Lo scorso 8 gennaio Claudio Rocchi avrebbe compiuto 64 anni. Il suo “volo magico” purtroppo sta proseguendo altrove dal 18 giugno 2013, a seguito dell’aggravarsi di una malattia degenerativa, e nessuno avrebbe pensato e soprattutto avrebbe sperato che Vdb 23/Nulla è andato perso sarebbe stato il suo ultimo lavoro. Il disco era stato pubblicato soltanto in edizione limitata alla fine di una fortunatissima campagna di crowdfunding su MusicRaiser, mentre ora esce pure in maniera “tradizionale” su Ala Bianca.
Per questo motivo abbiamo contattato telefonicamente un umile e disponibilissimo Gianni Maroccolo, il quale ci ha parlato di Claudio Rocchi, dell’incontro e del lavoro fatto con lui, della sua energia, della sua positività e di molto altro ancora.
Partiamo da prima di Vdb23/Nulla è andato perso e quindi: come hai conosciuto Claudio Rocchi?
Negli anni ’80, quando iniziavo a suonare con i Litfiba, non posso dire che amassi moltissimo la musica progressive che si respirava ancora in quegli anni. E lui è stato distrattamente e ingiustamente catalogato come musicista progressive non solo da me, mentre la sua musica era molto più psichedelica, era anche altra roba insomma. All’inizio ricordavo solo il suo Volo magico (Ariston, 1971). Un bel disco, ma non avevo approfondito più di tanto.
Poi l’ho incontrato dopo anni per tutta una serie di casualità. Lui aveva finito la sua esperienza monastica, era stato in Nepal (per 15 anni monaco induista, aveva fondato in Italia il network RadioKrishnaCentrale e in Nepal l’emittente Hymalayan Broadcasting Company, ndr), si stava riavvicinando pian pianino alla musica, anche se non era del tutto convinto. Poi una serie di amici comuni ha detto: “Ma perché non vi incontrate?”. E così ci siamo conosciuti e ci siamo trovati come se in realtà ci conoscessimo da sempre. Tanta sintonia, complicità, un legame assoluto… È nata dunque un’amicizia che è riduttivo definire tale, perché è molto di più e sconfina nell’amore universale, come quello di due bambini che si ritrovano o trovano l’amico del cuore (che forse non avevano mai trovato). Poi è arrivata la musica. Io non conoscevo nulla di lui, perché mi vivevo gli anni ’80 e lui non aveva idea di cosa stesse accadendo per la sua esperienza in convento tra l’80 e il ’94. È stata proprio la voglia di dire: “Visto che suoniamo, facciamo anche qualcosa insieme!”. Io stavo finendo il mio disco, poi ci siamo ritrovati a fare un workshop in Puglia e in una discussione notturna si è pensato di fare l’album insieme. E da lì è nato tutto, ecco.
“Vediamoci a via dei Bardi, allora, e partiamo da lì” diceva Claudio Rocchi a proposito di quando avevate deciso di fare l’album insieme. Era molto metaforico questo suo concetto, vero?
Certo. Claudio era molto metaforico in generale. Lui viaggiava su vari livelli. I bardi come poeti, narratori ecc. e poi io volevo intitolare il disco Vdb32 perché via dei Bardi 32 è l’indirizzo civico del luogo in cui mi ritrovavo anch’io con i “primi” Litfiba a suonare e a condividere tutto. Poi, strada facendo, Claudio mi ha detto che, siccome eravamo in un periodo particolare della nostra vita, potevamo cambiare il numero dal 32 al 23, perché il 23 indica il mutamento, il cambiamento, la rinascita… E io pure vengo dai Litfiba, nasco da lì e sono ripartito da lì, dalla mia vita terrena.
