Wilco - Cousin - Copertina

Wilco, Jeff Tweedy ci racconta il nuovo album “Cousin”

Abbiamo intervistato Jeff Tweedy, leader dei Wilco, che ci ha raccontato la genesi e le atmosfere uniche di questo nuovo disco, Cousin

 

A un anno di distanza da quel Cruel Country che per l’occasione aveva spinto la versatilità dei Wilco fino alle sonorità della musica tradizionale americana, la band capitanata da Jeff Tweedy torna oggi con un nuovo disco e una nuova atmosfera che ha spinto la band a toccare confini mai esplorati prima. Cousin (dBpm Records / Sony Music), prodotto insieme alla talentuosa gallese Cate Le Bon, è un album estremamente evocativo che fotografa il disagio del nostro tempo, il dolore per l’incapacità di entrare realmente in contatto con gli altri, la consapevolezza di meritare di essere messi da parte dalla vita di qualcuno che abbiamo amato.
Abbiamo raggiunto Jeff Tweedy – al momento ancora impegnato nel tour che ha portato i Wilco anche in Italia l’estate scorsa – per parlare con lui di questo nuovo lavoro.

 

Mi piace molto l’atmosfera di questo disco, credo che esprima chiaramente il disagio della mia generazione: come hai detto tu “sperare, aspettarsi qualcosa e poi disperare”. Quando hai iniziato a scrivere questi testi?

Ho scritto questi testi in un periodo molto lungo – credo che alcune di queste canzoni abbiano quasi dieci anni – altri invece sono stati scritti durante la lavorazione del disco, poi le canzoni sono state incastrate testualmente e musicalmente tutte insieme. È il vantaggio di scrivere tanto, hai tanti pezzi e riesci a trovare il punto di coesione tra loro. Non c’è stata una sola sessione di scrittura per Cousin, è successo che avessi una vera ossessione per alcune tematiche ricorrenti.

 

Di questo disco hai detto: “Sono il cugino del mondo. È quella sensazione di essere dentro e fuori allo stesso tempo”. Riesci a spiegarmi questa sensazione?

 Non so se riesco a spiegarlo, ti sei mai sentita così? Come se ci fosse un mondo reale in cui accadono delle cose di cui tu non ti senti parte…

 

Questo è il vostro secondo album con un produttore esterno: prima di incontrare Cate Le Bon sapevi già che tipo di album volevi realizzare o hai trovato quello che cercavi mentre lavoravi al suo fianco?

 Entrambe le cose direi. Avevo una certa idea di che tipo di album volevo fare, l’ho descritto a Cate e lei è riuscita a tirare fuori queste canzoni da un gruppo di circa quaranta brani. Poi c’è stata una fase di scoperta durante il lavoro, come accade sempre; puoi avere un’idea dell’album e lavorarci su, ma devi essere pronto a fare tutto ciò che può renderlo un album migliore. È questo il processo di scoperta, mirare in alto, e se sei pronto a fare questo arrivi ancora più in alto.

 

Eravate sempre d’accordo sulle scelte?

Eravamo d’accordo sul fatto di non essere d’accordo! Abbiamo lavorato davvero bene insieme, puoi chiederlo anche Cate, credo che abbiamo un modo di pensare simile, lo stesso grado di sensibilità. Come dicevo prima, è importante l’apertura mentale al cambiamento e non essere rigidi. Non volevo lavorare con Cate e non permetterle di essere Cate Le Bon, quindi ho lasciato anche che mi facesse sentire “scomodo” e mi dicesse apertamente che voleva qualcosa che magari io negli ultimi anni ho sempre fatto diversamente. Per molte persone non è semplice, non lo è stato neanche per me, ma l’ho accolto a braccia aperte.

 

Quali sono le differenze principali tra il processo di lavorazione di quest’album e quelli realizzati con Jim O’Rourke?

 Probabilmente c’è molto in comune con quanto abbiamo fatto su Yankee Hotel Foxtrot. Jim è arrivato quando molte cose erano già state registrate, abbiamo fatto qualcosa di nuovo ma abbiamo soprattutto smontato e rimontato quello che già c’era, dandogli una nuova sfumatura. Ed è molto simile a quello che è accaduto anche con Cate: quando è arrivata abbiamo ricominciato a lavorare su canzoni già esistenti. L’altro disco in cui abbiamo lavorato con Jim (A Ghost Is Born, ndr) è stato molto diverso, l’abbiamo registrato quasi tutto con lui, molte canzoni le abbiamo suonate live in studio e lavorato sugli arrangiamenti. È piuttosto difficile paragonarli al lavoro fatto con Cate, sicuramente ci sono delle differenze nella mia personale esperienza… è più facile per me pensare alle similitudini.

