogie al ragtime. La diffusione di questi generi fu favorita, in particolare, dalla costruzione delle ferrovie americane, grazie alle quali i lavoratori potevano lasciare i campi il venerdì per andare a bere e ballare in bettole di infima categoria. E lì si trovava sempre allocato un vecchio piano verticale, dove il musicista di turno era chiamato a sfoggiare un repertorio necessariamente versatile che includesse brani di musica popolare, jazz e blues.
Nel suo bellissimo nuovo album, il pianista di Birmingham, Alabama (già membro della Allman Brothers Band e fedele session player dei Rolling Stones, inclusa la reunion del novembre scorso), paga un doveroso omaggio proprio a quella stirpe di musicisti, da Leroy Carr a Jesse James, da Little Brother Montgomery a Memphis Slim, fino al più giovane di tutti, Otis Spann. Di tutti loro, Leavell fornisce anche una breve scheda nelle accurate note di copertina, in un tributo chiaramente sentito e sincero. E non stupisce che, al fianco del leader (che, oltre al piano, suona l’organo e canta) e alla ritmica costituita dal contrabbasso di Chris Enghauser e la batteria di Louis Romanos, sia accorso un manipolo di ospiti di grande rilievo, come i vocalist Colonel Bruce Hampton (I Got To Go Blues), Candi Staton (canta da sola The Blues Is All Wrong e in coppia con Leavell Mean Mistreater, dove spicca un seducente solo di Randall Bramblett al sax tenore) e Danny Barnes (che si divide tra voce, chitarra, banjo e tuba). Ma naturalmente le ospitate che fanno più sensazione sono quelle di Keith Richards e John Mayer. Il primo strascica la sua chitarra acustica su Evening Train, il secondo claptoneggia alla grande su Wishing Me Well, per poi concludere con una sfida a quattro mani e a colpi di lead guitar su Boots And Shoes: sgangherata quella di Keith, pulita quella di Mayer. Un duetto avvenuto con i due in studio contemporaneamente. Di questi tempi, quando le collaborazioni musicali avvengono sempre più a distanza per il tramite di Internet, non è davvero poco.