Vdb23 doveva essere un’opera più ampia…
Sì, diciamo che Vdb23 doveva essere un’opera sulla rinascita, tema ricorrente del disco, e il rinascere qui è inteso e declinato in tutti i suoi aspetti, a tutto tondo come si dice. Claudio stava scrivendo un libretto come si fa per un’opera lirica, io mi stavo occupando delle musiche e il tutto sarebbe dovuto diventare uno spettacolo teatrale, ma a un certo punto abbiamo detto: “Fermiamoci un attimo, facciamo un disco e lo distribuiamo solo ai fan tramite crowdfunding”. E i 1000 coproduttori hanno ricevuto questo lavoro.
Ci sono due brani in più che sono/saranno disponibili in questa edizione anche in free download (Suonano bene ed Eri altro da me, ndr). Il resto è incompiuto e deve rimanere tale. Poi stavolta non è più un lavoro artigianale fatto a mano in carta povera nepalese e con la grafica fatta con i timbri, ma è in digipack e si è pensato di farlo uscire, perché nessuno si sarebbe mai immaginato che quello sarebbe stato l’ultimo lavoro di Claudio. Io mi sono domandato se fosse giusto farlo, poi ho parlato con gli altri 1000 coproduttori e loro pure sono stati d’accordo sulla distribuzione all’interno del mercato “convenzionale”, in modo che tutti coloro che l’hanno amato, potessero avere l’ultima opera di Claudio.
Ora che Claudio Rocchi purtroppo non c’è più, che valore assumono quei brani?
Assumono lo stesso valore. Certo… chi lo conosce, può capire forse il suo stato d’animo in alcuni momenti in cui ha scritto certe cose o può notare il fatto che non stesse bene, ma nessuna delle persone a lui vicine riusciva a capire come avesse potuto sopportare un dolore fisico di tale portata per tre anni con una serenità, un sorriso sempre tra le labbra e un’energia sorprendente sotto tutti i punti di vista. E non riesco a trovare altri valori o altre chiavi di lettura a quei testi, perché per me è una presenza costante… qui si va molto sul personale, su ciò che si crede che ci sia in un’altra vita e quindi mi manca la fisicità di Claudio, ma non riesco a sentirlo lontano. Credo che siano parole di una bellezza e di una positività notevoli anche nelle descrizioni di situazioni drammatiche come la morte, momento inevitabile ma trattato con assoluto rispetto. E quindi sono parole universali e sono atemporali. Non seguono mode, religioni, periodi storici… e sono parole di una bellezza disarmante, parole che fanno bene all’anima… e anche per questo hanno un valore forte, anche se Claudio fisicamente non c’è più.
Parlavi dei coproduttori prima, ma all’interno di Vdb23 sono presenti anche molti amici e rinascere hugs suite è un brano emblematico da questo punto di vista per le partecipazioni di Franco Battiato, Piero Pelù, Cristina Donà, Massimo Zamboni, Cristiano Godano, Emidio Clementi, Ivana Gatti, Monica Matticoli, Alessandra Celletti e Beppe Brotto. Come avete coinvolto tutti questi artisti in un solo brano e com’è stato l’incontro tra Claudio Rocchi e alcuni tuoi amici (come ad esempio Pelù) apparentemente molto distanti dal suo mondo?
Beh, Piero non lo aveva conosciuto negli anni ’80, ma era incuriosito dal personaggio e gli è stato subito simpatico. Claudio era molto incuriosito dal mio mondo, da Ferretti, dagli anni ’80 e noi abbiamo passato dei mesi a scaricare lo scaricabile, lui con quello che ho fatto io con i Litfiba e i CSI e io con la sua musica. E per quello abbiamo pensato di mettere un po’ di amici suoi e miei all’interno del disco, però cercando di evitare ciò che entrambi avevamo fatto in passato, facendo cioè dei semplici duetti. Abbiamo cercato invece di coinvolgere tutti e di far scrivere ad ognuno una piccola strofa, per poi mettere tutto insieme. La suite infatti sembra composta da 15-20 persone e ci interessava questo esperimento. Tutto sommato era un concept e si rischiava di mettere all’interno cose avulse dal viaggio che si stava facendo. Quando sono arrivate tutte le parti, le ho messe tutte insieme per circa tre ore… pensavo di metterci trenta giorni. A ognuno è stata mandata la parte che a noi interessava e tutti l’hanno sviluppata senza ascoltare cosa stavano facendo o avevano fatto gli altri.
