Vittorio De Scalzi

Addio a Vittorio De Scalzi, fondatore dei New Trolls

È morto questa notte Vittorio De Scalzi. Il fondatore dei New Trolls aveva 72 anni. De Scalzi negli ultimi anni aveva contratto il Covid e, dopo essere guarito, era stato colpito da fibrosi polmonare e, per questo motivo, negli ultimi giorni le sue condizioni di salute si erano aggravate ed era stato ricoverato in ospedale.

 

Questo il messaggio diffuso attraverso i suoi profili social con il quale la famiglia ha annunciato la sua scomparsa: “Vittorio De Scalzi ci ha lasciato , ha raggiunto la sua Aldebaran.
Grazie a tutti per l’amore che in tutti questi anni gli avete dimostrato .
Continuate a cantare a squarciagola “ quella carezza della sera” …
lui vi ascolterà.

Mara Armanda Alberto”

Il messaggio prosegue ricordando che domani alle 18:oo, presso la sede del Club Tenco in piazza Cesare Battisti a Sanremo, avrà luogo il funerale in forma laica. Tutti coloro che vorranno dare l’ultimo saluto potranno farlo fino alle 23:00.

Tante volte abbiamo incontrato Vittorio De Scalzi nel corso degli anni. In tempi recenti lo abbiamo intervistato in più occasioni, come qui, nel 2017, a La Salumeria della Musica di Milano. Era il periodo in cui stava festeggiando i suoi “primi 50 anni di carriera”, come li aveva definiti lui stesso.

Nell’intervista si parla del grande concerto al Teatro San Carlo di Napoli con tanti ospiti, da Patty Pravo a Le Orme. De Scalzi si sofferma inoltre sulla sua amicizia con Fabrizio De André, che qualche anno dopo scriverà i testi di Senza orario senza bandiera, primo album dei New Trolls.

Vittorio De Scalzi fa poi riferimento ai progetti che aveva per l’immediato futuro, si sofferma sulla cosiddetta “scuola genovese” e ricorda di quando aveva rubato i pantaloni a Mick Jagger… pantaloni poi persi successivamente.

Qui di seguito la nostra intervista di cinque anni fa circa a Vittorio De Scalzi:

Ciao Vittorio…

Ben Harper; foto di Michael Halsband

Ben Harper, “Need To Know Basis” – Nuovo video girato al Lucca Summer Festival (e nuovo album)

Nuovo video girato lo scorso 17 luglio al Lucca Summer Festival per Ben Harper che presenta così il suo nuovo singolo Need To Know Basis. Il brano fa parte del nuovo album uscito nella giornata di oggi Bloodline Maintenance (Chrysalis Records).

 

Need To Know Basis mette in mostra il suono distintivo del clavinet, suonato dal leggendario tastierista Larry Goldings (James Taylor, John Mayer, Steve Gadd). “È una specie di eroe sconosciuto della musica soul”, ha detto Harper, “È diventato famoso dall’introduzione di ‘Superstition’ di Stevie Wonder, che probabilmente è stata la prima canzone che mio padre abbia mai suonato per me”. Aggiunge poi ancora lo stesso Ben Harper: “‘Need To Know Basis’ parla di quanto sia difficile per alcune persone dire ti amo e di come le persone possono aspettare di sentirselo dire”.

 

Qui di seguito il video di Need To Know Basis di Ben Harper girato al Lucca Summer Festival:

Harper, insieme a The Innocent Criminals, porterà live Bloodline Maintenance con un epico tour mondiale che prevede sia date da headliner in Nord America ed Europa, sia esibizioni a rinomati Festival, ma anche alcuni appuntamenti live negli Stati Uniti insieme a Jack Johnson e a ben 15 date di supporto al suo recente collaboratore Harry Styles al Kia Forum di Los Angeles, CA. A breve saranno annunciate altre date da headliner.

