18/05/2015

Cristiano Parato, Still

Il bassista è tornato con un nuovo album registrato insieme ad ospiti illustri come Dennis Chambers, Ricky Portera, Luca Scarpa, Lele Melotti, Mike Stern e Dave Weckl
Dopo Riding Giants del 2011 Cristiano Parato torna con un nuovo album prodotto sempre dalla Videoradio di Beppe Aleo. Il nuovo lavoro si intitola Still e ospita al suo interno artisti come Dennis Chambers, Ricky Portera, Luca Scarpa e i grandi amici Lele Melotti, Mike Stern e Dave Weckl.
 
E già solo a partire da qui si può comprendere che saranno tanti gli argomenti al centro della piacevole chiacchierata in compagnia del bassista compositore, cresciuto negli ultimi anni grazie a importanti esperienze in studio, ma anche grazie alle altrettanto importanti esperienze live, tra cui i concerti con Scott Henderson e Dominic Miller, mitico chitarrista di Sting.
 
Adesso sei tornato con Still, mentre il tuo ultimo lavoro solista era stato Riding Giants del 2011, giusto? Come hai trascorso questi anni e in che modo questo periodo è stato importante per il risultato finale di Still?
Riding Giants è stato un album molto importante per me, una sorta di consacrazione, sia nei confronti degli addetti ai lavori che del grande pubblico. Mi ha dato la possibilità di fare cose che prima per me erano impensabili. Ho suonato parecchio dal vivo, sono stato invitato a tenere seminari e tante aziende mi hanno cercato per promuovere nuovi strumenti. Dal punto di vista strettamente professionale, in questi anni, ho studiato parecchio, composto nuovo materiale e soprattutto ho cercato di allargare i miei orizzonti, curando maggiormente il suono e affrontando altri generi.
 
Nel tuo nuovo lavoro solista ci sono diversi ospiti e tutti o quasi avevano già suonato nei tuoi dischi precedenti, vero? È stato un modo per riunirsi?
Lo dice il titolo stesso, Still. Il mio intento era quello di riproporre la mia musica con i musicisti che negli album precedenti avevano contribuito a rendere unico il mio sound. Inizialmente non dovevano neanche essere brani nuovi, poi la mia vena creativa si è scatenata e ho scritto dieci brani. Solo Danì proviene da un lavoro precedente.
 
Tra i vari ospiti ci sono anche Mike Stern e Dave Weckl che nel già citato Riding Giants suonavano per la prima volta con un bassista italiano, che poi ovviamente eri tu. Adesso qual è il loro approccio alla tua musica rispetto a qualche anno fa?
Devo dire che è stato molto bello lavorare nuovamente con loro, c’era maggior affinità. Io ho cercato di scegliere i brani più adatti alla loro caratteristiche e poi questi fantastici musicisti hanno fatto il resto alla grande. Loro ormai sanno quale deve essere il ruolo all’interno della mia musica, non di prima donna assolutamente. Io pretendo un lavoro di squadra dove ognuno faccia il possibile per supportare l’altro e credo che in Still tutto questo si senta. Poi ovviamente l’elemento solista ha la sua importanza, ma è fondamentale nella mia musica.
 
A proposito, poi ne parlavi anche prima: com’è nato Danì, brano in cui suonano entrambi, oltre pure a Luca Scarpa?
Danì è un brano scritto nel 2008, presentato nel mio primo album strumentale intitolato Instrumental Project ’70. Ho deciso di riproporlo con alcune modifiche, perché sapevo di avere gli interpreti migliori. Dave e Mike hanno suonato alla grande e Luca Scarpa, con il suo stile, ha portato maggior freschezza al sound del brano. Da ricordare anche Diego Mascherpa che ha eseguito e arrangiato tutte le parti di sax.
 
Come nascono in generale i tuoi pezzi? È cambiato il tuo modo di comporre nel corso di questi anni?
Per quanto riguarda la composizione, non è cambiato molto. Io parto generalmente da un giro di basso o da una sequenza di accordi, poi vengono melodia e arrangiamento. Forse mi sono evoluto, i temi sono più interessanti, i brani più articolati con diversi cambi di tempo e in alcuni casi anche di velocità. Cerco sempre di portare qualcosa di nuovo pur mantenendo il mio sound.
 