Prima della campagna di crowdfunding su MusicRaiser (iniziata il 12 dicembre 2012 e conclusasi il 12 febbraio 2013) per la realizzazione di questo disco avevi dichiarato che stavi per smettere di suonare, ma tramite Internet e tramite i social network ti hanno convinto a tornare sui tuoi passi. Quali sono stati i consigli principali che hai avuto dai fan che ti seguono sul web?
Sono stati soprattutto “impulsi” con cose scritte in privato e che custodisco gelosamente.
Nel tempo ho imparato a usare Internet, a conoscere altri musicisti stranieri, a scambiare file… e a quel punto a 50 anni diventa dura inventarsi o reinventarsi, mettersi di nuovo in gioco con un gruppo e dargli lo stesso spessore e la stessa importanza dei Litfiba o dei CSI. Pensai allora di iniziare a lavorare dietro le quinte o in maniera diversa con Samuele Bersani e i Marlene Kuntz, ma poi tante persone mi hanno scritto cose incredibili e belle. E poi è arrivato Claudio e mi ha dato la “mazzata finale”… e dovevo fare il musicista e basta!
Non lo dico per sminuirmi, ma alla fine sono semplicemente un bassista, non un frontman o il chitarrista solista di un gruppo. E l’affetto per me è sorprendente da parte di fan, addetti ai lavori, persone che vivono di musica e lontane anni luce da quello che ho fatto io, ma comunque ho sempre premesso il confronto vero e il rapporto diretto: questo ci deve essere tra chi fa musica e chi vuole sentire musica. Il fine è sempre quello. Non mi sono mai interessati i riflettori o la fama, ma mi è sempre interessato comunicare e con Internet ho iniziato a farlo anche con le parole, cosa che mi è sempre risultata complessa nella vita. Questo scambio è stato diretto e non filtrato da dischi, concerti, stampa, media e a volte in questo modo aiuti gente che fa lo stesso con te. Lettere di consigli di vita veri e propri sono state importanti e lì vedi anche chi ha avuto sfighe ben più grosse delle mie e così vai avanti.
A proposito del crowdfunding avevi dichiarato anche che il “sistema classico” in merito alla produzione “è finito”, “ma non sarà il crowdfunding a sostituirlo”. Sei sempre dello stesso parere?
Sì, sono sempre dello stesso parere. È una delle possibili alternative un po’ “arcaiche” secondo me, perché viene dalla notte dei tempi. È una formula alternativa plausibile dove comunque chiedi la fiducia alle persone e la chiedi sul niente o comunque la chiedi su cose che hai fatto in passato. La fiducia è importante e, se hai qualcosa di onesto dal punto di vista intellettuale, perché no? Da tempo si parla di cambiamenti, del mercato che è finito ecc. ecc. e le case discografiche già quando io suonavo con i CSI avevano smesso di investire nei nuovi talenti e al momento ti propinano il 3-4 % rispetto alla produzione di musica nel mondo. Le case discografiche ti propongono quello e il resto della musica circola in altro modo. Diventa più complesso per certi versi andare a trovarla e scovare ciò che ti interessa, ma diventa più facile produrla e metterla in circolo. Il crowdfunding può essere una delle alternative a ciò che c’è stato prima. Non credo sia la panacea di tutti i mali, questo no. Ma è un mezzo importante perché io faccio musica e a te interessa la musica: bene, ne parliamo io e te saltando qualsiasi tipo di “filiera” e questo ti costringe anche a ritornare a far funzionare le idee – anche se io l’ho sempre fatto perché sono stato abituato a lavorare sempre low-budget – e a riprenderti in mano la tua vita, a informarti su tutto, a essere consapevole che non c’è bisogno che tutte le cose siano uguali con la stessa confezione di plastica per far circolare musica. Ognuno fa a modo suo, mette il suo lavoro su una chiavetta, su un vinile, il vinile lo fa di 2 pagine, 3 pagine, di 2 colori, 70 colori, puoi decidere di non stare dentro ai formati… e uno così può essere creativo anche nella forma e non solo nel contenuto di ciò che fa. Quindi io vedo del positivo da tempo in questo, perché ci costringe a tirare fuori il meglio del nostro “potenziale umano” come diceva Claudio…
Ci sono altri progetti che ti riguardano da vicino o che stai portando avanti: NonostanteClizia, Deproducers, un lavoro in crowdfunding con gli ex CSI…
NonostanteClizia è un bellissimo gruppo. Mi hanno chiesto di dare una mano soprattutto per registrare le voci e tirare le fila del disco (La stagione animale, in uscita su Alkemi/Ala Bianca il prossimo 27 gennaio, ndr). Riccardo Tesio è molto bravo come musicista ed è ancora poco conosciuto come produttore, ma secondo me è un ottimo produttore.
