I concerti di Bruce Springsteen non sono mai esperienze monodimensionali. Comunicano a più livelli. Evocano sentimenti forti e contrastanti. Hanno significati musicali ed extramusicali. Sono occasioni di festa e di protesta. Sono apparentemente semplici, eppure parlano al profondo. C’è da scommettere che accadrà anche nei quattro show italiani previsti fra il 23 maggio e l’11 luglio a Napoli, Padova, Milano e Roma. Il primo, in particolare, potrebbe riservare sorprese: è in piazza, per molti sarà il primo concerto in assoluto della E Street Band (il gruppo lo sa e si dice emozionato al pensiero), la nonna di Springsteen è di Vico Equense e quindi il cantante potrebbe riservare qualche sorpresa.
Per parlarne abbiamo chiesto l’aiuto di due persone molto vicine all’artista. Jon Landau è l’uomo che nel 1974 scrisse «Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen». Oggi riassume in sé i profili dell’amico, manager, co-produttore, braccio destro, stratega e apostolo. Nils Lofgren è il chitarrista della E Street Band dal tour di Born In The U.S.A. Andava a vedere il gruppo a metà anni ’70 e oggi, dice, «ho un posto gratis in prima fila».
Ecco un breve estratto dalle interviste che abbiamo realizzato in vista del tour italiano per la cover story del numero di maggio di JAM.
Pochi artisti sono consci del proprio ruolo e del rapporto col pubblico quanto Bruce Springsteen: siete d’accordo?
John Landau: «Più passa il tempo e più Bruce matura un’alta comprensione di quel che fa. È conscio dello scopo che si prefigge di raggiungere e del rapporto col pubblico. Dopo la tragedia dell’11 settembre non canta più di fatti privati, la musica che produce è rivolta al mondo esterno. Ha cominciato a ragionare in termini più ampi».
Nils Lofgren: «Bruce prende questa missione in modo dannatamente serio. I concerti diventano un dialogo con un fratello o con un vecchio amico col quale sei cresciuto. E più invecchi, più la conversazione diventa saggia e ironica. Proviamo le stesse emozioni del pubblico. Queste canzoni fanno ridere e piangere anche me. Mi fanno pensare e mi fanno sentire stupido. Mi mandano in estasi perché hanno il potere di farmi sentire vivo. Ogni tour rappresenta una conversazione differente, ma in definitiva lo scopo è lo stesso: dare alle persone un pizzico d’ispirazione, mandarle a casa con un po’ più di fiducia e speranza di quanta ne avevano prima del concerto».
L’Italia è in balia della crisi: quest’anno il dialogo col pubblico assumerà un tono drammatico?
Jon Landau: «Bruce sa benissimo che cosa sta succedendo in Italia e in Europa. Lo spettacolo che vedrete è figlio della consapevolezza dalla crisi economica e sociale che vi sta martoriando. Bruce ne è cosciente e del resto l’album Wrecking Ball affronta questi stessi temi. Il concerto è intenso, a tratti persino lacerante. Ma possiede la gioia, la positività, il senso di elevazione spirituale tipici delle esibizioni di Springsteen. Siamo vivi: ecco il messaggio della performance. Dillo alla gente di Napoli, Padova, Milano e Roma: tenete duro, stiamo arrivando!».
Cori, fiati, soul, rhythm & blues, gospel: la E Street Band non è mai stata così nera, musicalmente parlando…
Jon Landau: «È la dimostrazione dell’abilità con cui Bruce si muove nell’intero spettro delle musiche americane».
Nils Lofgren: «La black music ha sempre fatto parte della musica di Bruce. Ma quando li suoni con un coro e una sezione fiati l’effetto cambia: diventano potenti, eloquenti. Noialtri non siamo che attrezzi. La E Street Band è la scatola degli attrezzi da cui Bruce tira fuori gli utensili che gli servono. Anche i coristi e fiatisti di questo tour sono nuovi attrezzi. Con loro è iniziato un processo di scoperta: ora abbiamo la consapevolezza che per la E Street Band ci sono possibilità inesplorate. C’è un futuro. È come quando inviti un amico a visitare la tua città e lui se ne innamora: vedi il posto in cui vivi attraverso i suoi occhi e grazie al suo entusiasmo riesci ad apprezzare cose che ti sfuggivano o che davi per scontate. Ecco, col gruppo è la stessa cosa: la presenza di forze nuove ci ha spinti ad apprezzare la natura della E Street Band, che davamo per scontata perché è troppo famigliare e ci siamo dentro da troppo tempo».
Leggi la cover story di nove pagine su Springsteen e la E Street Band e le interviste integrali a Landau e Lofgren sul numero di maggio di JAM