 

Ci sono molte influenze in quest’album: ci sono stati riferimenti in particolare che avete preso in considerazione?

 Non so se ci sono riferimenti specifici ma sicuramente c’è un periodo musicale al quale i Wilco si sono ispirati per molto tempo, come i primi anni Ottanta, dopo l’ondata punk e l’era post punk dove c’è stata tanta musica pop, musica sperimentale, dance e l’uso di nuove tecnologie. Tutti cercavano di fare musica che non era mai stata fatta prima, la musica ha iniziato ad avere una consistenza fredda nei dischi con l’arrivo di sintetizzatori, drum machine, sequenze ecc. Noi non abbiamo usato molto queste cose ma c’è un gusto generale che deriva dai dischi di quel periodo.

 

Se dovessi pensare a una collaborazione che nome faresti?

 Direi che Bob Dylan è la risposta più semplice! Sarebbe una delle cose più belle che possano accaderti nella vita.

 

Qual è la tua canzone preferita del disco? La mia è A Bowl And A Pudding!

 Non so se ne ho una in particolare. Pittsburgh è stata scritta tanto tempo fa ed è bello averla in un disco in una versione che mi emoziona molto. Mi è sempre piaciuta questa canzone, ci abbiamo messo dentro gioia; a volte semplicemente una canzone non funziona in un certo contesto ma quando finalmente trova la sua “casa”, beh questo mi rende molto felice.

 

Hai qualche desiderio per il tuo futuro?

 Il fatto che ti piaccia A Bowl And A Pudding mi fa estremamente piacere perché credo che racchiuda il senso principale di tutto il disco. Credo che il mondo abbia sempre vissuto momenti e situazioni difficili ma questo non riduce il senso di ansia e di paura che stiamo fronteggiando per l’emergenza climatica, per questa ricaduta nell’errore dell’autoritarismo… psicologicamente è pesante da sostenere. Quindi il desiderio è quello di non soccombere al cinismo e di cercare e contribuire a creare bellezza, gioia e mantenere la speranza. Amo quello che faccio e spero di poterlo fare il più a lungo possibile… sperando ci sia ancora un mondo per poterlo fare!

Pino Scotto - Still Got The Blues - Gary Moore - Cover - Live - Jam TV

Pino Scotto – Still Got The Blues (Gary Moore Cover) (Live)

Una cover di Gary Moore per Pino Scotto live negli studi di Jam TV: Still Got The Blues

 

C’è anche il blues nelle corde, nella voce e nell’anima di Pino Scotto che, negli studi di Jam TV, ci fa ascoltare dal vivo, accompagnato alla chitarra da Steve Volta, Still Got The Blues di Gary Moore.

Pino nell’occasione ci aveva proposto anche due brani da Dog Eat Dog, album che ha pubblicato nel 2020, due settimane prima della pandemia. Lo scorso 14 aprile è uscito invece Live ‘N Bad (Nadir Music, 2023), un nuovo disco dal vivo registrato nel corso di uno dei suoi recenti concerti del tour di Dog Eat Dog che proseguirà fino alla fine dell’anno. Per conoscere tutte le prossime date è possibile visitare il sito ufficiale di Pino Scotto.

Il primo dei pezzi live che ci ha fatto ascoltare è Before It’s Time To Go, una ballad che lui descrive con queste parole: “Ho fatto un mea culpa di tutti i miei eccessi degli ultimi 50 anni, però nel ritornello dico: Ho ancora tanta strada da percorrere e tante promesse da mantenere specialmente a me stesso“.

Il secondo è invece Don’t Waste Your Time: in questo testo Pino dice di non perdere tempo, di non fare nella vita domani ciò che puoi fare oggi. Dopo aver perso tanti amici nel corso degli anni ha imparato che se una cosa va fatta, va fatta subito.