Con i Deproducers c’è il piacere di incontrarsi e la possibilità di fare concerti in totale libertà con persone che mi piacciono molto (Vittorio Cosma, Max Casacci e Riccardo Sinigallia, ndr).
Il ritrovarsi in generale con tutti è stato bello, perché sono tornato sul palco con i Litfiba a rifare i “nostri pezzi”, mi sono rivisto con Zamboni che non vedevo da 15 anni e con cui non ci eravamo lasciati benissimo. Proprio a lui è venuto in mente di celebrare il settantennale della Resistenza con questo Breviario Partigiano che ci stiamo inventando e pure lì abbiamo pensato di farlo in crowdfunding per condividerlo con chi è veramente interessato senza vincoli di nessun genere.
Vdb23/Nulla è andato perso invece sarà mai proposto dal vivo?
So che lo voglio fare e so che lo devo fare. È un po’ complesso per certi aspetti e infatti va capito come farlo. Io da solo sul palco non mi ci sono mai ritrovato e allora ho pensato molto se affidare il canto a qualcuno, ma non so a chi. Mi devo inventare qualcosa e prima o poi succederà, perché è un percorso obbligato.
Nel momento in cui mi sono incontrato con Claudio era un particolare momento della mia vita, dove si è riaperto tutto il passato in maniera sorprendente e bellissima, ma voglio anche continuare e riprendere da lì, da Vdb23…
Quindi nulla è andato e nulla andrà perso?
Esatto!…
Per questo motivo abbiamo contattato telefonicamente un umile e disponibilissimo Gianni Maroccolo, il quale ci ha parlato di Claudio Rocchi, dell’incontro e del lavoro fatto con lui, della sua energia, della sua positività e di molto altro ancora.
Partiamo da prima di Vdb23/Nulla è andato perso e quindi: come hai conosciuto Claudio Rocchi?
Negli anni ’80, quando iniziavo a suonare con i Litfiba, non posso dire che amassi moltissimo la musica progressive che si respirava ancora in quegli anni. E lui è stato distrattamente e ingiustamente catalogato come musicista progressive non solo da me, mentre la sua musica era molto più psichedelica, era anche altra roba insomma. All’inizio ricordavo solo il suo Volo magico (Ariston, 1971). Un bel disco, ma non avevo approfondito più di tanto.
Poi l’ho incontrato dopo anni per tutta una serie di casualità. Lui aveva finito la sua esperienza monastica, era stato in Nepal (per 15 anni monaco induista, aveva fondato in Italia il network RadioKrishnaCentrale e in Nepal l’emittente Hymalayan Broadcasting Company, ndr), si stava riavvicinando pian pianino alla musica, anche se non era del tutto convinto. Poi una serie di amici comuni ha detto: “Ma perché non vi incontrate?”. E così ci siamo conosciuti e ci siamo trovati come se in realtà ci conoscessimo da sempre. Tanta sintonia, complicità, un legame assoluto… È nata dunque un’amicizia che è riduttivo definire tale, perché è molto di più e sconfina nell’amore universale, come quello di due bambini che si ritrovano o trovano l’amico del cuore (che forse non avevano mai trovato). Poi è arrivata la musica. Io non conoscevo nulla di lui, perché mi vivevo gli anni ’80 e lui non aveva idea di cosa stesse accadendo per la sua esperienza in convento tra l’80 e il ’94. È stata proprio la voglia di dire: “Visto che suoniamo, facciamo anche qualcosa insieme!”. Io stavo finendo il mio disco, poi ci siamo ritrovati a fare un workshop in Puglia e in una discussione notturna si è pensato di fare l’album insieme. E da lì è nato tutto, ecco.