Per aggiornamenti e informazioni sui biglietti: www.benharper.com/tour
Qui di seguito i prossimi appuntamenti in Italia:

2 agosto – Palmanova – Piazza Grande
3 agosto – San Mauro Pascoli – Acieloaperto Festival
4 agosto – Roma – Cavea Auditorium Parco Della Musica
6 agosto – Taormina – Teatro Antico di Taormina
9 agosto – Riola Sardo – Parco dei Suoni
11 agosto – Brescia – Festa di Radio Onda d’Urto

Suzanne Vega - Recensione Roma

Suzanne Vega – Il report del concerto di Roma per la rassegna “I concerti nel parco”

Il report del concerto della grande cantautrice Suzanne Vega, alla Casa del Jazz di Roma, in occasione della rassegna I concerti nel parco. Accompagnata dal chitarrista Gerry Leonard, l’artista ha proposto tutti i suoi maggiori successi

 

Uno spettacolo di musica e poesia, in equilibrio tra parole, folk e rock. È questa l’essenza della serata di martedì 19 luglio alla Casa del Jazz di Roma che ha avuto come protagonista Suzanne Vega. L’autrice di Luka, Tom’s Diner e di mille storie americane, in cui un’intera generazione si è identificata, è arrivata alla rassegna I concerti nel parco con un bellissimo show, che l’ha vista sul palco insieme al chitarrista Gerry Leonard.

Riservata, sobria, schiva, Suzanne Vega, antidiva per scelta, con le sue ballate intimiste ha aperto la strada a una nuova generazione di cantautrici. È diventata così una delle icone del folk contaminato di quegli anni rampanti con Tracy Chapman e Toni Childs.
Nata in California nel 1959, dopo un’adolescenza irrequieta nel quartiere portoricano di New York, viene convertita dalla danza classica al rock grazie a un concerto di Lou Reed, al quale assiste quasi per caso a 19 anni. Il suo primo album omonimo è del 1985: il successo è immediato e viene definita la capostipite di una nuova scuola folk femminile e raffinata. Il secondo album, Solitude Standing, trainato dal singolo Luka, ha scalato le classifiche di tutto il mondo. Nel corso degli anni l’artista ha proposto album molto raffinati. Questi album li ha poi portati in giro per il mondo in una versione intimista chitarra e voce, in uno spettacolo che punta alla poesia.
Nel corso della serata, aperta da Marlene On The Wall, l’artista ha proposto tutti i suoi maggiori successi: Small Blue Thing, Caramel, Gypsy, In Liverpool, Left Of Center e le immancabili Luka e Tom’s Diner. La forza delle canzoni di Suzanne Vega è l’ispirazione lirica dei testi, che hanno un forte legame con la letteratura. Nella scrittura di Suzanne Vega, non c’è un’impronta diaristica. Non c’è spazio per emozioni privatissime. Non c’è alcuna tentazione di intimismo deteriore. Ma c’è il canto di due tracciati esistenziali ineludibili, la solitudine e l’amicizia. Nei bis c’è stato spazio anche per un omaggio all’amico Lou Reed, di cui ha eseguito una bellissima versione di Walk On The Wild Side, oltre ai suoi brani Tombstone e Rosemary. Quella di Suzanne Vega è poesia rock, che si muta in ritmo accompagnata dalla musica e che trova un suo modo di arrivare e coinvolgere.

Jeff Beck e Johnny Depp

Jeff Beck e Johnny Depp, la strana coppia – La recensione del concerto al Vittoriale di Gardone Riviera

La grande coppia di “amici del rock” Jeff Beck e Johnny Depp ha regalato un concerto memorabile agli spettatori del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (BS).

Accompagnati dall’impeccabile sezione ritmica formata dalle giovani Rhonda Smith al basso e da Anika Nilles alla batteria, oltre che dal tastierista Adam Stevenson, Jeff Beck e Johnny Depp hanno fatto dono di tante emozioni uniche in una cornice mozzafiato.

