05/07/2015

La difficile notte dei Led Zeppelin a Milano

La notte del Vigorelli: Giovanni Rossi racconta i Led Zeppelin a Milano nel 1971. Lacrimogeni, rock e il battesimo di fuoco dei grandi concerti in Italia
Domani 5 luglio – Ore 21
Velodromo Vigorelli di Milano
Superspettacolo
10° Cantagiro-Cantamondo con
I LED ZEPPELIN
che si esibiranno alle ore 24 circa
e
Lucio Dalla – Mauro Lusini – Mia Martini – Milva –
Gianni Morandi – New Trolls – Ricchi e Poveri – Vianella e il Cantamondo
Musiche, canzoni e folklore da tutto il mondo
presentano
Nuccio Costa, Daniele Piombi e Beryl Cunningham
 
A leggere il manifesto dell’atteso concertone del 5 luglio 1971 balzano agli occhi un paio di cose.
La prima è il sapore tutto naif della reclame: nel ’71 in Italia i grandi happening musicali non si erano ancora affrancati dalla liturgia e dal linguaggio sanremese e, nonostante l’avvento dei Beatles nel 1965 e i successivi eventi, la comunicazione aveva ancora uno spirito artigianale che oggi fa decisamente sorridere. La seconda è la bizzarria degli accostamenti: la scritta a caratteri cubitali Led Zeppelin cozza con altri nomi coinvolti, da Gianni Morandi ai Ricchi e Poveri, dai Vianella al “folklore da tutto il mondo”. E anche se spunta il nome di quei New Trolls ormai popolari tra i giovanissimi con il Concerto Grosso che annuncia l’arrivo di un modo nuovo di intendere il rock in Italia, si tratta pur sempre del programma del “Cantagiro-Cantamondo” presentato da figure già paludate come Nuccio Costa e Daniele Piombi. Roba per famiglie, tanto per intenderci, quelle che fino a qualche anno prima osannavano come il santo in processione l’arrivo delle corvette con sopra i cantanti famosi da osservare finalmente da vicino.
Ma non è per questi dati di costume che la notte del 5 luglio è passata alla storia. Il battesimo del fuoco per i concertoni rock di gruppi stranieri in Italia avviene tra il fumo acre dei lacrimogeni, le sassaiole e gli scontri con la polizia per la musica gratis, gli sguardi increduli di pubblico e musicisti. Il clima da guerriglia urbana offusca la presenza – per la prima e, ovviamente, ultima volta in Italia – della rock band del momento, la più importante, influente e carismatica di tutto il decennio. I Led Zeppelin.
Della notte al Vigorelli si è occupato Giovanni Rossi in Led Zeppelin ’71. La notte del Vigorelli (Tsunami Edizioni, 304 pagine, 18 euro): un libro accattivante e ricco di informazioni che racconta la genesi e lo svolgimento dello storico concerto zeppeliniano (o meglio, della breve performance interrotta) in un panorama non ancora pronto per eventi di tale portata ma sempre più acceso dai focolai della protesta post sessantottina. Incontriamo l’autore, ormai firma di fiducia Tsunami, giunto al quinto saggio per l’editore milanese.
 
Giovanni, hai ricostruito minuto per minuto un concerto importante e controverso: è sorprendente che prima di te nessun autore abbia affrontato tale evento, se non brevemente nelle biografie dedicate ai Led Zeppelin. Come ti spieghi l’assenza di bibliografia in materia?
Considerata l’importanza di questo concerto, è difficile spiegarselo. La notte del Vigorelli non solo ha rappresentato l’unica volta in cui gli Zeppelin hanno messo piede in Italia come gruppo, ma è stata al tempo stesso una delle manifestazioni più simboliche e crude del difficilissimo rapporto tra musica, nuove generazioni, politica e frange sociali. Detto questo, penso che il motivo principale alla radice dell’assenza di bibliografia sia costituito dalla difficoltà di reperimento delle fonti. Impossibile affidarsi ad Internet, in un momento in cui questo strumento incarna purtroppo il principale ricettacolo di fonti. Dico purtroppo perché a volte capita di leggere saggi interamente costruiti senza una ricerca delle fonti primarie. Per scrivere questo libro ho setacciato biblioteche, emeroteche e ho intervistato decine di testimoni diretti, un lavoro di ricerca in vecchio stile giornalistico che sottolineo non per vanteria, ma perché imprescindibile per il risultato.
 
