Ben Miller Band è il loro nome, Any Way, Shape Or Form è invece il loro secondo album in uscita il prossimo 2 settembre su New West Records.
Sono venuti in Italia lo scorso 30 giugno e più precisamente hanno aperto il concerto degli ZZ Top all’Ippodromo del Galoppo di Milano. Da un po’ di tempo, in realtà, i tre aprono i live dei barbuti texani.
Ben Miller, Doug Dicharry e Scott Leeper sono originari di Joplin, Missouri. Vengono dall’Altopiano d’Ozark. Siamo nella parte centrale degli Stati Uniti D’America e a est, per intenderci, c’è la zona meridionale degli Appalachi.
Il trio suona in maniera molto istintiva, anche perché spesso utilizza strumenti non convenzionali o addirittura inventati per dare forma a quella particolare miscela di country, bluegrass, delta blues, rock’n’roll e altro ancora che ha deciso di soprannominare Ozark Stomp. Insomma, un modo insolito per rimanere comunque legati alla musica tradizionale americana.
Noi abbiamo ascoltato la Ben Miller Band sia in occasione del live a Milano degli ZZ Top, sia in Any Way, Shape Or Form, disco prodotto da Vance Powell (Jack White, Kings of Leon, Wanda Jackson) agli Sputnik Studios di Nashville. E così, abbiamo deciso di intervistare Ben Miller.
Possiamo ascoltare molti generi diversi nella vostra musica: rock’n’roll, bluegrass, delta blues, country ecc. Ma dove inizia la vostra musica?
Il blues del delta e la musica degli Appalachi sono l’essenza di quello che facciamo, ma l’hip-hop, il folk, il dixieland, il rock e il punk interpretano tutti un ruolo nell’influenzare il nostro sound.
In realtà la nostra musica è nata tentando di imitare il primo delta blues. Quando non sono più riuscito a imitarlo esattamente, ho dovuto inventare e innovare la mia musica per tirare fuori le canzoni. Quello è stato il reale inizio della creazione di un qualcosa di diverso da ciò che era venuto prima.
Poi per me c’è un legame molto forte tra la regione dell’Ozark e la nostra musica. Sento che il nostro sound assomiglia al luogo da dove veniamo, senza davvero cercare di essere per forza simile. Siamo influenzati da tutto ciò che è intorno a noi in modo inconscio. È come un vino che assume il retrogusto della terra in cui cresce e riflette il clima della zona.
Come nascono invece i vostri testi?
Non ho nessuna formula per scrivere canzoni. A volte le parole hanno un senso compiuto e a volte no. In entrambi i casi si devono soltanto suonare bene.
In questo album ho aggiustato, cambiato e riscritto i testi costantemente durante tutta la registrazione. E, dopo aver lavorato sul disco tutto il giorno in studio, stavo sveglio in albergo a scrivere e a riscrivere canzoni per il giorno successivo.
C’è anche una cover in Any Way, Shape Or Form. Come siete arrivati all’idea di suonare il traditional The Cuckoo?
È sempre stato uno dei miei preferiti da quando lo ascoltavo sull’Anthology of American Folk Music. La musica aveva qualcosa di inquietante e stregato e le parole erano strane e un po’ misteriose. Noi stavamo sperimentando l’uso dei cucchiai elettrici sui pezzi e The Cuckoo sembrava prestarsi bene al noise che volevamo ottenere.
E cosa mi potete dire dell’arrangiamento di Prettiest Girl? Quando avete deciso di suonarla in questa maniera così particolare?
Prettiest Girl è nata come una canzone solo chitarra acustica e voce. Per la registrazione volevo darle quel sound mariachi in più. Volevamo farla partire piccola e semplice e l’abbiamo portata a suonare come una canzone da festa messicana in piena regola.
Quanto è stato importante il vostro produttore Vance Powell per la realizzazione di AWSOF?
È stato essenziale in studio per ottenere il suono del disco. E poi è anche l’uomo giusto per tirar fuori idee per l’arrangiamento dei pezzi.
Quali sono gli artisti o i gruppi che influenzano la vostra musica?
Bob Dylan è l’artista che mi influenza più di tutti. Del blues amo Fred McDowell, Charlie Patton, Son House, R. L. Burnside e Robert Johnson. La mia musica preferita degli Appalachi è quella della Carter Family e di Clarence Ashley, Uncle Dave Macon, Roscoe Holcomb e di una serie di musicisti regionali abbastanza sconosciuti della prima metà del 1900. Inoltre sono influenzato dai Mississippi Sheiks e da Modest Mouse, Little Richard, Hank Williams, Beatles, White Stripes e tanti altri che sarebbe difficile nominarli tutti.
Ho letto che avete costruito e inventato molti strumenti. Quale di questi vi ha dato il suono più sorprendente? E poi: state lavorando su nuovi strumenti?
Gli strumenti fatti in casa ci danno un suono peculiare. Abbiamo washtub bass, washboard, cucchiai elettrici, una cigar box guitar e vari elementi percussivi. Tutti questi strumenti contribuiscono a farci suonare in maniera un po’ diversa rispetto a qualsiasi altra band.
