15/02/2021

Lorenzo Bonarini – BOA e la sua “Bag Of Seeds”

Il cantautore padovano ci ha parlato di “Bag Of Seeds”, suo nuovo album che inizialmente doveva essere un omaggio a Leonard Cohen, ma che successivamente…
Otto brani in inglese. Inizialmente doveva essere un omaggio a Leonard Cohen, ma, come ci ha spiegato lui stesso, poi il lavoro ha preso altre strade. È nato così Bag Of Seeds (Seahorse Recordings), nuovo album di Lorenzo Bonarini – BOA.
“Volevo fare delle canzoni che suonassero come la musica con cui sono cresciuto – racconta Bonarini. – Bag Of Seeds è la mia sporta/borsa di semi, è quello che so fare e che voglio dare agli altri. Ci ho messo dentro quello che amo, stili diversi che con gli anni ho fatto miei. È un disco che ho voluto fortemente, composto da canzoni di cui vado fiero. Ma anche solo del viaggio fatto per realizzarlo sono contento, ho imparato un sacco di cose sulla registrazione e la scrittura. Alle volte è stato anche duro fare tutto da soli ma ne è valsa la pena”.Bag Of Seeds doveva essere un omaggio a Cohen, ma l’ispirazione ti ha portato verso un’idea più eterogenea, soprattutto musicalmente parlando, per l’album, giusto?
Certo. A dire il vero mi accorgo che è un po’ fuorviante legare l’album a Cohen, anche perché magari chi ascolta si aspetta certe atmosfere che amo tantissimo, ma non è che nel disco ci siano tanti richiami a lui, se non nella ballata che gli ho esplicitamente dedicato, Pinch Of Salt. In realtà il disco è nato dalla morte di Leonard Cohen, nel senso che da quell’evento sono partito per fare questo nuovo album, visto che è uno dei miei riferimenti musicali soprattutto per i testi. Poi il lavoro ha preso una piega tutta sua, come di solito fa la musica, almeno per quanto mi riguarda.

Il tuo nuovo singolo, accompagnato peraltro da un video, è Down By The River.
Sì, il brano è nato perché vivo di fianco a un fiume, luogo a me molto caro… lo vedo tutti i giorni, è un mio compagno di vita (ride, ndr). Poi è diventata un po’ una metafora: rappresenta la “sorgente della musica” che ognuno di noi ha dentro, chi più chi meno… penso che ce l’abbiamo tutti, per cui è dedicata a quel luogo dentro di noi, dove poi le cose si calmano e assumono una dimensione più naturale; la vita spesso ci porta a irrigidirci e invece il fiume ti insegna che tutto arriva al mare e tutto scorre.
Per il video mi sono organizzato con Giovanni Federici, mio amico filmmaker, e siamo andati al fiume per registrarlo, per cui la gente che si vede lì l’ho incontrata per caso.
Il video è tipico del mio modo di fare le cose, cioè lascia molto spazio all’improvvisazione e a me l’improvvisazione piace, un po’ come il jazz, genere che oltre a praticare, ho studiato per parecchi anni. È un genere che mi piace molto per la libertà espressiva che ti dà.

Parlando di altri generi, c’è anche il reggae in quest’album con Those Who. Come ti sei avvicinato a questo tipo di musica? C’entra il fatto che sei nato lo stesso giorno del concerto di Bob Marley a Milano, allo Stadio San Siro?
Quella è più una coincidenza che mi piace ricordare (ride, ndr): sono nato il 27 giugno 1980, giorno in cui ci fu il celebre concerto di Bob Marley a San Siro. Mi piace ovviamente associarla a quell’evento, perché poi è una data purtroppo tristemente nota anche per la strage di Ustica.
Il reggae in realtà mi è sempre piaciuto non proprio in senso puro, perché ad esempio ho ascoltato molto i Police e diciamo che sono più quelle le influenze reggae, se così si possono definire, che preferisco.
Sicuramente però mi sono avvicinato di più al genere anche grazie al produttore dell’album, Alberto Cagol aka Nevo, e al suo BomChilom Sound, visto che ho anche collaborato con loro.

Riprendendo il titolo del tuo nuovo album, se dovessi scegliere soltanto uno dei semi della tua borsa, quale sceglieresti?
Direi il folk. Mi ritrovo più in quella dimensione: Nick Drake, Tim Buckley, Joni Mitchell, Simon & Garfunkel, i grandi li ho ascoltati chiaramente tutti… anche le American Recordings di Johnny Cash prodotte da Rick Rubin, poi Neil Young…

E invece dovessi scegliere un seme da aggiungere a questa borsa (o a un’altra)?
Beh, mi piacerebbe fare un disco più rock o anzi più grunge, stili che ho praticato parecchio in passato, però quella caratteristica del grunge, quell’immediatezza, mi piacerebbe approfondirla in un nuovo album.
Stavolta non ho cantato di proposito in italiano, come ho già fatto spesso, perché ho voluto proprio fare pezzi in inglese, per tenere fede un po’ al discorso di partenza legato a Leonard Cohen.

Prossimi impegni?
Non ne ho direttamente con la mia musica, ovviamente per lo stop forzato dei live causa pandemia, però con il produttore dell’album Nevo e con un altro socio stiamo portando avanti uno studio di registrazione e lì stiamo cercando di diffondere una certa cultura che prevede il suonare tutti insieme, in maniera più live possibile. È bello coinvolgere anche giovani musicisti che non sempre pensano di poter fare le cose in un certo modo e magari sono più abituati a fare musica da soli e con il computer.

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