La notte del Vigorelli ha segnato – cronologicamente e simbolicamente – l’inizio di una memorabile stagione di concerti in Italia. Da una parte tanta nuova musica, dall’altra un concentrato di molotov, sassaiole e scontri con la polizia: questo connubio debutta in grande stile proprio con i Led Zeppelin.
In occasione dell’esibizione dei Led Zeppelin viene involontariamente disegnato il disastro concertistico perfetto. Tutto quello che poteva andare storto, andrà storto. E questo anche a causa delle tensioni palpabili originate dalla presenza di gruppi extraparlamentari, autoriduttori, giovani alla ricerca di nuova musica che non fosse quella proposta dalle emittenti radio e televisive nazionali. Gli organizzatori hanno poi la malaugurata idea di inserire l’esibizione di Plant e compagni all’interno della cornice nazionalpopolare del Cantagiro, stipando nel Vigorelli un pubblico composto di giovani diciottenni a caccia di rock e tranquille famigliole accorse per ascoltare Morandi e Dalla. Tutto questo diviene un’occasione di visibilità fin troppo ghiotta per agitatori politici e manifestanti in un periodo di enormi tensioni sociali e politiche. E così il disastro è servito. Purtroppo non sarà neppure l’ultimo. Molotov, lacrimogeni e rock continueranno purtroppo ad andare a braccetto ancora per molti anni.
 
Prima di arrivare alla Notte del 5 luglio, hai messo a fuoco tempi, luoghi e protagonisti. Innanzitutto vorrei un tuo parere sull’Italia del ’71: eravamo pronti per un concerto di tali dimensioni?
Personalmente ritengo che in quel periodo l’Italia abbia avuto organizzatori molto capaci ed intraprendenti, senza i quali non avremmo mai avuto dalle nostre parti Jimi Hendrix, Beatles e Rolling Stones, Genesis, Santana. A volte questa capacità è però sfociata nell’artigianalità organizzativa, quando non addirittura nell’improvvisazione. Mancano ancora i servizi d’ordine organizzati, spesso ridotti a poche persone addette a staccare i biglietti. L’aver lasciato alla polizia la gestione dell’ordine pubblico ha rappresentato una risposta inadeguata, poiché questa non è abituata a distinguere tra operazioni di ordine pubblico in un concerto e in una manifestazione. Le stesse strutture sono spesso improvvisate e non adeguatamente attrezzate per ospitare i grandi eventi. Buona volontà ed interesse del pubblico non sono sufficienti a sopperire a troppe carenze organizzative. E lo Stato non solo non sostiene tali tipi di manifestazioni musicali, ma anzi le vede con sospetto quando addirittura non le osteggia apertamente negando autorizzazioni, permessi e incentivi. Il Vigorelli è stata la palese dimostrazione dell’impreparazione di organizzatori, forze dell’ordine, autorità politiche.
 
Un nome chiave è Ezio Radaelli, figura assai interessante che la memoria collettiva lega all’esperienza del Cantagiro, e che a un certo punto si trova a trattare direttamente con il temutissimo Peter Grant (manager dei Led Zeppelin, ndr)…
Ricostruendo la storia del concerto ho iniziato a nutrire affetto e stima per Radaelli, figura fin troppo ingiustamente associata a un’immagine di organizzatore spregiudicato ed opportunista come purtroppo ce ne sono stati tanti. Radaelli è un costruttore di spettacoli, infaticabile nel cercare di dare al pubblico ciò che desidera, e l’invenzione del Cantagiro è un esempio mirabile di questa attitudine. Attentissimo anche a ciò che accade all’estero, Radaelli intuisce il potenziale dei Led Zeppelin e fa di tutto per ottenere il sì di Grant. Radaelli mite ma determinato, Grant burbero e muscolare, entrambi corazzati uomini di mondo: l’incontro tra i due deve essere stato uno dei momenti di punta della calata del Dirigibile in Italia!
 
