Fu quella la prima testimonianza ufficiale di un concerto dal vivo di Springsteen e del suo gruppo, ripresi per l’occasione in questi due concerti del 21 e del 22 settembre 1979 al Madison Square Garden di New York, alla vigilia del 30esimo compleanno del Boss. Springsteen e la E Street Band erano nel più ampio cartellone di una serie di live organizzati tra il 19 e il 23 settembre di quell’anno dal collettivo MUSE (Musicians United for Safe Energy) per sensibilizzare il pubblico sul no al nucleare, a seguito dell’incidente di Three Miles Island del 18 marzo 1979, in cui avvenne una parziale fusione del nocciolo nella centrale situata sull’omonima isola, nella Contea di Dauphin, in Pennsylvania. Da quelle serate furono ricavati un triplo lp e un film, pubblicati nel 1980. Fondatori del collettivo erano Jackson Browne, Bonnie Raitt, Graham Nash e John Hall, e tra gli altri presero parte ai concerti di quei giorni anche Tom Petty & The Heartbreakers, Carly Simon, James Taylor e tanti altri.
In The Legendary 1979 No Nukes Concerts è stato raccolto dunque il meglio delle riprese e degli audio delle due serate: un’ora e mezzo solo di concerto senza interviste, backstage o altro. Tutto fin troppo concentrato per gli standard con cui abbiamo imparato a conoscere e apprezzare il Boss negli anni, ma utili a comprendere chi stava diventando o forse chi è sempre stato: si parte con Prove It All Night e le prime note sono quelle del compianto Danny Federici alle tastiere, ma grande ruolo da protagonista se lo guadagna fin da subito col suo sax, con il suo modo di muoversi sul palco e come spalla formidabile di Springsteen “Big Man” Clarence Clemons, anche lui scomparso ormai più di dieci anni fa. Per il resto c’è ovviamente Stevie Van Zandt, meglio noto come Little Steven, ma anche tutto il gruppo col quale basta il solito cenno d’intesa per un concerto che presenta in scaletta soprattutto brani tirati ed energici, a parte qualche momento come quello di Stay, cover di Maurice Williams, in cui salgono sul palco Jackson Browne, Tom Petty e Rosemary Butler. C’è al contrario tanto spazio per pezzi come Badlands, Sherry Darling, Thunder Road, Born To Run… il Boss si scatena fino all’ultimo in un vero e proprio crescendo insieme al suo gruppo, quasi alla fine finge poi di svenire, ma è appunto la solita finta perché ovviamente ce la fa… eccome se ce la fa.