Noi stiamo sempre ad armeggiare con i nostri strumenti e ad inventarne di nuovi. Proprio adesso sto lavorando su un cigar box bass…
La Ben Miller Band apre spesso i concerti degli ZZ Top. Come vi siete conosciuti con Billy Gibbons e soci?
Li abbiamo incontrati l’anno scorso quando conoscenti in comune ci hanno suggerito di aprire i loro live. Io non so quale sia il motivo per cui hanno pensato che saremmo andati bene insieme (forse per le barbe o perché entrambi siamo un trio legato al blues) ma ci siamo piaciuti subito e siamo diventati presto amici. Gli ZZ Top sono davvero meravigliosi, veri signori che ci hanno portato in giro per il mondo e ci hanno introdotto a pubblici che non avremmo mai potuto conoscere diversamente. Non potremo mai ringraziarli abbastanza per averci permesso di aggregarci a loro.
Ho visto il vostro concerto a Milano lo scorso giugno. Siete ancora in tour?
Siamo sempre in tour, in Europa o negli Stati Uniti. Suoniamo sempre. In questo momento siamo di nuovo negli Stati Uniti, ma stiamo progettando un altro tour in Europa. La risposta è stata sensazionale lì e ci piace suonare per il pubblico europeo… e sicuramente torneremo in Italia!
Bene. Siamo in conclusione, ma prima vi volevo chiedere: cos’è l’Ozark Stomp per voi? E cosa potrebbe diventare?
Ozark Stomp è il nome che abbiamo dato alla musica che facciamo perché non ci riconoscevamo in nessun genere. Ci veniva spesso chiesto dopo gli show: “Che tipo di musica era quella?!?” e non riuscivamo mai a dare una risposta che ci soddisfacesse. Poi giungemmo alla conclusione che facevamo il nostro particolare tipo di musica e avevamo bisogno di dargli un nome. Notammo che quando hanno davvero iniziato a seguirci, i nostri fan cominciarono a danzare al ritmo della musica e noi veniamo dall’Ozark, così iniziammo a chiamarlo Ozark Stomp.
Per quanto concerne il cosa potrebbe diventare, la tua previsione vale quanto la mia.
Non siamo una band nata con un’idea di ciò che eravamo e ha cercato di realizzarlo, ci siamo soltanto trasformati mentre continuavamo a fare le cose a modo nostro. È un tipo di processo che non finisce mai, siamo sempre in uno stato di cambiamento. E se sapessimo dove stiamo andando, saremmo già lì…
Sono venuti in Italia lo scorso 30 giugno e più precisamente hanno aperto il concerto degli ZZ Top all’Ippodromo del Galoppo di Milano. Da un po’ di tempo, in realtà, i tre aprono i live dei barbuti texani.
Ben Miller, Doug Dicharry e Scott Leeper sono originari di Joplin, Missouri. Vengono dall’Altopiano d’Ozark. Siamo nella parte centrale degli Stati Uniti D’America e a est, per intenderci, c’è la zona meridionale degli Appalachi.
Il trio suona in maniera molto istintiva, anche perché spesso utilizza strumenti non convenzionali o addirittura inventati per dare forma a quella particolare miscela di country, bluegrass, delta blues, rock’n’roll e altro ancora che ha deciso di soprannominare Ozark Stomp. Insomma, un modo insolito per rimanere comunque legati alla musica tradizionale americana.
Noi abbiamo ascoltato la Ben Miller Band sia in occasione del live a Milano degli ZZ Top, sia in Any Way, Shape Or Form, disco prodotto da Vance Powell (Jack White, Kings of Leon, Wanda Jackson) agli Sputnik Studios di Nashville. E così, abbiamo deciso di intervistare Ben Miller.
Possiamo ascoltare molti generi diversi nella vostra musica: rock’n’roll, bluegrass, delta blues, country ecc. Ma dove inizia la vostra musica?
Il blues del delta e la musica degli Appalachi sono l’essenza di quello che facciamo, ma l’hip-hop, il folk, il dixieland, il rock e il punk interpretano tutti un ruolo nell’influenzare il nostro sound.
In realtà la nostra musica è nata tentando di imitare il primo delta blues. Quando non sono più riuscito a imitarlo esattamente, ho dovuto inventare e innovare la mia musica per tirare fuori le canzoni. Quello è stato il reale inizio della creazione di un qualcosa di diverso da ciò che era venuto prima.
Poi per me c’è un legame molto forte tra la regione dell’Ozark e la nostra musica. Sento che il nostro sound assomiglia al luogo da dove veniamo, senza davvero cercare di essere per forza simile. Siamo influenzati da tutto ciò che è intorno a noi in modo inconscio. È come un vino che assume il retrogusto della terra in cui cresce e riflette il clima della zona.
Come nascono invece i vostri testi?
Non ho nessuna formula per scrivere canzoni. A volte le parole hanno un senso compiuto e a volte no. In entrambi i casi si devono soltanto suonare bene.