“Vediamoci a via dei Bardi, allora, e partiamo da lì” diceva Claudio Rocchi a proposito di quando avevate deciso di fare l’album insieme. Era molto metaforico questo suo concetto, vero?
Certo. Claudio era molto metaforico in generale. Lui viaggiava su vari livelli. I bardi come poeti, narratori ecc. e poi io volevo intitolare il disco Vdb32 perché via dei Bardi 32 è l’indirizzo civico del luogo in cui mi ritrovavo anch’io con i “primi” Litfiba a suonare e a condividere tutto. Poi, strada facendo, Claudio mi ha detto che, siccome eravamo in un periodo particolare della nostra vita, potevamo cambiare il numero dal 32 al 23, perché il 23 indica il mutamento, il cambiamento, la rinascita… E io pure vengo dai Litfiba, nasco da lì e sono ripartito da lì, dalla mia vita terrena.
Vdb23 doveva essere un’opera più ampia…
Sì, diciamo che Vdb23 doveva essere un’opera sulla rinascita, tema ricorrente del disco, e il rinascere qui è inteso e declinato in tutti i suoi aspetti, a tutto tondo come si dice. Claudio stava scrivendo un libretto come si fa per un’opera lirica, io mi stavo occupando delle musiche e il tutto sarebbe dovuto diventare uno spettacolo teatrale, ma a un certo punto abbiamo detto: “Fermiamoci un attimo, facciamo un disco e lo distribuiamo solo ai fan tramite crowdfunding”. E i 1000 coproduttori hanno ricevuto questo lavoro.
Ci sono due brani in più che sono/saranno disponibili in questa edizione anche in free download (Suonano bene ed Eri altro da me, ndr). Il resto è incompiuto e deve rimanere tale. Poi stavolta non è più un lavoro artigianale fatto a mano in carta povera nepalese e con la grafica fatta con i timbri, ma è in digipack e si è pensato di farlo uscire, perché nessuno si sarebbe mai immaginato che quello sarebbe stato l’ultimo lavoro di Claudio. Io mi sono domandato se fosse giusto farlo, poi ho parlato con gli altri 1000 coproduttori e loro pure sono stati d’accordo sulla distribuzione all’interno del mercato “convenzionale”, in modo che tutti coloro che l’hanno amato, potessero avere l’ultima opera di Claudio.
Ora che Claudio Rocchi purtroppo non c’è più, che valore assumono quei brani?
Assumono lo stesso valore. Certo… chi lo conosce, può capire forse il suo stato d’animo in alcuni momenti in cui ha scritto certe cose o può notare il fatto che non stesse bene, ma nessuna delle persone a lui vicine riusciva a capire come avesse potuto sopportare un dolore fisico di tale portata per tre anni con una serenità, un sorriso sempre tra le labbra e un’energia sorprendente sotto tutti i punti di vista. E non riesco a trovare altri valori o altre chiavi di lettura a quei testi, perché per me è una presenza costante… qui si va molto sul personale, su ciò che si crede che ci sia in un’altra vita e quindi mi manca la fisicità di Claudio, ma non riesco a sentirlo lontano. Credo che siano parole di una bellezza e di una positività notevoli anche nelle descrizioni di situazioni drammatiche come la morte, momento inevitabile ma trattato con assoluto rispetto. E quindi sono parole universali e sono atemporali. Non seguono mode, religioni, periodi storici… e sono parole di una bellezza disarmante, parole che fanno bene all’anima… e anche per questo hanno un valore forte, anche se Claudio fisicamente non c’è più.