Bob Dylan - Farm Aid 2023

Bob Dylan a sorpresa dal vivo con gli Heartbreakers al Farm Aid 2023

Dopo aver partecipato alla prima edizione del 1985 (e aver ispirato la sua nascita) Bob Dylan è tornato sul palco del Farm Aid per l’edizione 2023

 

Ieri, sabato 23 settembre, sul palco del Ruoff Music Center di Noblesville, Indiana, per il Farm Aid 2023, è salito a sorpresa anche Bob Dylan accompagnato da tre membri degli Heartbreakers – il chitarrista Mike Campbell, il tastierista Benmont Tench e il batterista Steve Ferrone – insieme ai compagni di band dei Dirty Knobs di Campbell, Chris Holt alla chitarra e Lance Morrison al basso.

Dylan ha eseguito per l’occasione con la chitarra tre brani dal suo repertorio storico, Maggie’s Farm, Positively 4th Street e Ballad of a Thin Man:

Il Farm Aid è nato proprio da un’idea di Bob Dylan che, una volta sul palco del Live Aid nel 1985, si chiese proprio se non si potesse organizzare un evento per sostenere economicamente i piccoli e medi agricoltori americani. A quel punto Willie Nelson, Neil Young e John Mellencamp si trovarono d’accordo con lo stesso Dylan e misero in piedi il Farm Aid, la cui prima edizione si tenne il 22 settembre 1985 a Champaign, Illinois, davanti ad 80.000 persone, raccogliendo oltre 7 milioni di dollari per gli agricoltori americani e le loro famiglie. Tra gli artisti che si esibirono nell’occasione ci furono Bob Dylan, Billy Joel, Bonnie Raitt, BB King, Loretta Lynn, Roy Orbison, Tom Petty e molti altri.

Anche al primo Farm Aid del 1985 Bob Dylan era accompagnato dagli Heartbreakers e in quel caso, ovviamente, anche dal compianto Tom Petty. Dopo quella prima volta sul palco, partirono poi tutti insieme per il True Confessions Tour e parteciparono anche l’anno successivo al Farm Aid, ma in collegamento via satellite dal Rich Stadium di Buffalo, New York (mentre il concerto con tutti gli ospiti coinvolti in quell’edizione si tenne il 4 luglio 1986 ad Austin, Texas).

Tornando alla recente edizione, per la prima volta dal 2019 tra i tanti si sono esibiti i tre fondatori dell’evento, Neil Young, Willie Nelson e John Mellencamp, nonché i membri del consiglio del Farm Aid Dave Matthews (con Tim Reynolds) e Margo Price.

The Who - mostra - Piacenza

The Who, mostra a Piacenza fino al 5 novembre a cura di Eleonora Bagarotti

Da oggi, 23 settembre, al 5 novembre alla Galleria Biffi Arte di Piacenza (Via Chiapponi, 39 – ingresso libero) si terrà la mostra THE KIDS ARE ALRIGHT – 60 anni di The Who a cura della giornalista e scrittrice Eleonora Bagarotti

 

La mostra THE KIDS ARE ALRIGHT – 60 anni di The Who vuole omaggiare una delle più grandi band rock and roll di tutti i tempi ripercorrendo i momenti più significativi di questi 60 anni di carriera (che cadranno, per la precisione, nel 2024) e l’esposizione alla Galleria Biffi Arte di Piacenza offre in anteprima un percorso di immagini inedite e ufficiali concesse dai fotografi e dalla stessa band, arricchito da riviste, oggetti da collezione e curiosità.

 

L’ultima parte della mostra è dedicata ad alcune opere realizzate da artisti contemporanei, espressamente realizzate per l’esposizione, uniti dall’amore per gli Who e per la loro musica: Marco Botti, Francesco Cabras, Francesco Cervelli, Andrea Clanetti, Gianluigi Colin, Mauro Di Silvestre, Matt Dillon, Danilo Filios, Maria Assunta Karini e Francesco Paolo Paladino, Francesca Orelli, Silvia Rastelli, Natalia Resmini, Corrado Sassi, Scimon e Kosmo Vinyl.

 

Presente in mostra anche il catalogo in doppia lingua (italiano e inglese) con alcune immagini esclusive del gruppo e delle opere artistiche con testi, analisi e racconti. I proventi dalla vendita del catalogo andranno a favore del Teenage Cancer Trust, progetto benefico sostenuto dalla band.

 

Orari apertura THE KIDS ARE ALRIGHT – 60 anni di The Who

 

Fino al 30 settembre:

martedì- mercoledì-venerdì-sabato dalle 10.30 alle 19.30

lunedì-giovedì-domenica chiuso

 

Dal 1° novembre:

lunedì-domenica chiuso

martedì- mercoledì-venerdì-sabato dalle 10.30 alle 19.30
giovedì dalle 10.30 alle 12.30

 

Gli Who hanno ancora molto da dire, oggi. Non solo con le loro reunion e con le versioni deluxe dei capolavori del passato, ma perché le nuove generazioni stanno scoprendo sempre più il valore delle loro opere.