Ma che cosa unisce questi due personaggi all’apparenza così distanti e in realtà così vicini? Jeff Beck e Johnny Depp sono uniti dall’amicizia, appunto, e dall’amore e dalla passione comune, non solo per le automobili, ma anche per la musica rock. Una passione sfrenata che hanno saputo riproporre sul palco del Vittoriale.

 

Uno show in due parti

 

La prima incentrata sui grandi classici della carriera di Jeff Beck da solista. Beck ha proposto infatti brani come Freeway Jam, Big Block, Two Rivers, nonché la toccante Cause We’ve Ended as Lovers, oltre a un’interpretazione davvero mirabile di A Day in The Life dei Beatles.
Terminata questa parte strumentale, dove Beck ha sfoggiato tutte le sue impareggiabili doti di guitar hero e di grandissimo innovatore creativo delle sei corde, è salito sul palco “il pirata” Johnny Depp. Quest’ultimo, nonostante qualche limite tecnico, ha saputo tenere il palco da vera superstar e frontman.

Lo spettacolo è così proseguito con due canzoni originali scritte dalla star di Pirati dei Caraibi, This Is A Song For Miss Hedy Lamarr e Sad Motherfuckin’ Parade, a cui si sono aggiunte le cover Isolation di John Lennon, una Venus in Furs da brividi dei Velvet Underground, e Little Wing di Jimi Hendrix, che solo uno come Jeff Beck può permettersi di riproporre dal vivo senza sfigurare…

 

Un grande show, insomma, che non ha deluso le aspettative, di due grandi “amici del rock”.

Robert Plant & Alison Krauss Lucca Summer Festival

Robert Plant & Alison Krauss al Lucca Summer Festival, il report (14.06.2022)

La recensione del concerto della “strana coppia” Robert Plant & Alison Krauss nell’ambito del Lucca Summer Festival. Un ritorno dopo 15 anni dalla pubblicazione del loro album di debutto.

La leggenda dei Led Zeppelin Robert Plant e la talentuosa cantante/violinista Alison Krauss tornano dopo 15 anni dalla pubblicazione di Raising Sand, l’acclamato album di debutto.

Pochi mesi fa, questo sodalizio artistico ha prodotto un nuovo lavoro discografico (Raise the Roof). Una fatica forse ancor più intrigante e fascinosa della precedente, prodotta da T Bone Burnett.

Di fronte a un pubblico appassionato e preparato, i due hanno deliziato anche i palati più esigenti grazie a un repertorio diversificato nelle fonti ma compatto nel suono. Vecchi traditional anglo americani si sono mescolati a brani degli anni ’50 (Gone Gone Gone omaggio agli Everly Brothers). In altri casi si sono mischiate a chicche seminascoste come Trouble with my Lover di Allen Toussaint o Go Your Way della folk singer inglese Anne Briggs. In più, un paio di grandi classici degli Zeppelin rivisti e arrangiati con grande raffinatezza acustica e abilità strumentali eccellenti.

Rich Woman, dal primo album, apre lo spettacolo: sound impeccabile, Plant a dominare la scena, Alison a contrappuntarlo in modo esemplare. Una stravagante ma efficacissima versione di Rock and Roll entusiasma i vecchi fan degli Zeppelin. Mentre chiunque altro rimane stregato dalla potenza evocativa di Please Read The Letter, brano cardine di Raising Sand. Anche se il culmine del concerto lo si tocca in una versione destrutturata, suggestiva, poetica di When The Levee Breaks. Il brano mostra anche la formidabile abilità di Stuart Duncan al violino che duetta sapientemente con l’altro fiddle di Alison creando atmosfere piene di fascino. Gone Gone Gone e Can’t Let Go (cover di Lucinda Williams) chiudono il tutto dopo solo poco più di un’ora. Quest’ultima è l’unica vera pecca di uno show magnifico che ha ampiamente rispettato le attese.