Molti autoriduttori dell’epoca oggi tendono a minimizzare le loro proteste, facendo pace con tutti quei musicisti che criticavano la richiesta di concerti gratuiti. Secondo te le battaglie per la “musica gratis” erano fondate?
Personalmente ritengo che qualsiasi tentativo di non riconoscere un compenso al lavoro di un artista non sia giusto. Vale oggi e penso possa valere anche per quel periodo. Soprattutto quando molte persone mi hanno raccontato di essersi schierate con gli autoriduttori per poter semplicemente approfittare di un ingresso gratuito, senza alcuna rivendicazione politica alla base. Il tema è però molto più complesso, perché quella della musica gratis è solo una delle molteplici forme di manifestazione di dissenso che certi movimenti politici utilizzavano per protestare contro lo status quo. In questo senso la musica gratis faceva il paio con gli espropri proletari nei supermercati, con le occupazioni degli alloggi popolari, e per questo mirava a colpire un sistema e non solo un singolo artista. Il fondamento ideologico c’era, che fossero giustificate o meno è una questione che ciascuno di noi può valutare singolarmente tenendo conto del conteso.
 
Per ricostruire la serata hai intervistato alcuni musicisti partecipanti, come De Scalzi e Belleno dei New Trolls, gli unici a essere graditi dal pubblico accorso in massa per i Led Zeppelin. Col senno di poi, secondo te fu un errore inserire gli Zep nello stesso cartellone con nomi più popolari e “rassicuranti”?
Secondo me fu un’autentica sciagura organizzativa. Se ne erano resi conto gli stessi cantanti del Cantagiro che avevano espresso perplessità. Se ne era reso conto il pubblico degli Zeppelin che non capiva l’accostamento. Se ne era resa conto la stessa Questura, ben consapevole del potenziale incendiario dell’accostamento. Gli unici che sembravano non essere minimamente preoccupati erano gli organizzatori, Radaelli in primis, confidenti nell’assoluta buona riuscita dell’evento. Ma non c’è da stupirsi, perché neppure la stampa nutriva dubbi alla vigilia del concerto, crogiolandosi nel fatto che gli Zeppelin fossero solo i capricciosi eredi dei Beatles.
 
Gianni Morandi fu il più contestato, tanto che i fatti del Vigorelli lo spinsero a un parziale ritiro per tutti gli anni ’70. Questa battaglia contro la canzonetta sembrava vinta, eppure dagli anni ’80 Morandi tornerà amatissimo e lo è tuttora. Secondo te sono stati i ragazzi degli anni ’70 a crescere e cambiare gusto o l’Italia è inesorabilmente legata al nazionalpopolare?
Tanti di coloro che erano ragazzi ai tempi del Vigorelli non sono affatto cresciuti e sono rimasti fedelissimi a Zeppelin e compagnia! Più che un fattore di mutamento di gusti, penso che sia per Morandi che per gli Zeppelin valga lo stesso assunto di partenza: ciascuno di loro ha sempre saputo parlare al cuore di una fetta del pubblico. All’inizio dei ’70 gli Zeppelin erano la voce di moltissimi giovani e hanno continuato ad esserlo per molti anni. Morandi da grande artista ha saputo rivolgersi a un pubblico che è cresciuto con lui e che lo segue fedelmente tuttora. In Italia convivono tuttora estetica nazionalpopolare ed attaccamento alla musica straniera: Zeppelin e Morandi ne sono stati una chiara dimostrazione.
 
