17/04/2015

Bobo Rondelli, l’artigiano di Livorno

“Come i carnevali” è il titolo del nuovo album del cantautore che torna così alle atmosfere sognanti di “Per amor del cielo”
Attualmente è ancora in tour e noi lo abbiamo raggiunto telefonicamente per una breve intervista nel corso della quale abbiamo parlato di Come i carnevali (Picicca, 2015).
 
E il primo brano del nuovo lavoro da poco pubblicato da Bobo Rondelli s’intitola proprio Carnevali come Emanuel Carnevali, poeta toscano precursore della moderna letteratura americana, che andò in Inghilterra a sedici anni e imparò l’inglese lì sul posto tramite i cartelloni pubblicitari.
All’interno della stessa canzone il cantautore livornese cita pure Piero Ciampi, suo illustre e compianto concittadino, da lui ricordato anche attraverso uno spettacolo in suo onore che è stato ripreso anche da Sky Arte con un docufilm. “Di Ciampi mi piacciono le sue storie” – dice Bobo Rondelli. “È stato il primo cantautore italiano che si è raccontato nudo e crudo. Scrittura semplice e bella, poche frasi e una grande forza”.
 
Come i carnevali è stato scritto in collaborazione con Francesco Bianconi dei Baustelle e insieme ai “soliti” Fabio Marchiori e Simone Padovani, mentre alla produzione c’è Filippo Gatti, lo stesso di Per amor del cielo del 2009, quasi a voler sottolineare il ritorno alle atmosfere sognanti di quel disco.
 
Avvertivi la necessità di tornare “da solo” dopo il disco con l’Orchestrino?
Beh, l’Orchestrino è stato un momento in cui c’erano canzoni più adatte per quel tipo di orchestrazioni, anche se poi non ho canzoni adatte ad “orchestrone”!… Le mie sono canzoni per piano, chitarra, batteria e basso e non c’era l’intenzione di proseguire con loro per un’avventura più lunga.
 
Bene. A parte gli strumenti ovviamente c’è anche la voce e in Come i carnevali tendi a differenziare molto il tuo modo di cantare tra un pezzo e l’altro. Come mai?
Perché cerco di adattare il più possibile il canto alla canzone. Dello stile personale non mi importa niente e mi piace sparire dentro la canzone. Probabilmente non sono un artista, ma sono più un “artigiano” e tendo ad usare la voce per sparire dentro la storia che voglio raccontare. Non credo che adesso le canzoni siano pezzi d’arte… lo erano prima, perché oggi è tutto abbastanza “usa e getta”.
 
Alcuni brani nuovi li hai scritti con Francesco Bianconi dei Baustelle. Com’è nata la collaborazione con lui?
Tramite un amico in comune ci siamo incontrati in un bar di Milano. Io avevo stima di lui, lui aveva stima di me, e allora gli ho detto: “Perché non mi dai una mano?” e abbiamo iniziato a scrivere alcune canzoni…
 
Una di quelle scritte con lui è anche il singolo Cielo e terra
Sì, quella è una canzone di Bianconi nata da una frase e da alcuni messaggi che gli ho inviato. Da lì ha preso spunto per scrivere questo pezzo, come se fosse un vestito per me. È stato un lavoro di sartoria.
Gli altri due brani (La statale cosmica e Qualche volta sogno, ndr), invece, sono partiti più da me e lui ha orchestrato e arrangiato.
 
Nei tuoi ultimi pezzi non mancano riferimenti al cinema e in particolare a un certo cinema italiano, quello di Visconti (Cielo e terra) o di Fellini (Qualche volta sogno) per intenderci, o quello che trae ispirazione dal Conte Mascetti interpretato da Ugo Tognazzi in “Amici Miei” (La voglia matta)…
Mi capita spesso di vivere e raccontare storie che somigliano anche solo a qualche scena di un film.
Preferisco vedere film che leggere libri, con annessa possibilità ogni tanto di addormentarmi e di sentire ancora dialoghi!
Poi penso che ci sia stato un grande cinema italiano da vedere e da apprezzare e che può valere più di un qualsiasi libro, soprattutto tra quelli più recenti che continuano ad uscire.
 
Il cinema è anche una fonte d’ispirazione per la “teatralità” che metti in scena nei tuoi live?
(Ride, ndr) Mah, più che la “teatralità”, cerco sempre qualche “soluzione comica” tra una canzone e l’altra. Anziché meditare, preferisco condividere e ridere insieme, e questo ci riporta un po’ all’italianità e un po’ al bar, che poi in fondo è anche un luogo di meditazione.
“Se vuoi posso anche cambiare pelle (frase detta con voce perfettamente imitata di Marcello Mastroianni, come accade pure nei live, ndr)”!
 
A fine album c’è Maestro Goldszmit. Com’è nato questo omaggio?
È nato guardando un documentario dedicato proprio a questo “signore”, un pedagogo polacco di origine ebrea che sacrifica la sua stessa vita, pur potendo salvarsi. Lui infatti decise di accompagnare ugualmente i suoi bambini al campo di sterminio e secondo me ha compiuto un grande gesto ed è importante ricordarlo… e sarebbe bello intitolare a suo nome scuole elementari e asili. Quella canzone può essere anche l’inizio di un semplice discorso o di un qualcosa di più grande. Ecco… se vogliamo dare un piccolo valore a una canzone, questo secondo me ne è un esempio…

 

 

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