La Krauss, la cui eleganza estetica è pari al suo talento, ha sorpreso solo chi non la conosceva. Plant ha sbalordito anche i suoi ammiratori più accaniti. Questa sua terza vita artistica (che gli è valsa il plauso della critica, l’ammirazione dei colleghi e l’affetto del pubblico) ci fa capire meglio e ancor di più. Perché Plant abbia sempre detto di no a quello che sarebbe di certo il più grande business che il Classic Rock potrebbe oggi immaginare: la reunion dei Led Zeppelin.

Herbie Hancock

Herbie Hancock – La recensione del concerto al Roma Summer Fest

La recensione del concerto del monumento vivente del jazz, Herbie Hancock, alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, in occasione del Roma Summer Fest

 

Se si dovesse scegliere un artista capace di sintetizzare la musica Americana a cavallo dei due millenni Herbie Hancock sarebbe il candidato ideale.

 

Il leggendario pianista appartiene alla categoria di eletti illuminati dalle divinità musicali. A 7 anni ha cominciato a suonare il pianoforte. A 11 era già il pianista solista della Chicago Symphony Orchestra (una delle più prestigiose del mondo). È negli anni ’50 che ha scoperto il jazz. E mentre studiava per diventare uno dei più grandi nomi della storia della musica afroamericana, ha fatto in tempo pure a prendersi una laurea in ingegneria. La sua carriera ha cominciato a prendere il volo negli anni ’60. In quel periodo si è trasferito a New York e ha cominciato a incidere per la Blue Note, un marchio che è una leggenda. E dopo aver messo a segno il primo successo commerciale della sua carriera, Hancock è entrato a far parte di quel miracoloso quintetto guidato da Miles Davis, che ancora oggi rimane uno dei vertici assoluti del ‘900 musicale.

 

Per questo ogni suo concerto è un piccolo evento. Come quello che si è tenuto mercoledì 13 luglio all’Auditorium Parco della Musica per il Roma Summer Fest. Hancock ha proposto un estratto della sua carriera vissuta sul doppio binario di sommo virtuoso di piano del jazz acustico e di fondatore del funky elettronico. Un ruolo grazie al quale è diventato una star.
La serata è stata aperta da una magica Ouverture, dove si è messa in luce l’eccellente band. Quest’ultima è composta da Terence Blanchard (tromba), James Genus (basso), Lionel Loueke (chitarra) e Justin Tyson (batteria). La personalità di Hancock è ben rappresentata in scaletta. In brani come Footprints di Wayne Shorter, Actual Proof e Secret Sauce si alterna tra piano e tastiere e trova spazio anche il vocoder. Gran finale con Chameleon, uno dei suoi cavalli di battaglia, che ha fatto alzare letteralmente in piedi il pubblico della Cavea.

 

Del resto Herbie Hancock è una delle poche stelle del jazz che sia riuscito a conquistarsi una popolarità ben al di fuori della cerchia degli appassionati.

Gregory Porter

Gregory Porter – La recensione dell’unica data italiana a Roma

La recensione dell’unica data italiana della star del jazz soul Gregory Porter alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, in occasione del Roma Summer Fest.

 

Cantante, songwriter, attore e produttore. Gregory Porter, star della vocalità jazz soul, ha incantato il pubblico nella sua unica data italiana. L’artista statunitense è stato protagonista, domenica 10 luglio, di uno show unico all’Auditorium Parco della Musica in occasione del Roma Summer Fest.

In circa un’ora e venti minuti di concerto, Porter ha eseguito alcuni brani del suo repertorio, che sono quasi dei classici. Tra i pezzi proposti If Love Is Overrated, con cui ha aperto la serata, ed Hey Laura. Ma non sono mancate sorprese, come il medley composto dalle cover My Girl e Papa Was A Rollin’ Stone.

