(Foto di Francesco Cabras)
«Art never comes from happiness», scriveva Chuck Palahniuk; l’arte non deriva mai dalla felicità. «La pensavo così anch’io, e non credevo mi sarebbe stato possibile comporre in uno stato di contentezza», racconta Al Di Meola parlando del suo nuovo album. «Quando ho composto la musica per Opus, mia figlia, che oggi ha due anni, aveva solo un paio di mesi, e stavamo passando un periodo a Miami. Trascorrevo le giornate con lei e mia moglie, poi andavo in studio a scrivere durante la notte. Ed ha funzionato alla perfezione». Uscito il 23 febbraio per earMusic, Opus è un lavoro nel quale l’ispirazione derivante dalla felicità e dagli affetti è infatti una componente fondamentale, che si tratti di Left Unsaid, brano in cui Di Meola vuole restituire la serenità dei momenti d’intimità familiare o della ninna nanna scritta per la figlia Ava’s Dream Sequence Lullaby, dell’ispirazione giunta alle 5 di mattina con Frozen In Time o delle radici italiane dei Di Meola, in Cerreto Sannita. Un lavoro che vorrebbe anche segnare un punto di svolta nella carriera di uno dei chitarristi maggiormente apprezzati della nostra epoca, che oggi punta a far diventare sempre più centrale la propria abilità compositiva.
Una delle cose che mi ha incuriosito di più, relativamente a Opus, è che lei dopo una lunga carriera che l’ha vista affiancare tanti grandi nomi del panorama musicale e una altrettanto fortunata attività da solista, ha affermato di sentirsi oggi prima di tutto un compositore. Come cambia l’approccio alla musica?
Sin dall’inizio della mia carriera ho avuto delle buone capacità compositive. Ci sono molti grandi chitarristi che non sanno scrivere musica. Per me invece comporre è una specie di meditazione. È il modo con il quale riesco a distrarmi da qualsiasi cosa stia succedendo.
A proposito degli inizi: com’è stato per lei entrare a far parte dei Return To Forever, la band di Chick Corea? È lì che ha iniziato le prime esperienze nella composizione, vero?
Ho suonato con Chick Corea quando aveva 19 anni ed ero ancora al college; è stata una sfida di grandissima ispirazione per me lavorare con questi musicisti, ho imparato davvero moltissimo.
Il tango ha sempre avuto importanza nella sua musica, tanto che lei ha persino dedicato un album al padre del Nuevo tango, Astor Piazzolla. Anche in Opus ci sono ben due brani influenzati da questo genere, Milonga Noctiva: Wandering In The Dark ed Escapado…
Sono stato personalmente amico di Astor Piazzolla, il padre del tango moderno. La sua musica è stata la più difficile che io abbia mai suonato, era complessa ma allo stesso tempo arrivava dritta al cuore. Mi ha dato della musica che voleva suonassi, e poi ho cominciato a comporre dei brani a mia volta.
In Cerreto Sannita ricorda invece le sue radici italiane. Quando è stata la prima volta che lei è venuto in Italia e com’è il suo rapporto con il nostro Paese?
Nel giugno 2017 mia moglie Stephanie ha organizzato un viaggio in questo piccolo paesino. Ho suonato al Teatro di San Carlo e il giorno successivo ero libero, così ci siamo andati. È stata una delle esperienze più emozionanti della mia vita. Tutte le storie che mio padre (che non è mai stato in Italia) mi ha raccontato di mio nonno, erano documentate lì. Sono stato molto onorato quando mi è stata conferita la cittadinanza onoraria di Cerreto Sannita.
Tra le tante collaborazioni che hanno caratterizzato la sua carriera, qual è stata la più significativa?
Return To Forever è stata la band con la quale ho cominciato e manterrà sempre un posto speciale nel mio cuore, allo stesso modo del trio chitarristico con John McLaughlin e Paco De Lucia. La sana competizione tra di noi ci faceva lavorare sempre più duramente, e credo sia questo il motivo per il quale le persone amavano venire ad ascoltare i nostri concerti.
Infine, proprio a proposito di concerti, Di Meola sarà impegnato in un mini tour europeo, che dal 2 al 16 marzo porterà il chitarrista in Germania, Danimarca e Svizzera.