Parlavi dei coproduttori prima, ma all’interno di Vdb23 sono presenti anche molti amici e rinascere hugs suite è un brano emblematico da questo punto di vista per le partecipazioni di Franco Battiato, Piero Pelù, Cristina Donà, Massimo Zamboni, Cristiano Godano, Emidio Clementi, Ivana Gatti, Monica Matticoli, Alessandra Celletti e Beppe Brotto. Come avete coinvolto tutti questi artisti in un solo brano e com’è stato l’incontro tra Claudio Rocchi e alcuni tuoi amici (come ad esempio Pelù) apparentemente molto distanti dal suo mondo?
Beh, Piero non lo aveva conosciuto negli anni ’80, ma era incuriosito dal personaggio e gli è stato subito simpatico. Claudio era molto incuriosito dal mio mondo, da Ferretti, dagli anni ’80 e noi abbiamo passato dei mesi a scaricare lo scaricabile, lui con quello che ho fatto io con i Litfiba e i CSI e io con la sua musica. E per quello abbiamo pensato di mettere un po’ di amici suoi e miei all’interno del disco, però cercando di evitare ciò che entrambi avevamo fatto in passato, facendo cioè dei semplici duetti. Abbiamo cercato invece di coinvolgere tutti e di far scrivere ad ognuno una piccola strofa, per poi mettere tutto insieme. La suite infatti sembra composta da 15-20 persone e ci interessava questo esperimento. Tutto sommato era un concept e si rischiava di mettere all’interno cose avulse dal viaggio che si stava facendo. Quando sono arrivate tutte le parti, le ho messe tutte insieme per circa tre ore… pensavo di metterci trenta giorni. A ognuno è stata mandata la parte che a noi interessava e tutti l’hanno sviluppata senza ascoltare cosa stavano facendo o avevano fatto gli altri.
Prima della campagna di crowdfunding su MusicRaiser (iniziata il 12 dicembre 2012 e conclusasi il 12 febbraio 2013) per la realizzazione di questo disco avevi dichiarato che stavi per smettere di suonare, ma tramite Internet e tramite i social network ti hanno convinto a tornare sui tuoi passi. Quali sono stati i consigli principali che hai avuto dai fan che ti seguono sul web?
Sono stati soprattutto “impulsi” con cose scritte in privato e che custodisco gelosamente.
Nel tempo ho imparato a usare Internet, a conoscere altri musicisti stranieri, a scambiare file… e a quel punto a 50 anni diventa dura inventarsi o reinventarsi, mettersi di nuovo in gioco con un gruppo e dargli lo stesso spessore e la stessa importanza dei Litfiba o dei CSI. Pensai allora di iniziare a lavorare dietro le quinte o in maniera diversa con Samuele Bersani e i Marlene Kuntz, ma poi tante persone mi hanno scritto cose incredibili e belle. E poi è arrivato Claudio e mi ha dato la “mazzata finale”… e dovevo fare il musicista e basta!
Non lo dico per sminuirmi, ma alla fine sono semplicemente un bassista, non un frontman o il chitarrista solista di un gruppo. E l’affetto per me è sorprendente da parte di fan, addetti ai lavori, persone che vivono di musica e lontane anni luce da quello che ho fatto io, ma comunque ho sempre premesso il confronto vero e il rapporto diretto: questo ci deve essere tra chi fa musica e chi vuole sentire musica. Il fine è sempre quello. Non mi sono mai interessati i riflettori o la fama, ma mi è sempre interessato comunicare e con Internet ho iniziato a farlo anche con le parole, cosa che mi è sempre risultata complessa nella vita. Questo scambio è stato diretto e non filtrato da dischi, concerti, stampa, media e a volte in questo modo aiuti gente che fa lo stesso con te. Lettere di consigli di vita veri e propri sono state importanti e lì vedi anche chi ha avuto sfighe ben più grosse delle mie e così vai avanti.
A proposito del crowdfunding avevi dichiarato anche che il “sistema classico” in merito alla produzione “è finito”, “ma non sarà il crowdfunding a sostituirlo”. Sei sempre dello stesso parere?