Stilisticamente, Porter è un cantante che opera una sintesi della vocalità nera americana, mescolando senza pregiudizi jazz, soul e canzone popolare. Può ricordare un crooner alla Nat King Cole (su cui ha scritto una piece teatrale) oppure Joe Williams e Donny Hathaway, che infatti cita tra i suoi ispiratori. Non è un innovatore ma ripropone con freschezza e grande cultura musicale un genere che negli ultimi anni ha offerto poco, almeno a questi livelli. Forse ancora più interessante dell’interprete è il compositore. E che scrivere canzoni non sia per lui un fatto episodico lo dimostrano alcuni brani contenuti nella recente raccolta dal titolo Still Rising. È questo un doppio album con 34 tracce tra nuove canzoni, cover, duetti e una selezione dei suoi successi.

Sul palco una band composta da musicisti eccellenti. Hanno accompagnato infatti Gregory Porter: Chip Crawford al pianoforte, Ondrej Pivec all’organo Hammond, Tivon Pennicott al sax, Jahmal Nichols al basso ed Emanuel Harrold alla batteria.

In scaletta anche pezzi come Liquid Spirit e Mister Holland che hanno confermato l’ottimismo e l’amore per la vita che pervadono tutta la musica di Porter.

Maurizio Solieri - Resurrection

“Resurrection”, il nuovo album di Maurizio Solieri – Intervista

Intervista a Maurizio Solieri che ci ha parlato di Resurrection (Irma Records, 2022), il suo nuovo lavoro… e non solo!

Lo scorso 24 giugno è uscito Resurrection, il nuovo disco di Maurizio Solieri, storica chitarra del rock italiano.
L’album, composto da dieci brani, è un progetto musicale molto vario e spazia dal rock ‘n’ roll all’hard rock, fino a ballate come nel caso di Tommy.
L’abbiamo incontrato e ci ha raccontato la genesi di questo disco, le sue passioni e visioni musicali e ci ha parlato anche di suo figlio Eric che in questo disco suona la batteria in nove dei dieci brani presenti.

Nel corso dell’intervista Maurizio Solieri non ci ha parlato solo di Resurrection

Lo storico chitarrista di Vasco Rossi è infatti coautore insieme al giornalista Massimo Poggini di Questa sera rock’n’roll. La mia vita tra un assolo e un sogno, libro edito da Vololibero. All’interno del volume Maurizio Solieri racconta la sua vita. Si tratta di un’emozionante autobiografia in cui ripercorre la propria storia fino a oggi. Un percorso ora in discesa ora in salita (“un continuo di soddisfazioni e di schiaffi”) che lo porta a diventare chitarrista e anima dell’entourage di Vasco Rossi, autore di alcune sue canzoni, ma anche artista solista e strumentista geniale.

Queen + Adam Lambert - Rhapsody Over London

I Queen + Adam Lambert hanno annunciato “Rhapsody Over London”

I Queen + Adam Lambert sono attesi in Italia per i due concerti, entrambi sold out, in programma i prossimi 10 e 11 luglio all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno (BO).

Il gruppo ha annunciato inoltre Rhapsody Over London. L’evento sarà disponibile online dalle ore 17:00 del 24 luglio fino al 31 luglio sulla piattaforma Kiswe ed è stato girato dal vivo alla O2 Arena di Londra durante il Rhapsody Tour. Il live raccoglie performance tratte dai dieci spettacoli della band nella capitale inglese.

Rhapsody Over London durerà oltre due ore e conterrà al suo interno 28 canzoni. Saranno visibili nel corso dell’evento anche una serie di interviste esclusive a Brian May, Roger Taylor e Adam Lambert nel backstage del live di Tampere, in Finlandia. I tre risponderanno inoltre ad alcune domande dei fan prima della prima messa in onda del concerto.

I biglietti per Rhapsody Over London sono acquistabili fino al 19 luglio e sono disponibili vari pacchetti che permetteranno di accedere a vari contenuti e/o di ottenere eventuali gadget. Qui sono disponibili tutte le altre informazioni.