 

La rivista americana Rolling Stones scrisse che “gli Who formano, con i Beatles e i Rolling Stones, la trinità del rock”. In 60 anni la band britannica guidata dal compositore e chitarrista Pete Townshend ha cavalcato la sottocultura mod, definito per la prima volta il genere rock opera con Tommy e Quadrophenia e tenuto concerti incredibili – fino al recente tour che ha toccato anche l’Italia con Firenze.

 

Le canzoni di Pete Townshend, grazie all’interpretazione vocale di Roger Daltrey e alla sezione ritmica più energica della storia, hanno dato voce, più di ogni altra band, alla rabbia e alla disperazione del mondo giovanile. Da “My Generation” a “My Generations”, come suggerisce il racconto di Marco e Gabriele Zatterin, due tra gli autori che hanno contribuito con immagini e scritti a questa iniziativa. Tra loro c’è anche il fotografo e regista Francesco Cabras, che sarà protagonista, insieme a Zatterin e a Bagarotti, di alcuni incontri d’approfondimento non solo musicale, ma sull’impatto artistico e visuale che il gruppo ha avuto nella cultura e nella società degli anni Sessanta e Settanta in particolare. Sono in programma visite guidate e iniziative collaterali con ospiti speciali, le cui date saranno annunciate in futuro.

Santana Trailer

Santana, il documentario “Carlos” dal 25 al 27 settembre al cinema

Sarà nei prossimi giorni al cinema Carlos: il viaggio di Santana. Anteprima mondiale, il documentario sulla vita del grande chitarrista

 

Il protagonista è lui che si racconta in un documentario autobiografico: Carlos Santana ripercorre infatti la sua vita al cinema il 25, 26 e 27 settembre con Carlos: il viaggio di Santana. Anteprima mondiale.

 

Il lavoro comincia con un contenuto speciale in cui lo stesso chitarrista e poi il regista Rudy Valdez introducono la visione, spiegando com’è nato questo lavoro ricco di tante immagini di repertorio, oltre che di tante piccole storie legate tra loro dalla vita stessa di Santana. Ci si immerge allora nei racconti di famiglia con le sorelle di Carlos che insieme a lui ricordano il periodo a Tijuana, prima di trasferirsi nel 1961 a San Francisco. La famiglia Santana è una famiglia di musicisti e in particolare il padre di Carlos era un violinista classico che però per vivere suonava musica mariachi. Anche Carlos comincia a suonare il violino per poi appassionarsi alla chitarra e diventare la leggenda vivente che tutti conosciamo.

Il documentario arriva fino al 1999, l’anno di Supernatural, album che segna il rilancio della carriera di Santana. In mezzo ci sono Woodstock, la spiritualità e altri grandi momenti di un lavoro davvero imperdibile per apprezzare una volta di più non solo la musica di Carlos Santana.

 

L’evento è presentato in tutto il mondo da Trafalgar Releasing e Sony Pictures Classics e distribuito in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital (elenco sale su carlosfilm.com e nexodigital.it).

Hendrix - Dylan - All Along The Watchtower

All Along The Watchtower – Il successo di Jimi Hendrix (con un brano di Bob Dylan)

Jimi Hendrix fa letteralmente suo All Along The Watchtower, pezzo di Bob Dylan, tanto che lo stesso Dylan…

 

Jimi Hendrix ha sempre avuto una particolare ammirazione per Bob Dylan.

Specie come autore di testi e interprete dei medesimi.

“Sono pieni di gioia di vivere”, ha spesso detto, “ma sono anche in grado di trasmettere di quei momenti di malinconia e tristezza che riempiono allo stesso modo le nostre esistenze. Quando suono i pezzi di Dylan me li sento cuciti addosso quasi fossero stati composti da me”, era solito ammettere.

 

Una sera di gennaio del 1968, mentre si trovavano ad un party a New York, Jimi e il chitarrista dei Traffic Dave Mason stavano commentando John Wesley Harding, l’album di Dylan uscito pochi giorni prima e che conteneva, tra le altre, All Along The Watchtower. Mason e i Traffic stavano aiutando Hendrix in alcuni brani di Electric Ladyland, LP che sarebbe uscito di lì a qualche mese nell’ottobre del 1968.

