Più che dominare la scena, cerca di godersela umilmente insieme alla sua band. È forse insito nella sua natura di cantante. Un po’ alla volta rimane costantemente discreto ed elegante, ma si mostra anche padrone dei suoi brani, visto che nel suo ultimo album è cresciuto il suo apporto alla scrittura, in quanto ha firmato la parte musicale di quasi tutti i pezzi. Il titolo del disco che sta portando in giro per l’Italia è Il soffio. Lui è Roberto Michelangelo Giordi.
L’artista napoletano si fa delicato portavoce di un pop raffinato che non disdegna il mondo etno-world in una Salumeria che lo sostiene nel suo itinerario lungo i ricordi e la memoria, da lui tradotti subito nella canzone La grande fuga.
“… Il tempo e poi la natura… perché siamo inevitabilmente legati ai quattro elementi e non possiamo svincolarci, soprattutto rispetto alla Terra” dice Giordi e poi parte Il soffio, brano del quale ha girato un video interamente con un iPhone (curando personalmente pure regia, fotografia, montaggio e post produzione) in un deserto a sud della Tunisia.
Qui, però, c’è un pubblico condotto per mano anche durante Il temporale, nonostante la gradevole serata primaverile all’esterno. E poi c’è Amelie, cantautrice milanese che a un certo punto sale sul palco per duettare, come nell’album, nella canzone L’amore nell’era glaciale.
Vale la pena inoltre riprendere pezzi dei dischi precedenti, come soprattutto Con il mio nome, dall’omonimo lavoro d’esordio, per il suo sempre efficace ritornello “chiamami con il mio nome/non sono figlio del mercato globale/che ci annega dentro un carnevale/di oscenità multimediale“.
E poi arriva pure il momento di The Fairies’ Song, unico brano in inglese dell’ultimo lavoro (e della serata), di Il vecchio e il mare, pezzo ispirato al libro di Hemingway dal medesimo titolo, e di D’amore Mariù, riferimento chiaro al brano interrpretato da Vittorio De Sica che rimane però velato nella citazione e nel testo semplice e mirabilmente concepito da Alessandro Hellmann.
Roberto Michelangelo Giordi è perfettamente a servizio di testi ben scanditi, in modo che Il soffio dal palco possa propagarsi delicatamente e magari a lungo…
L’artista napoletano si fa delicato portavoce di un pop raffinato che non disdegna il mondo etno-world in una Salumeria che lo sostiene nel suo itinerario lungo i ricordi e la memoria, da lui tradotti subito nella canzone La grande fuga.
“… Il tempo e poi la natura… perché siamo inevitabilmente legati ai quattro elementi e non possiamo svincolarci, soprattutto rispetto alla Terra” dice Giordi e poi parte Il soffio, brano del quale ha girato un video interamente con un iPhone (curando personalmente pure regia, fotografia, montaggio e post produzione) in un deserto a sud della Tunisia.
Qui, però, c’è un pubblico condotto per mano anche durante Il temporale, nonostante la gradevole serata primaverile all’esterno. E poi c’è Amelie, cantautrice milanese che a un certo punto sale sul palco per duettare, come nell’album, nella canzone L’amore nell’era glaciale.
Vale la pena inoltre riprendere pezzi dei dischi precedenti, come soprattutto Con il mio nome, dall’omonimo lavoro d’esordio, per il suo sempre efficace ritornello “chiamami con il mio nome/non sono figlio del mercato globale/che ci annega dentro un carnevale/di oscenità multimediale“.
E poi arriva pure il momento di The Fairies’ Song, unico brano in inglese dell’ultimo lavoro (e della serata), di Il vecchio e il mare, pezzo ispirato al libro di Hemingway dal medesimo titolo, e di D’amore Mariù, riferimento chiaro al brano interrpretato da Vittorio De Sica che rimane però velato nella citazione e nel testo semplice e mirabilmente concepito da Alessandro Hellmann.
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