1979. La grande stagione del prog italiano stava per chiudersi, prima con la scomparsa di Demetrio Stratos, poi con l’inesorabile riflusso. Eppure c’erano brani importanti, che sfidavano l’onda lunga del disimpegno e che ancora oggi ascoltiamo con emozione. Uno di questi, uscito proprio quell’anno in Canto di primavera, è E mi viene da pensare. Un classico del Banco del Mutuo Soccorso.
L’attuale chitarrista del Banco Nicola Di Già – le sei corde acustiche accanto a quelle elettriche del collega Filippo Marcheggiani – ha immaginato una rilettura intima del brano insieme a una splendida voce del nostro rock: Lino Vairetti.
La parola al chitarrista.
E mi viene da pensare è uno dei brani più belli del Banco, e in generale un caposaldo della musica italiana. Qual è il segreto per una rivisitazione con senso e intelligenza?
La rivisitazione che ho fatto è stata del tutto spontanea, durante il periodo del primo lockdown ho registrato il mio primo album da solo Blessed, non avevo pensato di inserire cover, poi l’ho fatto, ma sono brani, compreso questo, che mi suonavo comodamente sul divano, con la chitarra in mano, senza pensare a nulla. Come è stato per Dieci Piccoli Indiani, è stata poi mia figlia che mi ha detto: “papà, ma quando registri questo brano?”.
Quindi probabilmente l’intelligenza è stata proprio il non pensarci…
Anche la coda del brano, che è C’e’ Chi Nasce Donna di Maurizio Solieri, è stata aggiunta per caso, cercavo un arpeggio che potesse ricreare quello che fa il pianoforte sulla coda del brano di Nocenzi e nemmeno a farlo apposta mi sono invece ritrovato tra le mani l’arpeggio di Solieri.
Dalla grande voce di Francesco Di Giacomo a quella, diversa ma altrettanto importante, di Lino Vairetti. Come mai hai scelto il vocalist degli Osanna?
Con Lino c’è una bella amicizia ed una profonda stima reciproca, lo conosco da quando andavo in tour con il Balletto di Bronzo, è molto amico di Gianni Leone, era da un bel po’ che gli facevo una corte musicale perchè mi piace tanto la sua voce, il suo modo di cantare, ha una voce piena, calda… quindi pensando a chi potesse farne una versione cantata, perchè nell’album è solo musicale, mi è venuto subito in mente lui.
La chitarra al centro. E mi viene da pensare è un brano sostanzialmente pianistico, la tua rilettura è “su altre corde”. Quali difficoltà hai riscontrato nel riarrangiare il pezzo?
Devo dire che non ho incontrato particolari difficoltà, un po’ perchè lo suonavo sul divano, un po’ perché è stato uno dei primi brani che ho suonato appena arrivato nel Banco, nel 2013 dopo le date estive, facemmo una serie di date al chiuso, acustiche, c’era Francesco, Vittorio, Filippo ed io ed E mi viene da pensare era uno dei brani che suonavamo. È stato concepito al pianoforte ma gli accordi sono piuttosto “chitarristici” quindi lo si suona comodamente, non presenta particolari difficoltà sulla chitarra almeno in quella principale. Nella chitarra secondaria invece, ho voluto omaggiare Rodolfo Maltese, suonando proprio le note che lui eseguiva dal vivo.
Non sei nuovo a mettere le mani nel prog, a partire dal Balletto di Bronzo, ma sei cresciuto come ascoltatore di quello inglese, dagli Yes ai King Crimson. Quali sono secondo te le peculiarità del progressive nostrano?
Come tutti sanno, ed è ormai una macchietta, non sono un amante del prog, mi piacciono alcune cose, tipo gli Yes anni ‘80 o i King Crimson anni ‘90, per il resto molto poco. Sono un amante della musica elettronica e del pop inglese. Il prog italiano credo riceva tanto plauso anche e soprattutto all’estero, perchè probabilmente viene a crearsi un ottimo mix tra quella che è la nostra musica classica, il nostro bel canto ed il rock, davvero un diverso genere musicale.
L’approccio che ha per esempio Gianni Leone è assolutamente Hard Rock, anche quando suona i suoi sintetizzatori, per Vittorio Nocenzi è lo stesso, quando suona la musica classica al pianoforte per esercitarsi lo fa sempre con piglio grintoso, lui dice di non essere un amante dell’Hard Rock, ma poi quando Filippo Marcheggiani, che è un ottimo chitarrista rock, gli propone delle cose, si esalta! Poi però entrambi curano la voce in maniera maniacale, Gianni per esempio è sempre attento alla sua intonazione e soprattutto al suo timbro, a quello che esce dal microfono. Per Vittorio è lo stesso, cura veramente molto la voce di Tony D’Alessio. Questo penso sia peculiare per chi come noi italiani è abituato ad ascoltare, anche solo per osmosi, il bel canto.
