12/06/2015

L’effetto desiderato di Brandon Flowers

Intervista al frontman dei Killers che ha da poco pubblicato il suo secondo album solista “The Desired Effect”
“Sono una persona onesta”. Brandon Flowers lo dice come dato di fatto, senza presunzione, quando lo si intervista qualche ora prima della sua unica data italiana al Fabrique di Milano. Lui è conosciuto dalla massa per essere il leader e la voce dei Killers, la band americana che negli ultimi dieci anni ha venduto milioni di dischi nel mondo e composto singoli di grande successo come Somebody Told Me e Human. Brandon, tuttavia, non si trova qui in qualità di frontman del gruppo, ma per promuovere The Desired Effect, il suo secondo album da solista.
 
“Mi ero reso conto che da cinque anni non suonavo più le canzoni di Flamingo (suo disco d’esordio uscito nel 2010, ndr) e la cosa mi mancava perché sentivo il bisogno di essere ancora parte di esse. I Killers ora come ora sono in pausa e perciò sono stato ben felice di incidere The Desired Effect“.
Questi dieci brani inediti sono stati classificati dalla critica come un tributo alla musica pop degli anni ’80. “Continuano a dirmi che la mia musica suona vecchia, che sono rimasto a vent’anni fa, ma io non la penso così. Ho scelto come produttore Ariel Rechtshaid, che ha lavorato con artisti diversi come No Doubt e Vampire Weekend, proprio perché lo considero fresco e nuovo”. Secondo Brandon The Desired Effect ha un piede nel passato, ma soprattutto uno nel futuro: per incidere i pezzi sono state utilizzate tastiere originali degli anni ’80, ma allo stesso tempo c’è un’atmosfera intuitivamente moderna, accompagnata da una voce riconoscibile ovunque, la sua.
Gli si chiede quali siano le sue canzoni preferite: “Senza dubbio Diggin’ Up The Heart e Lonely Town, perché al loro interno si sente che c’è la verità: un ottimismo superficiale che nasconde qualcosa di oscuro. Ad esempio, chi ascolta Lonely Town capisce che è una canzone d’amore che cela tristezza e ossessione; mi sono ispirato a Every Breath You Take dei Police”.
Il leader dei Killers approfondisce anche la tematica del sogno, presente in Dreams Come True e Between You And Me: “Sono nato e cresciuto in una famiglia della classe operaia; negli Stati Uniti si parla tanto del cosiddetto sogno americano, ma di sogni io ne ho visti realizzarsi ben pochi per la maggior parte della gente. In queste due canzoni sono sarcastico e scoraggiato al tempo stesso”. Nonostante tutto, però, lui il suo sogno l’ha fatto diventare realtà: è una rockstar. “Sono grato di essere dove sono e di far parte dei Killers, ma voglio sempre migliorare e crescere”. Brandon, insomma, non è uno che si adagia sugli allori; anche quando la sua band si prende un periodo di pausa, lui lavora, suona e va in giro per il mondo. Ma cosa pensano i Killers della sua carriera solista? “A loro non importa, posso fare quello che voglio. Ronnie Vannucci, poi, ha suonato la batteria per Untangled Love e quando gli altri hanno sentito alla radio Can’t Deny My Love mi hanno chiamato e han detto che gli piaceva”.
Mentre gli si parla si capisce che dice la verità. Davvero non ci sono tensioni e polemiche all’interno del gruppo. Si intuisce subito che ama quello che fa.
Lui è riuscito a far convivere la vita da rockstar con la fede mormonica. E il mormone che viene da Las Vegas, la città del peccato, ha sempre inserito nei suoi lavori discografici riferimenti religiosi; basta ricordare il pellegrinaggio raccontato in Magdalena o il primo fotogramma del video della celebre When You Were Young, un crocifisso. Perché in The Desired Effect sembra non esserci alcun ricordo del tuo Dio? “Beh, non lo so esattamente. Ho sempre parlato di queste cose perché fanno parte di me. Io sono una persona onesta. Non mi vergogno della mia fede, ma ugualmente non la ostento”. Forse, quindi, per il nuovo album non aveva avuto l’ispirazione giusta per affrontare certi argomenti; tuttavia, non bisogna dimenticare che proprio il video del primo singolo, Can’t Deny My Love, ricorda una cultura che ha radici spirituali.
 
In conclusione, The Desired Effect parla di verità e svela bugie: il sogno americano, l’amore, le disillusioni della vita. Può sembrare a primo impatto un disco leggero, ma ci si rende conto pian piano che non lo è poi così tanto.
Ma qual è il vero effetto desiderato? Brandon si rifiuta di rispondere a questa domanda, anzi ne pone una lui: “Non lo stiamo forse cercando di capire tutti noi uomini?”
Può darsi che proprio nel titolo dell’album stia l’occulto riferimento spirituale tanto cercato: un termine generale, un effetto desiderato, a cui ognuno è libero di dare il significato che vuole.
 

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