Abbiamo assistito all’unica data del 2018 degli Afterhours, un concerto evento per festeggiare i trent’anni di carriera, per la prima volta al Forum di Assago. Scenografia minimale, qualche video proiettato dietro al palco, impianto luci essenziale, ma il vero spettacolo lo ha dato la musica: più di trenta brani in scaletta scelti da ogni diversa fase del gruppo.
Se si dovesse scegliere un solo momento emblematico sarebbero probabilmente i ringraziamenti finali in cui tutti i musicisti abbracciano Manuel Agnelli e si rivolgono al pubblico indicando lui. Come a dire che gli Afterhours, alla fine, sono soprattutto il suo progetto, portato avanti ormai da trent’anni intorno alla sua figura.
Nel corso della serata si sono riformate diverse incarnazioni della band, persino la primissima con Cesare Malfatti, Paolo Mauri e Alessandro Pelizzari. Con questo assetto gli Afterhours rispolverano il primo singolo, My Bit Boy (del 1987) che segnò l’esordio discografico, la splendida Love on Saturday Night e due brani dal primo LP cantato in inglese During Christine’s Sleep. Magari qualcuno tra il pubblico era presente oltre trent’anni fa al primo concerto in una palestra di Corbetta, alle porte di Milano. Sicuramente è un momento emozionante per tutto il pubblico, che riscopre parte del primo repertorio in inglese del gruppo: «Quando cantavamo queste canzoni all’epoca la gente ci guardava molto male, e forse avevano ragione loro»… scherza Agnelli.
In un altro dei momenti migliori del concerto si riunisce sul palco la formazione del tour di Hai paura del buio? del 1997, con Andrea Viti, Dario Ciffo e Giorgio Prette, per eseguire sette brani da quel disco. Tra questi il cupo strumentale Terrorswing, la potente Rapace, la furia punk di Lasciami leccare l’adrenalina e l’immancabile Male di miele. Sono invece alcuni brani dal primo album cantato in italiano Germi, vera e propria svolta per la band, ad aprire il concerto; anche in questo caso si spazia da furiose tirate rock (Germi) a ballate (Dentro Marilyn).
Con la formazione attuale, tra cui spiccano il violino di Rodrigo d’Erasmo e lo storico chitarrista Xabier Iriondo, gli Afterhours presentano diversi brani dell’ultimo disco di inediti Folfiri o Folfox. Non voglio ritrovare il tuo nome è un brano ormai entrato di diritto nel repertorio, cantato con entusiasmo da tutto il pubblico, ma colpiscono anche l’intimità di Grande, le sperimentali Cetuximab e Folfiri o Folfox e l’invettiva de Il mio popolo si fa.
Il concerto ha diverse pause, alcune piuttosto lunghe, per dividere i vari momenti dello show: poco prima della fine il gruppo ricompare in mezzo al pubblico del secondo anello per suonare in acustico Bianca e Non è per sempre. Il gran finale, però, è affidato a una versione trascinante di La verità che ricordavo e all’inno Bye Bye Bombay. Gli Afterhours decidono però di chiudere su toni più delicati con la ballata Ci sono molti modi, dominata dal pianoforte di Agnelli.
Trent’anni di carriera sono tanti e non c’era modo migliore per celebrarli di questa festa lunga più di tre ore, con quasi tutti i compagni di viaggio di Agnelli dagli esordi ad oggi.
Scaletta concerto:
Dentro Marilyn
Strategie
Germi
Ossigeno
Il sangue di Giuda
Padania
Non voglio ritrovare il tuo nome
Cetuximab
Grande
Folfiri o Folfox
Ballata per la mia piccola iena
La sottile linea bianca
San Miguel
Il mio popolo si fa
Pelle
La vedova bianca
Riprendere Berlino
Quello che non c’è
Terrorswing
Male di miele
Rapace
1.9.9.6.