«Art never comes from happiness», scriveva Chuck Palahniuk; l’arte non deriva mai dalla felicità. «La pensavo così anch’io, e non credevo mi sarebbe stato possibile comporre in uno stato di contentezza», racconta Al Di Meola parlando del suo nuovo album. «Quando ho composto la musica per Opus, mia figlia, che oggi ha due anni, aveva solo un paio di mesi, e stavamo passando un periodo a Miami. Trascorrevo le giornate con lei e mia moglie, poi andavo in studio a scrivere durante la notte. Ed ha funzionato alla perfezione». Uscito il 23 febbraio per earMusic, Opus è un lavoro nel quale l’ispirazione derivante dalla felicità e dagli affetti è infatti una componente fondamentale, che si tratti di Left Unsaid, brano in cui Di Meola vuole restituire la serenità dei momenti d’intimità familiare o della ninna nanna scritta per la figlia Ava’s Dream Sequence Lullaby, dell’ispirazione giunta alle 5 di mattina con Frozen In Time o delle radici italiane dei Di Meola, in Cerreto Sannita. Un lavoro che vorrebbe anche segnare un punto di svolta nella carriera di uno dei chitarristi maggiormente apprezzati della nostra epoca, che oggi punta a far diventare sempre più centrale la propria abilità compositiva.
Una delle cose che mi ha incuriosito di più, relativamente a Opus, è che lei dopo una lunga carriera che l’ha vista affiancare tanti grandi nomi del panorama musicale e una altrettanto fortunata attività da solista, ha affermato di sentirsi oggi prima di tutto un compositore. Come cambia l’approccio alla musica?
Sin dall’inizio della mia carriera ho avuto delle buone capacità compositive. Ci sono molti grandi chitarristi che non sanno scrivere musica. Per me invece comporre è una specie di meditazione. È il modo con il quale riesco a distrarmi da qualsiasi cosa stia succedendo.
A proposito degli inizi: com’è stato per lei entrare a far parte dei Return To Forever, la band di Chick Corea? È lì che ha iniziato le prime esperienze nella composizione, vero?
Ho suonato con Chick Corea quando aveva 19 anni ed ero ancora al college; è stata una sfida di grandissima ispirazione per me lavorare con questi musicisti, ho imparato davvero moltissimo.
Il tango ha sempre avuto importanza nella sua musica, tanto che lei ha persino dedicato un album al padre del Nuevo tango, Astor Piazzolla. Anche in Opus ci sono ben due brani influenzati da questo genere, Milonga Noctiva: Wandering In The Dark ed Escapado…
Sono stato personalmente amico di Astor Piazzolla, il padre del tango moderno. La sua musica è stata la più difficile che io abbia mai suonato, era complessa ma allo stesso tempo arrivava dritta al cuore. Mi ha dato della musica che voleva suonassi, e poi ho cominciato a comporre dei brani a mia volta.
In Cerreto Sannita ricorda invece le sue radici italiane. Quando è stata la prima volta che lei è venuto in Italia e com’è il suo rapporto con il nostro Paese?
Nel giugno 2017 mia moglie Stephanie ha organizzato un viaggio in questo piccolo paesino. Ho suonato al Teatro di San Carlo e il giorno successivo ero libero, così ci siamo andati. È stata una delle esperienze più emozionanti della mia vita. Tutte le storie che mio padre (che non è mai stato in Italia) mi ha raccontato di mio nonno, erano documentate lì. Sono stato molto onorato quando mi è stata conferita la cittadinanza onoraria di Cerreto Sannita.
Tra le tante collaborazioni che hanno caratterizzato la sua carriera, qual è stata la più significativa?
Return To Forever è stata la band con la quale ho cominciato e manterrà sempre un posto speciale nel mio cuore, allo stesso modo del trio chitarristico con John McLaughlin e Paco De Lucia. La sana competizione tra di noi ci faceva lavorare sempre più duramente, e credo sia questo il motivo per il quale le persone amavano venire ad ascoltare i nostri concerti.
Infine, proprio a proposito di concerti, Di Meola sarà impegnato in un mini tour europeo, che dal 2 al 16 marzo porterà il chitarrista in Germania, Danimarca e Svizzera.