Suonare con il Banco credo sia impegnativo, soprattutto per un chitarrista, che nella musica di Nocenzi ha uno spazio preciso. Quanto è importante e formativa per te l’esperienza con la band?
L’esperienza col Banco è stata fondamentale per me e per la mia chitarra. Non sono un amante del Jazz, del Blues o del Metal tecnico, mi piace la musica elettronica, il pop inglese degli anni ‘80, è molto più facile che rimanga affascinato da un synth o da una drum machine che da una chitarra… quindi avevo perso un po’ gli stimoli, eseguivo e basta. Invece l’incontro con Vittorio, Rodolfo, dal quale ho preso alcune lezioni, e Filippo mi ha fatto capire che c’era un modo diverso di suonare la chitarra: ho scoperto la chitarra acustica…
Per Vittorio è come un secondo pianoforte, per cui ti costringe a cose non impossibili, per carità, ma quantomeno inusuali, alle volte, come dice Filippo, anti chitarristiche, questo ovviamente è diventato un grosso stimolo e la chitarra acustica il mio nuovo strumento, anche perché è un po’ difficile competere con Filippo sull’elettrica!
La musica degli Osanna ha un taglio più rock e chitarristico: a quando una tua rilettura di un loro classico?
Ah non ci avevo pensato… Grazie per il suggerimento!
Vittorio Nocenzi ha ascoltato la vostra versione?
Si, certamente, è stato ovviamente il primo ad ascoltarla!
Ha criticato un pochino la velocità, nell’originale è più veloce, ma del resto la mia è una versione “divano”! Aveva notato qualche piccola imperfezione nella voce, ma senza che nessuno gli dicesse niente Lino mi ha mandato delle correzioni, quindi evidentemente sono in sintonia!
Prima il tuo album Blessed, ora il brano del Banco: cosa bolle nella pentola di Nicola Di Già?
Bolle in pentola, e si può cominciare a dire, un duetto con Sergio Cossu, che è l’autore di Dieci Piccoli indiani, brano semisconosciuto dei Matia Bazar, è già registrato, c’è da farne un video. Ovviamente il tutto grazie a Beppe Aleo di Videoradio che mi supporta come un discografico deve fare, con telefonate, stimoli, suggerimenti… proprio vecchia maniera, di quando i dischi si vendevano!
Sul fronte Banco c’è il nuovo album in lavorazione, quasi terminato, dovrebbe vedere la luce dopo l’estate.
L’attuale chitarrista del Banco Nicola Di Già – le sei corde acustiche accanto a quelle elettriche del collega Filippo Marcheggiani – ha immaginato una rilettura intima del brano insieme a una splendida voce del nostro rock: Lino Vairetti.
La parola al chitarrista.
E mi viene da pensare è uno dei brani più belli del Banco, e in generale un caposaldo della musica italiana. Qual è il segreto per una rivisitazione con senso e intelligenza?
La rivisitazione che ho fatto è stata del tutto spontanea, durante il periodo del primo lockdown ho registrato il mio primo album da solo Blessed, non avevo pensato di inserire cover, poi l’ho fatto, ma sono brani, compreso questo, che mi suonavo comodamente sul divano, con la chitarra in mano, senza pensare a nulla. Come è stato per Dieci Piccoli Indiani, è stata poi mia figlia che mi ha detto: “papà, ma quando registri questo brano?”.
Quindi probabilmente l’intelligenza è stata proprio il non pensarci…
Anche la coda del brano, che è C’e’ Chi Nasce Donna di Maurizio Solieri, è stata aggiunta per caso, cercavo un arpeggio che potesse ricreare quello che fa il pianoforte sulla coda del brano di Nocenzi e nemmeno a farlo apposta mi sono invece ritrovato tra le mani l’arpeggio di Solieri.
Dalla grande voce di Francesco Di Giacomo a quella, diversa ma altrettanto importante, di Lino Vairetti. Come mai hai scelto il vocalist degli Osanna?
Con Lino c’è una bella amicizia ed una profonda stima reciproca, lo conosco da quando andavo in tour con il Balletto di Bronzo, è molto amico di Gianni Leone, era da un bel po’ che gli facevo una corte musicale perchè mi piace tanto la sua voce, il suo modo di cantare, ha una voce piena, calda… quindi pensando a chi potesse farne una versione cantata, perchè nell’album è solo musicale, mi è venuto subito in mente lui.
La chitarra al centro. E mi viene da pensare è un brano sostanzialmente pianistico, la tua rilettura è “su altre corde”. Quali difficoltà hai riscontrato nel riarrangiare il pezzo?
