06/04/2016

Jesse Malin: come il 2015 è divenuto uno dei suoi anni più prolifici

Dai due album pubblicati nel giro di pochi mesi alla “reunion” con la “famiglia” dei D Generation. Questi gli argomenti della breve intervista con Jesse Malin
Il curriculum di Jesse Malin è impressionante: ha iniziato come esponente della scena hardcore di New York negli anni ’80 (Heart Attack), per passare al glam punk con i D Generation e una carriera solista che lo ha visto pubblicare sette album e collaborare con Bruce Springsteen, Alice Cooper, i Replacements, Joan Jett e l’amico Ryan Adams. L’anno scorso è ritornato alla carica con due album pubblicati nel giro di pochi mesi, tra le atmosfere di heartland rock americano, a metà tra Paul Simon e i Ramones di New York Before The War e l’acustico e intimista Outsiders. Abbiamo scambiato due parole con lui in occasione delle due date italiane (7 e 8 marzo a Cantù e Brescia).
 
Ciao Jesse, innanzitutto ci sembra sia un grande momento per la tua carriera, con l’uscita di ben due album nel 2015. Com’è diventato un anno così produttivo?
Beh, c’è stata in effetti una grande pausa tra questi album e quello precedente (Love it To Life, 2010, ndr). Un sacco di accumulo e di crescita emozionale e un periodo pazzesco in questo mondo.
 
Il 2015 è stato anche l’anno del tuo ritorno con i D Generation. Com’è nata questa reunion?
Non è stata realmente una reunion, perché non ce ne siamo mai andati. Il gruppo è come una famiglia e non puoi mai andartene dalla tua famiglia, soltanto prenderti qualche pausa. Però si, è stato davvero divertente suonare con loro di nuovo.
 
Raccontaci com’è stato il processo di scrittura e di registrazione di New York Before The War. Abbiamo letto ad esempio che hai iniziato in una fattoria in Virginia…
Sì, siamo andati in questa farm chiamata White Star Studios nel mezzo del nulla. È stato fantastico per un po’, ma poi abbiamo sentito la mancanza della città, quindi ci siamo spostati ai Magic Shop Studios e l’abbiamo finito a New York (SoHo) senza cavalli, capre e zecche sanguisughe.
 
Passando invece al tuo secondo album del 2015, Outsiders, sembra che sia un album molto spontaneo che hai scritto, registrato e pubblicato nel giro di poco tempo. È così? Era previsto che fosse più intimo e personale?
Tutti gli album sono intimi e personali devo dire… Outsiders è un po’ più in forma libera, più dark e l’ho fatto più velocemente. Ci siamo isolati durante le registrazioni e non avevamo accesso al resto del mondo.
 
Nella tua carriera hai collaborato con tantissimi grandi artisti, quale credi che sia il miglior ricordo?
Quando ho fatto il mio primo album con Ryan Adams nel giro di cinque giorni. È stato spaventoso!
 
L’ultima domanda che vogliamo farti è sul tour. Quali sono le tue sensazioni sul tornare a suonare in Italia? Credi che le canzoni stiano assumendo una forma diversa dal vivo?
Sono estremamente fortunato perché ho una grande band. Questo è stato finora uno dei miei tour preferiti a livello di pubblico. Sì, le canzoni assumono un significato diverso quando le canti davanti a degli sconosciuti in una stanza buia, sotto luci roventi e microfoni sporchi. Questo è ciò che amo fare, non saprei cos’altro fare altrimenti!
 

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