Sì, sono sempre dello stesso parere. È una delle possibili alternative un po’ “arcaiche” secondo me, perché viene dalla notte dei tempi. È una formula alternativa plausibile dove comunque chiedi la fiducia alle persone e la chiedi sul niente o comunque la chiedi su cose che hai fatto in passato. La fiducia è importante e, se hai qualcosa di onesto dal punto di vista intellettuale, perché no? Da tempo si parla di cambiamenti, del mercato che è finito ecc. ecc. e le case discografiche già quando io suonavo con i CSI avevano smesso di investire nei nuovi talenti e al momento ti propinano il 3-4 % rispetto alla produzione di musica nel mondo. Le case discografiche ti propongono quello e il resto della musica circola in altro modo. Diventa più complesso per certi versi andare a trovarla e scovare ciò che ti interessa, ma diventa più facile produrla e metterla in circolo. Il crowdfunding può essere una delle alternative a ciò che c’è stato prima. Non credo sia la panacea di tutti i mali, questo no. Ma è un mezzo importante perché io faccio musica e a te interessa la musica: bene, ne parliamo io e te saltando qualsiasi tipo di “filiera” e questo ti costringe anche a ritornare a far funzionare le idee – anche se io l’ho sempre fatto perché sono stato abituato a lavorare sempre low-budget – e a riprenderti in mano la tua vita, a informarti su tutto, a essere consapevole che non c’è bisogno che tutte le cose siano uguali con la stessa confezione di plastica per far circolare musica. Ognuno fa a modo suo, mette il suo lavoro su una chiavetta, su un vinile, il vinile lo fa di 2 pagine, 3 pagine, di 2 colori, 70 colori, puoi decidere di non stare dentro ai formati… e uno così può essere creativo anche nella forma e non solo nel contenuto di ciò che fa. Quindi io vedo del positivo da tempo in questo, perché ci costringe a tirare fuori il meglio del nostro “potenziale umano” come diceva Claudio…
Ci sono altri progetti che ti riguardano da vicino o che stai portando avanti: NonostanteClizia, Deproducers, un lavoro in crowdfunding con gli ex CSI…
NonostanteClizia è un bellissimo gruppo. Mi hanno chiesto di dare una mano soprattutto per registrare le voci e tirare le fila del disco (La stagione animale, in uscita su Alkemi/Ala Bianca il prossimo 27 gennaio, ndr). Riccardo Tesio è molto bravo come musicista ed è ancora poco conosciuto come produttore, ma secondo me è un ottimo produttore.
Con i Deproducers c’è il piacere di incontrarsi e la possibilità di fare concerti in totale libertà con persone che mi piacciono molto (Vittorio Cosma, Max Casacci e Riccardo Sinigallia, ndr).
Il ritrovarsi in generale con tutti è stato bello, perché sono tornato sul palco con i Litfiba a rifare i “nostri pezzi”, mi sono rivisto con Zamboni che non vedevo da 15 anni e con cui non ci eravamo lasciati benissimo. Proprio a lui è venuto in mente di celebrare il settantennale della Resistenza con questo Breviario Partigiano che ci stiamo inventando e pure lì abbiamo pensato di farlo in crowdfunding per condividerlo con chi è veramente interessato senza vincoli di nessun genere.
Vdb23/Nulla è andato perso invece sarà mai proposto dal vivo?
So che lo voglio fare e so che lo devo fare. È un po’ complesso per certi aspetti e infatti va capito come farlo. Io da solo sul palco non mi ci sono mai ritrovato e allora ho pensato molto se affidare il canto a qualcuno, ma non so a chi. Mi devo inventare qualcosa e prima o poi succederà, perché è un percorso obbligato.
Nel momento in cui mi sono incontrato con Claudio era un particolare momento della mia vita, dove si è riaperto tutto il passato in maniera sorprendente e bellissima, ma voglio anche continuare e riprendere da lì, da Vdb23…
Quindi nulla è andato e nulla andrà perso?
Esatto!…