Devo dire che non ho incontrato particolari difficoltà, un po’ perchè lo suonavo sul divano, un po’ perché è stato uno dei primi brani che ho suonato appena arrivato nel Banco, nel 2013 dopo le date estive, facemmo una serie di date al chiuso, acustiche, c’era Francesco, Vittorio, Filippo ed io ed E mi viene da pensare era uno dei brani che suonavamo. È stato concepito al pianoforte ma gli accordi sono piuttosto “chitarristici” quindi lo si suona comodamente, non presenta particolari difficoltà sulla chitarra almeno in quella principale. Nella chitarra secondaria invece, ho voluto omaggiare Rodolfo Maltese, suonando proprio le note che lui eseguiva dal vivo.
Non sei nuovo a mettere le mani nel prog, a partire dal Balletto di Bronzo, ma sei cresciuto come ascoltatore di quello inglese, dagli Yes ai King Crimson. Quali sono secondo te le peculiarità del progressive nostrano?
Come tutti sanno, ed è ormai una macchietta, non sono un amante del prog, mi piacciono alcune cose, tipo gli Yes anni ‘80 o i King Crimson anni ‘90, per il resto molto poco. Sono un amante della musica elettronica e del pop inglese. Il prog italiano credo riceva tanto plauso anche e soprattutto all’estero, perchè probabilmente viene a crearsi un ottimo mix tra quella che è la nostra musica classica, il nostro bel canto ed il rock, davvero un diverso genere musicale.
L’approccio che ha per esempio Gianni Leone è assolutamente Hard Rock, anche quando suona i suoi sintetizzatori, per Vittorio Nocenzi è lo stesso, quando suona la musica classica al pianoforte per esercitarsi lo fa sempre con piglio grintoso, lui dice di non essere un amante dell’Hard Rock, ma poi quando Filippo Marcheggiani, che è un ottimo chitarrista rock, gli propone delle cose, si esalta! Poi però entrambi curano la voce in maniera maniacale, Gianni per esempio è sempre attento alla sua intonazione e soprattutto al suo timbro, a quello che esce dal microfono. Per Vittorio è lo stesso, cura veramente molto la voce di Tony D’Alessio. Questo penso sia peculiare per chi come noi italiani è abituato ad ascoltare, anche solo per osmosi, il bel canto.
Suonare con il Banco credo sia impegnativo, soprattutto per un chitarrista, che nella musica di Nocenzi ha uno spazio preciso. Quanto è importante e formativa per te l’esperienza con la band?
L’esperienza col Banco è stata fondamentale per me e per la mia chitarra. Non sono un amante del Jazz, del Blues o del Metal tecnico, mi piace la musica elettronica, il pop inglese degli anni ‘80, è molto più facile che rimanga affascinato da un synth o da una drum machine che da una chitarra… quindi avevo perso un po’ gli stimoli, eseguivo e basta. Invece l’incontro con Vittorio, Rodolfo, dal quale ho preso alcune lezioni, e Filippo mi ha fatto capire che c’era un modo diverso di suonare la chitarra: ho scoperto la chitarra acustica…
Per Vittorio è come un secondo pianoforte, per cui ti costringe a cose non impossibili, per carità, ma quantomeno inusuali, alle volte, come dice Filippo, anti chitarristiche, questo ovviamente è diventato un grosso stimolo e la chitarra acustica il mio nuovo strumento, anche perché è un po’ difficile competere con Filippo sull’elettrica!
La musica degli Osanna ha un taglio più rock e chitarristico: a quando una tua rilettura di un loro classico?
Ah non ci avevo pensato… Grazie per il suggerimento!
Vittorio Nocenzi ha ascoltato la vostra versione?
Si, certamente, è stato ovviamente il primo ad ascoltarla!
Ha criticato un pochino la velocità, nell’originale è più veloce, ma del resto la mia è una versione “divano”! Aveva notato qualche piccola imperfezione nella voce, ma senza che nessuno gli dicesse niente Lino mi ha mandato delle correzioni, quindi evidentemente sono in sintonia!
Prima il tuo album Blessed, ora il brano del Banco: cosa bolle nella pentola di Nicola Di Già?
Bolle in pentola, e si può cominciare a dire, un duetto con Sergio Cossu, che è l’autore di Dieci Piccoli indiani, brano semisconosciuto dei Matia Bazar, è già registrato, c’è da farne un video. Ovviamente il tutto grazie a Beppe Aleo di Videoradio che mi supporta come un discografico deve fare, con telefonate, stimoli, suggerimenti… proprio vecchia maniera, di quando i dischi si vendevano!
Sul fronte Banco c’è il nuovo album in lavorazione, quasi terminato, dovrebbe vedere la luce dopo l’estate.