 

Il 17 giugno è uscito inoltre il box set di 6 LP di The Platinum Collection, per la prima volta in vinile colorato e in edizione limitata. Si attende invece la pubblicazione di un altro box set, dedicato a The Miracle, album del 1989, al cui interno saranno presenti demo, versioni alternative, outtake e altro materiale relativo a quell’album. Nell’ambito dello stesso lavoro, la cui uscita sarebbe prevista a settembre, sarà possibile ascoltare anche Face It Alone: il brano inedito risale dunque a quel periodo e vede ovviamente il compianto Freddie Mercury come cantante del gruppo.

deep purple - recensione - concerto - rock in roma 2022

Deep Purple – La recensione del concerto al Rock in Roma

La recensione del concerto dei Deep Purple all’Auditorium Parco della Musica in occasione del Rock in Roma. Una band che, ormai vicina ai 55 anni di carriera, ha dimostrato di non avere nessuna intenzione di smettere…

Nell’ambito di un programma che mette insieme Maneskin, Chemical Brothers e Patti Smith, il Rock in Roma ha conosciuto sabato 2 luglio, all’Auditorium Parco della Musica, un momento entusiasmante con i Deep Purple. La storica band inglese non ha deluso le attese. Anche se non hanno più l’energia scenica degli esordi, i Deep Purple hanno saputo ricreare un’atmosfera magica. E il pubblico ha mostrato, con un’ovazione, di gradire questo ritorno al passato, grazie a pezzi come Highway Star, Perfect Strangers, Hush e l’immancabile Smoke On The Water. Brani che sono inossidabili nella scaletta di ogni tournée, come quella approdata in Italia in questi giorni, e che a Roma ha visto di spalla gli statunitensi The Last Internationale.

Il gruppo ha rimescolato ricordi di hard rock e qualche spruzzata di prog, ricreando un’atmosfera magica ed è stato capace di materializzare sogni ed emozioni con lunghe sequenze dai “colori” delicati.

Molto spazio a virtuosismi e a lunghi assoli per sopperire alla voce di Gillan che a 76 anni ha perso vigore, ma non di certo l’entusiasmo. Da segnalare l’omaggio del tastierista Don Airey all’Italia, che nel suo solo ha eseguito una magistrale versione di Arrivederci Roma di Renato Rascel.

Pubblico entusiasta della perfomance del gruppo che vanta ben 22 album in studio, tra cui il recente Turning To Crime. Scenografia essenziale per una band, quintessenza dell’hard rock. I Deep Purple hanno saputo regalare momenti di divertimento con un prodotto musicale sferzante, senza fronzoli, duro e a tratti veloce. Il live è stato caratterizzato da brani come Nothing At All, Lazy, When A Blind Man Cries e l’intramontabile Black Night, che ha chiuso la serata.

5 luglio 1954 - Elvis Presley

5 luglio 1954, il giorno che ha cambiato la vita di Elvis Presley

Il 5 luglio 1954 è il giorno che ha cambiato la vita di un giovane di Tupelo, Mississippi, che entra negli studi della Sun Records a Memphis. Il suo nome è Elvis Presley…

Il 5 luglio 1954 è la data della svolta per Elvis Presley e quest’anno la ricorrenza assume ulteriore importanza, poiché dallo scorso 22 giugno è nelle sale Elvis (Warner Bros., 2022). Nel film di Baz Luhrmann si racconta la storia di Elvis Presley, interpretato da Austin Butler. La sua vita viene narrata in particolare attraverso il rapporto con il suo manager, il colonnello Tom Parker, ruolo qui affidato a Tom Hanks. Di seguito si può vedere il trailer del film:

Come si diceva in apertura, il 5 luglio 1954 un giovane di Tupelo, Mississippi, entra negli studi della Sun Records a Memphis. Il suo nome è Elvis Presley. Lì c’è già stato un paio di volte, anche se non ha mai incontrato il capo dell’etichetta discografica, Sam Phillips. Ma la sua voce, e il suo sex appeal, hanno incantato Marion Keisker, la segretaria di quel produttore. Phillips, dopo aver fatto il dj e l’ingegnere del suono, aveva rilevato una piccola autofficina al 706 di Union Avenue, trasformandola in uno studio di registrazione.
Marion si era segnata nome e numero di telefono di quel tipo aitante, vestito con colori sgargianti e con il ciuffo impomatato. A dire il vero, il cognome lo aveva scritto sbagliato: Elvis Pressley, con una “s” in più. Ma si era fatta un appunto: “Attenzione: bravo interprete di ballate: tenerlo buono”.
Così, neanche un mese prima, Marion aveva pensato a lui quando il suo capo cercava qualcuno che cantasse Without You, una ballad che aveva bisogno di una voce importante. All’inizio, Presley non convince Phillips. Poi… scatta la scintilla.
Durante una pausa, Elvis si lancia in una divertita interpretazione di That’s All Right, pezzo bluesy di Arthur Crudup. Phillips rimane folgorato e registra immediatamente quello che diventa il primo 45 giri di Elvis Presley. Il lato b è una rivoluzionaria versione di Blue Moon Of Kentucky, grande classico del “padre del bluegrass” Bill Monroe.
Quasi senza saperlo, quel giorno “il bel ragazzo con le basette” inciampa su una nuova musica scoprendo di essere nato per cantarla…
Se siamo ancora qui a parlare di Elvis e di tutto ciò che ne è conseguito, lo dobbiamo allora senza dubbio a quello che avvenne dal 5 luglio 1954 in poi, il giorno in cui è nato il rock ‘n’ roll.

House of Rock: i grandi strumenti delle rockstar suonati da una superband a Milano

La grande collezione di strumenti rock di Mariano Freschi suonata a Milano, allo Spirit de Milan, da un gruppo composto per l’occasione da Eugenio Finardi, Patrizio Fariselli, Ronnie Jones, Pino Scotto, Pietruccio Montalbetti e tanti altri.

Immaginate di salire sul palco come le rockstar e di imbracciare il basso Fender di Sting, oppure l’armonica a bocca usata da Roger Daltrey in Quadrophenia, o ancora la chitarra dei Simple Minds dentro l’amplificatore Vox degli Oasis.

È questo lo spirito magico della House of Rock, un ambizioso progetto nato da un’idea del collezionista Mariano Freschi, che ha deciso di aprire le porte della sua casa piena di cimeli e di mettere a disposizione di appassionati e curiosi un patrimonio vastissimo che ripercorre la storia del rock.

 

Lo scorso 11 maggio, sul palco dello Spirit de Milan, alcuni di questi strumenti sono tornati a far sentire la loro voce suonati dalle mani di musicisti che hanno fatto la storia della musica rock italiana. Una superband composta da Eugenio Finardi, Paolo Bonfanti, Patrizio Fariselli, Giuvazza, Pino Scotto, Ronnie Jones, Pietruccio Montalbetti, Gigi Cavalli Cocchi e Andrea Vismara. Intorno a loro, memorabilia appartenute alle più grandi stelle internazionali del rock, fotografie, poster e locandine che il collezionista piacentino ha raccolto in 40 anni di passione sconfinata.

 

I musicisti sul palco hanno regalato ad un pubblico attento e coinvolto due ore tra blues e grandi classici, raccontando qualche piccolo pezzo delle loro storie. Un progetto davvero ambizioso, dunque, quello della House of Rock, che mira a diventare un luogo di aggregazione, di confronto, di studio e di performance, una grande casa-museo dove la musica è protagonista indiscussa e dove ognuno di noi, per qualche minuto, può sentirsi una vera rockstar.

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