Lasciami leccare l’adrenalina
Dea
Voglio una pelle splendida
My Bit Boy
Love on Saturday Night
How We Divide Our Souls
Inside Marylin Three Times
Bianca
Non è per sempre
La verità che ricordavo
Bye Bye Bombay
Ci sono molti modi
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Trent’anni di Afterhours
Se si dovesse scegliere un solo momento emblematico sarebbero probabilmente i ringraziamenti finali in cui tutti i musicisti abbracciano Manuel Agnelli e si rivolgono al pubblico indicando lui. Come a dire che gli Afterhours, alla fine, sono soprattutto il suo progetto, portato avanti ormai da trent’anni intorno alla sua figura.
Nel corso della serata si sono riformate diverse incarnazioni della band, persino la primissima con Cesare Malfatti, Paolo Mauri e Alessandro Pelizzari. Con questo assetto gli Afterhours rispolverano il primo singolo, My Bit Boy (del 1987) che segnò l’esordio discografico, la splendida Love on Saturday Night e due brani dal primo LP cantato in inglese During Christine’s Sleep. Magari qualcuno tra il pubblico era presente oltre trent’anni fa al primo concerto in una palestra di Corbetta, alle porte di Milano. Sicuramente è un momento emozionante per tutto il pubblico, che riscopre parte del primo repertorio in inglese del gruppo: «Quando cantavamo queste canzoni all’epoca la gente ci guardava molto male, e forse avevano ragione loro»… scherza Agnelli.
In un altro dei momenti migliori del concerto si riunisce sul palco la formazione del tour di Hai paura del buio? del 1997, con Andrea Viti, Dario Ciffo e Giorgio Prette, per eseguire sette brani da quel disco. Tra questi il cupo strumentale Terrorswing, la potente Rapace, la furia punk di Lasciami leccare l’adrenalina e l’immancabile Male di miele. Sono invece alcuni brani dal primo album cantato in italiano Germi, vera e propria svolta per la band, ad aprire il concerto; anche in questo caso si spazia da furiose tirate rock (Germi) a ballate (Dentro Marilyn).
Con la formazione attuale, tra cui spiccano il violino di Rodrigo d’Erasmo e lo storico chitarrista Xabier Iriondo, gli Afterhours presentano diversi brani dell’ultimo disco di inediti Folfiri o Folfox. Non voglio ritrovare il tuo nome è un brano ormai entrato di diritto nel repertorio, cantato con entusiasmo da tutto il pubblico, ma colpiscono anche l’intimità di Grande, le sperimentali Cetuximab e Folfiri o Folfox e l’invettiva de Il mio popolo si fa.
Il concerto ha diverse pause, alcune piuttosto lunghe, per dividere i vari momenti dello show: poco prima della fine il gruppo ricompare in mezzo al pubblico del secondo anello per suonare in acustico Bianca e Non è per sempre. Il gran finale, però, è affidato a una versione trascinante di La verità che ricordavo e all’inno Bye Bye Bombay. Gli Afterhours decidono però di chiudere su toni più delicati con la ballata Ci sono molti modi, dominata dal pianoforte di Agnelli.
Trent’anni di carriera sono tanti e non c’era modo migliore per celebrarli di questa festa lunga più di tre ore, con quasi tutti i compagni di viaggio di Agnelli dagli esordi ad oggi.
Scaletta concerto:
Dentro Marilyn
Strategie
Germi
Ossigeno
Il sangue di Giuda
Padania
Non voglio ritrovare il tuo nome
Cetuximab
Grande
Folfiri o Folfox
Ballata per la mia piccola iena
La sottile linea bianca
San Miguel
Il mio popolo si fa
Pelle
La vedova bianca
Riprendere Berlino
Quello che non c’è
Terrorswing
Male di miele
Rapace
1.9.9.6.
Lasciami leccare l’adrenalina
Dea
Voglio una pelle splendida
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Bianca
Non è per sempre
La verità che ricordavo
Bye Bye Bombay
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