Jimi era rimasto affascinato dallo spirito di quel brano che parlava dei cambiamenti nella società partendo da una conversazione tra due personaggi (il ladro e il pagliaccio) che, per Dylan, erano forse il suo manager Albert Grossman e il suo discografico Clive Davis, colpevoli secondo lui di sfruttarlo. Due personaggi che avrebbero voluto modificare i valori su cui si basava la società americana, ma che erano finiti per scontrarsi con essa.

 

Mantenendo la stessa sequenza di accordi ma modificandone tempo e ritmo, All Along The Watchtower nella versione hendrixiana sarebbe diventata uno standard talmente bello che lo stesso Dylan quando riprese a suonarla in pubblico ne faceva una versione più simile alla cover di Jimi che al suo originale. E, dopo la morte del chitarrista di Seattle, l’ha sempre proposta come tributo al genio hendrixiano tanto da diventare la canzone più suonata da Bob Dylan dal vivo: più di 2000 volte in carriera!

Francesco Guccini - Canzoni da osteria

Francesco Guccini, il nuovo album è “Canzoni da osteria”

Dopo Canzoni da intorto, suo ritorno in musica dopo dieci anni, Francesco Guccini sta per tornare con un nuovo album, Canzoni da osteria

 

Francesco Guccini ci accompagna ancora una volta tra le sue melodie del cuore e le immagini evocative dei suoi ricordi con Canzoni da osteria, il nuovo progetto discografico del Maestro del cantautorato italiano in uscita il 10 novembre per BMG.

 

Naturale prosecuzione di Canzoni da intorto, certificato Disco di Platino, vincitore della Targa Tenco per la categoria “Interprete di canzoni” e album fisico più venduto del 2022 che ha segnato il ritorno a cantare di Francesco Guccini a 10 anni di distanza dall’ultimo progetto in studio – Canzoni da osteria è una raccolta di canti popolari selezionati dal Maestro, rivisitati in chiave strettamente personale, per un suggestivo viaggio tra culture e tradizioni nascoste, veri e propri gioielli del repertorio nazionale e internazionale. Gli arrangiamenti sono di Fabio Ilacqua che ne ha seguito anche la produzione artistica affiancato da Stefano Giungato.

 

Canzoni da osteria è disponibile in 5 diversi formati: CD, CD limited edition – maxi formato, vinile, vinile special edition (edizione limitata numerata e colorata), e per i veri intenditori uno speciale doppio vinile edizione esclusiva con tracce strumentali – incisione diretta dai mix (edizione limitata e numerata).

Matteo Mancuso - Jimi Hendrix

Matteo Mancuso e la musica di Jimi Hendrix

Matteo Mancuso ci racconta quanto è stato importante per la sua crescita artistica un chitarrista come Jimi Hendrix

 

Il 18 settembre 1970 il mondo rimaneva orfano di Jimi Hendrix, ma ovviamente, come sempre accade in questi casi, la sua musica è rimasta, è così ancora oggi e lo è anche per un giovane chitarrista come Matteo Mancuso. Mentre ricorda come ha iniziato sin da bambino ad ascoltare la sua musica, il giovane chitarrista siciliano accenna anche ad alcuni brani del genio di Seattle come Purple Haze, Little Wing e la versione hendrixiana di Hey Joe.

Parte di questo intervento è andato in onda nel corso della nostra Music Room dedicata a Jimi Hendrix e ai suoi concerti in Italia del 1968 che si può vedere qui.

Matteo Mancuso ha inoltre suonato nei nostri studi due brani, Open Fields e Time To Leave, tratti da The Journeyprimo suo album uscito lo scorso 30 giugno su etichetta Players Club.