Un altro brano di Still si intitola The Sniper. Come mai hai deciso di girare il video del brano a New York e che tipo di esperienza è stata?
Circa un anno fa, con i ragazzi della Liuteria 3G di Modena, ho progettato un travel bass che abbiamo poi chiamato The Sniper. Da qui è nata l’idea di girare un video del brano omonimo, basato sulla storia di un cecchino. New York mi sembrava la cornice più adatta. Girare nella Grande Mela è stata un’esperienza fantastica anche perché io adoro questa città. Io interpreto sia il ruolo del cecchino che della vittima ed è stato anche molto divertente sentirsi attore per un giorno. Il video è stato filmato ed editato da Luca Campanale.
 
Alcuni anni fa avevi dichiarato che sei diventato “bassista solista come evoluzione del tuo essere strumentista”. Adesso ti senti sempre più solista o no?
Musicista solista si nasce, è una predisposizione, una questione di carattere. Quando giocavo a calcio, facevo l’attaccante, e quando ho deciso di affrontare nuove esperienze ho preso il brevetto di volo. Quindi credo di avere questa naturale predisposizione per il rischio, perche quando fai il solista, ti metti in gioco, ma a me questo piace. Comunque, oggi credo di essere un bassista più completo, ho studiato parecchio in questi anni per migliorare ogni aspetto, dalla tecnica, all’espressività, al suono…
 
Hai mai pensato di dialogare con un altro bassista nei tuoi pezzi, anziché con musicisti che suonano strumenti diversi dal tuo?
Mi piacerebbe sviluppare un progetto con altri bassisti. Credo che sarebbe bello mettere a confronto solisti con caratteristiche diverse. Sicuramente un’idea che in futuro svilupperò.
 
Come proseguono ora più in generale il tuo studio e la tua ricerca sul basso?
Lo studio e la ricerca per me sono una missione quotidiana. Personalmente trovo molto affascinante scoprire nuovi stili, affrontare nuove tecniche e sperimentare suoni alternativi. Tutto questo serve anche ad alimentare fantasia e creatività. Ad esempio in Still in alcuni brani ho usato effetti come distorsori, wah e delay, cosa che prima non avevo mai fatto. Credo sia giusto ogni tanto osare, pur rimanendo sempre riconoscibili.
 
Come ti avvicini invece al tuo strumento quando vieni chiamato come docente ad eventi o seminari?
Prima di tutto cerco di trasmettere l’amore che provo per questo meraviglioso strumento. Cerco sempre di far capire il ruolo del basso elettrico nella musica. L’essere solista è importante, ma prima di tutto il bassista deve saper accompagnare. Spiego che bisogna avere sempre obiettivi ambiziosi, ma non bisogna mai cercare di emulare artisti affermati: studiarli sì, ma copiarli no.
 
Che tipo di rapporto hai con il pubblico che ti segue dal vivo? È un pubblico “tecnico” che per la maggior parte suona o ti capita anche di trovare chi è interessato ad ascoltare semplicemente la tua musica?
Sinceramente preferisco il pubblico che ti segue semplicemente per ascoltarti. Questo vuol dire che viene recepito quello che tu vuoi trasmettere e con la musica strumentale non è facile. Ovviamente mi fa piacere quando ci sono musicisti tra il pubblico, sia per eventuali apprezzamenti che critiche. L’importante è che siano professionisti seri, gente che sa cosa vuol dire fare musica, registrare un album o suonare di fronte ad un pubblico. Purtroppo il più delle volte nei concerti e nei seminari ti trovi i classici fenomeni che passano più tempo sui blog che sullo strumento.
 
Prossimi impegni? Porterai il tuo Still dal vivo insieme agli ospiti o ad alcuni di loro che hanno preso parte alla realizzazione del disco?
È sempre difficile riproporre nei live la formazione che suona nel cd, soprattutto per Still, dove gli ospiti sono sei. Però non ti nascondo che sto preparando una serie di concerti con Lele Melotti, Luca Scarpa e Ricky Portera che oltretutto hanno dato un contributo eccezionale alla riuscita di Still.
 
 

 

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