In questo album ho aggiustato, cambiato e riscritto i testi costantemente durante tutta la registrazione. E, dopo aver lavorato sul disco tutto il giorno in studio, stavo sveglio in albergo a scrivere e a riscrivere canzoni per il giorno successivo.
C’è anche una cover in Any Way, Shape Or Form. Come siete arrivati all’idea di suonare il traditional The Cuckoo?
È sempre stato uno dei miei preferiti da quando lo ascoltavo sull’Anthology of American Folk Music. La musica aveva qualcosa di inquietante e stregato e le parole erano strane e un po’ misteriose. Noi stavamo sperimentando l’uso dei cucchiai elettrici sui pezzi e The Cuckoo sembrava prestarsi bene al noise che volevamo ottenere.
E cosa mi potete dire dell’arrangiamento di Prettiest Girl? Quando avete deciso di suonarla in questa maniera così particolare?
Prettiest Girl è nata come una canzone solo chitarra acustica e voce. Per la registrazione volevo darle quel sound mariachi in più. Volevamo farla partire piccola e semplice e l’abbiamo portata a suonare come una canzone da festa messicana in piena regola.
Quanto è stato importante il vostro produttore Vance Powell per la realizzazione di AWSOF?
È stato essenziale in studio per ottenere il suono del disco. E poi è anche l’uomo giusto per tirar fuori idee per l’arrangiamento dei pezzi.
Quali sono gli artisti o i gruppi che influenzano la vostra musica?
Bob Dylan è l’artista che mi influenza più di tutti. Del blues amo Fred McDowell, Charlie Patton, Son House, R. L. Burnside e Robert Johnson. La mia musica preferita degli Appalachi è quella della Carter Family e di Clarence Ashley, Uncle Dave Macon, Roscoe Holcomb e di una serie di musicisti regionali abbastanza sconosciuti della prima metà del 1900. Inoltre sono influenzato dai Mississippi Sheiks e da Modest Mouse, Little Richard, Hank Williams, Beatles, White Stripes e tanti altri che sarebbe difficile nominarli tutti.
Ho letto che avete costruito e inventato molti strumenti. Quale di questi vi ha dato il suono più sorprendente? E poi: state lavorando su nuovi strumenti?
Gli strumenti fatti in casa ci danno un suono peculiare. Abbiamo washtub bass, washboard, cucchiai elettrici, una cigar box guitar e vari elementi percussivi. Tutti questi strumenti contribuiscono a farci suonare in maniera un po’ diversa rispetto a qualsiasi altra band.
Noi stiamo sempre ad armeggiare con i nostri strumenti e ad inventarne di nuovi. Proprio adesso sto lavorando su un cigar box bass…
La Ben Miller Band apre spesso i concerti degli ZZ Top. Come vi siete conosciuti con Billy Gibbons e soci?
Li abbiamo incontrati l’anno scorso quando conoscenti in comune ci hanno suggerito di aprire i loro live. Io non so quale sia il motivo per cui hanno pensato che saremmo andati bene insieme (forse per le barbe o perché entrambi siamo un trio legato al blues) ma ci siamo piaciuti subito e siamo diventati presto amici. Gli ZZ Top sono davvero meravigliosi, veri signori che ci hanno portato in giro per il mondo e ci hanno introdotto a pubblici che non avremmo mai potuto conoscere diversamente. Non potremo mai ringraziarli abbastanza per averci permesso di aggregarci a loro.
Ho visto il vostro concerto a Milano lo scorso giugno. Siete ancora in tour?
Siamo sempre in tour, in Europa o negli Stati Uniti. Suoniamo sempre. In questo momento siamo di nuovo negli Stati Uniti, ma stiamo progettando un altro tour in Europa. La risposta è stata sensazionale lì e ci piace suonare per il pubblico europeo… e sicuramente torneremo in Italia!
Bene. Siamo in conclusione, ma prima vi volevo chiedere: cos’è l’Ozark Stomp per voi? E cosa potrebbe diventare?
Ozark Stomp è il nome che abbiamo dato alla musica che facciamo perché non ci riconoscevamo in nessun genere. Ci veniva spesso chiesto dopo gli show: “Che tipo di musica era quella?!?” e non riuscivamo mai a dare una risposta che ci soddisfacesse. Poi giungemmo alla conclusione che facevamo il nostro particolare tipo di musica e avevamo bisogno di dargli un nome. Notammo che quando hanno davvero iniziato a seguirci, i nostri fan cominciarono a danzare al ritmo della musica e noi veniamo dall’Ozark, così iniziammo a chiamarlo Ozark Stomp.
Per quanto concerne il cosa potrebbe diventare, la tua previsione vale quanto la mia.
Non siamo una band nata con un’idea di ciò che eravamo e ha cercato di realizzarlo, ci siamo soltanto trasformati mentre continuavamo a fare le cose a modo nostro. È un tipo di processo che non finisce mai, siamo sempre in uno stato di cambiamento. E se sapessimo dove stiamo andando, saremmo già lì…