Suonarono solo una ventina di minuti ma furono i protagonisti. Hai accennato al fatto che la stampa italiana si ostinasse a definirli “i nuovi Beatles”. Qual era la percezione giornalistica dei Led Zeppelin nell’estate del ’71? Non è un caso che tu abbia mostrato larga parte dei quotidiani consultati…
Nel 1971 la stragrande maggioranza della stampa nazionale ignorava completamente il fenomeno Led Zeppelin. Le cronache dei giorni antecedenti il concerto riportano perlopiù stralci del comunicato stampa consegnato dalla Atlantic ai giornalisti. Non è un caso che Jimmy Page, persona acuta ed intelligente, in conferenza stampa si diverta a punzecchiare interlocutori che anche ad uno sguardo superficiale appaiono subito impreparati. Per i maggiori quotidiani nazionali gli Zeppelin sono semplicemente i successori dei Beatles che si erano appena sciolti; Page e Plant due personaggi strambi, capelloni che vestono in modo originale; Bonham un selvaggio che distrugge le batterie; l’interesse e l’attenzione sono più per i dettagli di colore che per il contenuto. E non potrebbe essere diversamente, visto che in pochissimi lo conoscono! Discorso differente per la stampa di settore, ma questa è una realtà purtroppo di nicchia: l’opinione pubblica legge Il Corriere della Sera e La Notte! Ho voluto riportare le testimonianze letterali di quegli articoli perché penso siano fondamentali per inquadrare correttamente il clima e la consapevolezza di quel periodo.
 
Che reazioni ebbero gli Zeppelin dopo i fatti del Vigorelli? Credo che una situazione del genere sia stata la prima e unica per loro.
Erano abituati a situazioni critiche ed estreme. I tour americani non erano immuni da rischi o da situazioni difficili e la loro storiografia è ricca di aneddoti al riguardo. Ciò che accadde al Vigorelli rappresentò però un inedito. Gli Zeppelin toccarono con mano l’impreparazione italiana nella gestione di un evento di quella portata. Arrivando al velodromo, Plant è colpito dal dispiegamento di forze e intuisce che la situazione può degenerare in un attimo. Cosa che puntualmente accade.  È proprio per questo motivo che i Led Zeppelin non vorranno più tornare in Italia: non si fidano della capacità del nostro Paese di gestire concerti così importanti.
 
Le cause degli scontri e della sospensione del concerto restano ancora oggi controverse. Stando alle dichiarazioni della band e dell’entourage, le responsabilità furono principalmente della polizia, David Zard invece le ha addossate alla band. Tu che idea ti sei fatto?
Una delle interviste più importanti del mio libro è quella di un ragazzo italiano (Marco Virginio Fiorini, oggi affermato architetto, ndr.) che per più di un’ora passa il tempo con gli Zeppelin nei loro camerini prima dell’inizio del concerto. Lui è lì e vede quello che succede. I quattro se ne stanno tranquilli a chiacchierare e a suonare. Nessuna donna nei paraggi, clima rilassato e disteso nonostante le premesse. C’è anche il tempo per ascoltarsi i New Trolls direttamente dal palco! Poi ad un certo punto i quattro vengono improvvisamente chiamati per iniziare l’esibizione con largo anticipo. Come possano aver scatenato loro i disordini resta per me un mistero… La band racconta invece del comportamento scriteriato delle forze di polizia, di certe frange del pubblico e degli organizzatori impreparati.
Io penso che ci siano tre modi per vedere le cose: la versione di Zard, quella degli Zeppelin e i fatti. E i fatti sono questi: scontri tra polizia e pubblico, lanci di lacrimogeni, molotov, Morandi in cartellone prima degli Zeppelin, altre manifestazioni politiche e scontri alcune settimane prima del concerto. La notte del Vigorelli, il palcoscenico degli Zeppelin, ha in realtà rappresentato anche la ribalta per un’Italia divisa e che avrebbe continuato ad essere divisa ancora per molti anni.
 
 

 

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