24/11/2014

Intervista, Mike 3rd racconta In The Woods

Primo album solista per Mike 3rd dopo tanti studi ed esperienze con gruppi e artisti internazionali come Tony Levin e Pat Mastelotto
Ha suonato con Tony Levin e Pat Mastelotto, giusto per citarne due. Ha studiato chitarra sotto la guida di Michele Calgaro alla Thelonious Jazz School di Vicenza e ha fondato diverse band, a partire dagli Hypnoise nel 1996, fino a Tunatones o anche ExKGB. Il suo nome (d’arte) è Mike 3rd. L’ultimo album da lui realizzato in ordine di tempo è anche il suo primo disco solista, In The Woods, coprodotto con Ronan Chris Murphy (King Crimson, Steve Morse, Tony Levin e non solo).
 
Il musicista presenterà il suo nuovo album stasera, 4 ottobre, alle ore 20.00 a Venezia a Campo della Bragora (Bandiera e Moro) (tutte le altre informazioni sono qui). Noi però lo abbiamo raggiunto telefonicamente qualche giorno fa, proprio mentre era in giro per la Serenissima ad organizzare tale evento.
 
Altre 1000 persone ti avranno fatto questa domanda, ma perché da Andrea Michelon Prosdocimi a Mike 3rd?
Mike è un soprannome che ho da quando andavo a scuola. Il 3rd come terzo, perché nella mia famiglia materna il mio bisnonno era un tenore, mio nonno suonava la chitarra e il mandolino e io sono il terzo che si è dato alla musica. È un motivo un po’ romantico!…
 
Bene! Dopo tanti progetti nei gruppi, il tuo primo disco solista. Quando hai composto i brani di In The Woods?
Il disco raccoglie composizioni scritte nel corso degli anni. Ci sono pezzi più recenti e poi altri scritti quando suonavo con gli Hypnoise o con altri gruppi che magari sono rimasti nel cassetto, nell’attesa di trovare lo spunto giusto e la giusta collocazione.
 
È un disco ancora diverso dagli altri di tue esperienze tipo Hypnoise, Tunatones ed ExKGB. Cos’è che ti spinge a cambiare sempre genere musicale e a proporti sempre in maniera diversa?
Il fatto di avere realizzato un disco solista è arrivato naturalmente e penso arrivi naturalmente in un percorso. Nasce proprio dalla necessità di avere uno sfogo artistico tuo. Quando suoni con altri musicisti, devi vedere sempre le cose in un’ottica differente, rispetto a quella di un album solista. Hypnoise, Tunatones ed ExKGB dovevano avere una certa identità e agire grazie all’insieme delle identità. In questo caso il disco è il mio disco. Ho scelto i musicisti per stima che ho nei loro confronti e sono contento abbiano accettato volentieri perché parliamo di grandi artisti e di persone splendide.
 
Ma i musicisti coinvolti nel progetto sapevano già la parte che avrebbero dovuto eseguire nei loro brani o li hai “lasciati liberi”?
Io ho scritto solo i pezzi e ho lasciato che ognuno decidesse il modo in cui voleva suonare. Loro sono professionisti impegnati e quindi le session sono andate avanti per un anno. Ad esempio riuscire a far venire Pat Mastelotto è stato più complicato. Poi, registrando tutto in analogico, non potevo fare in via digitale e inviare il pezzo, perché mi interessava che venisse proprio l’amico in studio. Mi interessava l’esperienza umana. Ci sono ad esempio tre batteristi come Pat Mastelotto, Benny Greb e Alberto Stocco. Con Alberto ho suonato anche in altri dischi e in altri progetti, ma sia lui che gli altri sono stati “lasciati liberi” di dare la loro interpretazione. È accaduto tutto in un’armonia di arrangiamenti.
 
Tu registri sempre in analogico e sempre nel tuo Prosdocimi Recordings a Carmignano di Brenta (PD). Come descriveresti questo luogo per chi non lo conosce?
Un’isola felice, un’esperienza umana, un ambiente che va ad esaltare il musicista e la musica ed esula dalle distrazioni dell’era moderna. E’ un salto nel tempo fondamentalmente…
 
In The Woods: disco acustico, ma…?
Ma trasversale perché ci sono contaminazioni jazz, soul, prog, gospel…
 
Com’è nata l’idea di suonare il berimbau e i bicchieri di cristallo?
(ride, ndr) Il berimbau è nato dal fatto che sono appassionato di capoeira (arte marziale brasiliana con musica e armonia dei movimenti, spesso scambiata per una danza, ndr). Mi piace quel suono, lo trovo abbastanza ipnotico.
I bicchieri di cristallo invece mi affascinano perché il suono sembra quello di un sintetizzatore, ma in realtà è molto naturale.
 
Come spieghi già nella presentazione, di In The Woods c’è la particolare tiratura limitata del vinile con copertina in legno di ciliegio…
Sì, ero con il mio art director Michele Gervasuti in riunione, stavo esponendo il concetto del disco e gli ho detto di In The Woods perché tutti gli strumenti erano acustici. Michele ha appreso alcune nozioni dal padre, il maestro ebanista Eugenio Gervasuti, ed è stato lui quindi che ha deciso di creare appositamente questa copertina del vinile in legno di ciliegio.
 
Visto che i brani del disco hanno musicisti sempre diversi, come pensi di riproporli dal vivo?
Dal vivo ho avuto l’idea di portare il disco con varie formazioni o in trio o in quartetto. L’album si presta ad essere suonato anche con organici ridotti e poi dipende sempre dalla location, dai budget a disposizione ecc. L’essenziale è portare il disco live il più possibile, perché è indispensabile oggi più che mai suonare dal vivo per far conoscere la propria musica e dare un senso al proprio percorso musicale.
 
Ultima domanda: oltre che versatile e poliedrico, che tipo di musicista è adesso Mike 3rd e chi o cosa vuole diventare?
Faccio fatica a rispondere, perché sono ancora qui a chiedermi cosa vuole diventare Mike 3rd! Adesso mi trovo ad affrontare altri progetti in corso d’opera, sempre come evoluzione di un linguaggio, tra accadimenti, collaborazioni ed esperienze umane. In The Woods rappresenta molto il Mike 3rd acustico che intende affrontare quei paesaggi sonori.
Non mi sono mai posto un punto d’arrivo. L’evoluzione è quella che mi interessa di più senza avere condizionamenti esterni all’arte e all’intuito…
 

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