 

Matteo Mancuso, classe 1996, ha frequentato il liceo musicale di Palermo, dove ha studiato chitarra classica e flauto traverso. Enfant prodige della chitarra, ha suonato, fin dalla più tenera età, con i maggiori musicisti siciliani. Sul palco già a dodici anni al Castelbuono Jazz Festival, ha proseguito negli anni con varie formazioni, tra cui in duo con il padre Vincenzo Mancuso, con un repertorio che spazia da Django Reinhardt al jazz contemporaneo. Nel 2017 fonda il trio “SNIPS” con cui propone arrangiamenti standard in chiave jazz-rock e fusion, con Salvatore Lima alla batteria e Riccardo Oliva al basso. La loro versione di The Chicken raggiunge in breve oltre un milione di visualizzazioni. Chitarrista poliedrico, spazia dalla chitarra classica, alla elettrica, sulla quale ha sviluppato una personale tecnica esecutiva con le dita, che gli permette un linguaggio musicale molto originale. Il suo canale YouTube conta oltre 150.000 iscritti ed è molto seguito da un vasto pubblico internazionale. È stato molto apprezzato tra gli altri da Dweezil Zappa, Joe Bonamassa e Stef Burns. Al Di Meola ha detto di lui: “Un talento assoluto: ci vorrebbero due o tre vite per imparare anche per uno come me a improvvisare così bene alla chitarra come lui”. E Steve Vai: “L’evoluzione della chitarra è al sicuro nelle mani di musicisti come lui che rappresentano un nuovo livello per il tono, per la precisione nel tocco e la scelta delle note”. Nel 2017, nell’ambito del Festival Umbria Jazz, a Perugia, ha vinto una borsa di studio per il prestigioso Berklee College di Boston. Con il gruppo “SNIPS”, ha suonato, riscuotendo ampio successo, al festival “Les Nuits De La Guitare” a Patrimonio, in Corsica, al Musikmesse 2018 di Francoforte e ad Umbria Jazz 2018. Nel 2019, collaborando con Yamaha Guitars, ha partecipato al NAMM 2019 di Los Angeles ed al “Young Guitar Festival” di Bangkok come giudice della competizione. Lo stesso anno va in Russia per una serie di masterclass passando da Mosca, San Pietroburgo e Perm. Nel 2020 Matteo fonda il suo nuovo trio con Stefano India al basso e Giuseppe Bruno alla batteria, dando spazio anche alla sua vena compositiva con brani originali e si esibisce in vari concerti. Nel 2021 va in tournée con il nuovo trio per l’Italia: dal Festivalle di Agrigento, al Blue Note di Milano, con grande successo. Continua a lavorare in studio e compone nuovi brani. Nel 2022 va in tour in Italia ed Europa: dal Festival Internazionale di Brema, all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Dopo una breve sosta nel mese di giugno, in cui si è laureato in chitarra jazz presso il Conservatorio di Palermo con lode e menzione d’onore, ha ripreso il tour e ha duettato con Al di Meola, in versione chitarra classica durante la serata conclusiva dell’Eddie Lang Jazz Festival. Ad agosto ha suonato al prestigioso Lugano Estival Jazz con la PFM e in Irlanda al New Ross Guitar festival. A settembre 2022 è stato ospite di Stefano Bollani nella trasmissione Via dei Matti n.0. Il 13 Ottobre ha suonato al Festival Jazz di Uppsala in Svezia e il 21 Ottobre ha aperto il Festival Jazz di Spoleto.

Rolling Stones, dal nuovo album a Brian Jones... al Barcellona

Rolling Stones, dal nuovo album a Brian Jones… al Barcellona

Tracklist del nuovo album dei Rolling Stones con ospiti prestigiosi, domenica a Milano (ri)trasmettono The Stones & Brian Jones e…

 

I Rolling Stones hanno annunciato la tracklist completa del loro attesissimo nuovo album Hackney Diamonds in uscita il 20 ottobre. Il singolo di apertura dell’album, Angry, pubblicato di recente, è seguito da altri 11 brani.
Il compianto batterista Charlie Watts è presente in due brani, Mess It Up e Live By The Sword. Live By The Sword inoltre include anche il basso dell’ex bassista degli Stones Bill Wyman. Sweet Sounds Of Heaven vede presenti la voce di Lady Gaga e le tastiere e il piano di Stevie Wonder, Bite My Head Off il basso di Paul McCartney e Get Close e Live By The Sword il piano di Elton John.

Al Festival Visioni Dal Mondo, manifestazione giunta alla nona edizione che si svolge a Milano in questi giorni, da giovedì 14 a domenica 17 settembre 2023, viene proiettato il documentario The Stones & Brian Jones. All’interno della pellicola Nick Broomfield svela la vera storia e l’eredità di Brian Jones, il fondatore e il genio creativo dei Rolling Stones: un ruolo chiave il suo per la nascita del gruppo, a partire dal nome e dal tipo di musica che la band avrebbe fatto. Il prossimo spettacolo è in programma domenica 17 settembre alle 18:30 presso il Cinema Arlecchino di Milano.

Ultima curiosità: la squadra di calcio del Barcellona sfiderà in campionato il prossimo 29 ottobre il Real Madrid e, proprio in occasione del Clásico, la formazione blaugrana sfiderà i blancos con la maglia su cui sarà raffigurato il famoso logo dei Rolling Stones.

jazzmi - 2023 - locandina

JAZZMI 2023, intervista a Luciano Linzi e Fabrizio Bosso

Presentata l’ottava edizione di JAZZMI, il festival che porta a Milano i grandi nomi del jazz mondiale dal 12 ottobre al 5 novembre

 

Presentata al Teatro della Triennale di Milano l’ottava edizione di JAZZMI, il festival che dal 12 ottobre al 5 novembre ospiterà nel capoluogo lombardo i grandi nomi del jazz mondiale per oltre 200 concerti e una serie di incontri e altre iniziative. Alla fine della conferenza stampa ne abbiamo parlato con uno dei due direttori artistici del festival, Luciano Linzi, e con uno dei grandi artisti che si esibirà in questa edizione 2023 con il suo tributo a Stevie Wonder, Fabrizio Bosso.

 

Questi alcuni dei grandi nomi che saranno protagonisti di JAZZMI 2023:

GILBERTO GIL (SOLD OUT) – MARCUS MILLER – CORY HENRY
IBRAHIM MAALOUF – PAOLO FRESU & OMAR SOSA
HIROMI – SUN RA ARKESTRA – GOGO PENGUIN
ENRICO RAVA/ WILLIAM PARKER/ ANDREW CYRILLE
ANTONIO SÁNCHEZ + THOMAS UMBACA
SHABAKA HUTCHINGS / MAJID BEKKAS / HAMID DRAKE JAGA JAZZIST – SERGIO CAMMARIERE – MOSES BOYD ARTO LINDSAY KENNY GARRETT – FABRIZIO BOSSO- CHRISTIAN McBRIDE BEBEL GILBERTO – JOHN SCOFIELD TRIO
NIÑO DE ELCHE & RAÜL REFREE + PAOLO ANGELI
MIKE STERN BAND – ROBERTO GATTO – SAMARA JOY POPULOUS JUDITH HILL – MAKAYA McCRAVEN
TOM SKINNER – STACEY KENT – LAKECIA BENJAMIN
THEE SACRED SOULS – LUCAS SANTTANA
BINKER GOLDING – OSCAR JEROME – DON KARATE
BEN LAMAR GAY – ASHLEY HENRY – MANSUR BROWN IMMANUEL WILKINS – CAMILLA GEORGE – NIK WEST – LEHMANNS BROTHERS ROBIN McKELLE – DOOMCANNON
REUBEN JAMES – FRANCESCO CAVESTRI TRIO e molti altri

 

Il programma completo è su jazzmi.it

Talking Heads Reunion

Talking Heads, reunion dopo più di vent’anni

Reunion dei Talking Heads per Stop Making Sense, film-concerto che torna in versione restaurata

 

I Talking Heads si sono ritrovati insieme, perlomeno in pubblico, dopo più di vent’anni dall’ultima reunion ieri sera al Toronto International Film Festival. L’occasione era quella della presentazione della versione restaurata in 4K di Stop Making Sense, film-concerto del 1984 diretto dal compianto Jonathan Demme, che celebrava il tour della band (impegnata in una tre giorni live al Pantages Theater di Hollywood), successivo alla pubblicazione del suo album uscito l’anno precedente, Speaking in Tongues. Stop Making Sense sarà di nuovo disponibile nelle sale Imax il prossimo 22 settembre e il 29 settembre nei cinema tradizionali.

Il momento storico più importante è stato ovviamente quello in cui David Byrne, Tina Weymouth, Chris Frantz e Jerry Harrison sono apparsi nuovamente insieme per rispondere ad alcune domande di Spike Lee. Sia la premiere al Toronto International Film Festival che il momento in compagnia del famoso regista sono stati proiettati nei cinema IMAX degli Stati Uniti. Qui di seguito il video in cui i Talking Heads rispondono alle domande di Spike Lee:

 

 

Dopo lo scioglimento del 1991 i Talking Heads si erano riuniti nel 1999 per i 15 anni dall’uscita di Stop Making Sense e nel 2002 per eseguire quattro brani live dopo essere stati inseriti nella Rock & Roll Hall of Fame.

 

Qui di seguito, infine, si può vedere il nuovo trailer del film-concerto del 1984:

Omar Pedrini - Diluvio Universale - Live - Jam TV

Omar Pedrini – Diluvio Universale (Live)

Una versione voce e chitarra live negli studi di Jam TV del suo nuovo singolo Diluvio Universale per Omar Pedrini. Il brano fa parte del suo nuovo album Sospeso

 

È uscito lo scorso 16 giugno su tutte le piattaforme digitali, in cd e vinile per Virgin Music LAS (Universal Music Italia) Sospeso, nuovo album di Omar Pedrini, che vede come primo singolo estratto Diluvio Universale.

L’ex Timoria ci propone dal vivo in versione voce e chitarra questo brano dal titolo emblematico: Diluvio Universale vuole sensibilizzare contro i cambiamenti climatici, tema caro a Omar Pedrini sin dall’esperienza coi Timoria (ricorderemo il profetico 2020 SpeedBall pubblicato come grido per il pianeta già nel 1994). Portavoce da tempi non sospetti di temi alti quali la spiritualità, il legame col pianeta Terra e l’ambientalismo, in Diluvio Universale Omar Pedrini canta dell’urgenza di rialzarsi, lottare, non abbandonare le speranze e piuttosto passare dalle parole ai fatti, quasi una dedica alle nuove generazioni per dare loro voce in un brano in cui la ritualità del suo rock si mescola con un attitudine funk e quasi gospel.

“Faccio parte e ho rappresentato la X Generation, – racconta Omar Pedrini – la prima generazione sfigata. Noi si protestava duramente nelle piazze, ma vedendo le generazioni di oggi sono basito dall’indifferenza o peggio dall’intolleranza di molti nei confronti delle proteste, per altro pacifiche dei ragazzi dell’ultima generazione. Non capire e non assecondare le loro più che fondate paure e l’insicurezza in cui sono “sospesi” potrebbe portare in futuro a scontri generazionali peggiori e sicuramente più violenti. Se non stiamo tutti quanti attenti e non rinunceremo ad alcuni privilegi sarà un Diluvio Universale”.

Sospeso è il diciottesimo disco di Omar Pedrini tra gli undici scritti per i Timoria e quelli solisti di cui è il settimo. Un lavoro prodotto col suo storico braccio destro Carlo Poddighe (anche coautore di alcuni brani) e suonato coralmente dalla ormai rodata Omar Pedrini Band, che conferisce al lavoro il sound di una solida rock ‘n roll band, con influenze sonore dal post punk – new wave al prog rock anni ’70, un po’ Timoria, amato da sempre da Omar.

Per volontà di Omar Pedrini il disco, uscito a sei anni di distanza dal precedente – “ormai faccio un disco ogni 6/7 anni, quando sento di avere qualcosa da dire di importante, intanto largo ai giovani” – per la prima volta non ha alcun ospite. Da sempre, già dai Timoria, Omar apre i suoi dischi a numerosi colleghi, italiani e internazionali, ma stavolta il lavoro era talmente personale e sofferto che Omar ha deciso di dedicarcisi totalmente da solo.

Sospeso è fatto di tanti luoghi diversi: scritto e registrato tra la sua tenuta Buen Retiro in Toscana, da buon rocker contadino come Omar ama definirsi, e il cuore storico della sua sempre amata Brescia, nonostante l’artista viva da 23 anni a Milano. Una Milano europea tornata di gran moda, è vero, ma impoverita dalle dolorose perdite recenti di intelligenze creative come i suoi cari amici Andrea Pinketts, Giovanni Gastel, Matteo Guarnaccia (ai quali il disco è idealmente dedicato) e quella meno recente di Tommaso Labranca che hanno lasciato un grande vuoto nella metropoli meneghina.

Il nuovo lavoro discografico nasce tra il periodo del Covid, che ha lasciato appunto il mondo col fiato sospeso, e il suo intenso vissuto tra la vita e la morte, affrontando solo negli ultimi due anni cinque interventi chirurgici di cui quattro cardiovascolari. Un disco quindi personale e profondo ma dove la voglia di lottare e di vivere emergono continuamente, testardamente. Dedicato alle nuove generazioni da un autore attento ai mali del mondo e da un uomo cinquantenne anarchico pacifista che da tempi non sospetti sogna un’umanità unita nella pace e nella giusta guerra all’inquinamento del pianeta e ai cambiamenti climatici.

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