24/09/2025

Marco Ottaiano rilegge il canzoniere beatlesiano alla luce del romanticismo inglese di Wordsworth e Coleridge

Lennon e McCartney tra Strawberry Fields e Lyrical Ballads

 

Sui Beatles si è scritto di tutto e di più. È un dato di realtà che si impone, d’altronde si tratta del più studiato e approfondito fenomeno della popular culture, anche per l’editoria e il giornalismo italiani. Alla luce di questo elemento, che Marco Ottaiano ha saggiamente sottolineato, l’unico motivo di interesse per un libro sui Fab Four è legato al taglio analitico, al punto di vista trasversale, crossmediale verrebbe da dire. L’autore napoletano, docente all’Orientale, prova ad avvicinare Lennon e McCartney alla sua materia di studio nel nuovo lavoro Strawberry Fields. Lennon, McCartney e i poeti romantici delle Lyrical Ballads (Martin Eden Edizioni). Ne parliamo con lui.

 

La prima domanda non è rivolta al docente ma al cultore beatlesiano. Con quale animo ti sei avvicinato alla stesura di un libro conoscendo l’abbondanza della letteratura in materia? 

Con l’animo dell’autore sconfitto in partenza… Scherzi a parte è stata una straordinaria esperienza di scrittura, del tutto nuova per me. Un’esperienza che nasce da una serie incredibile di belle e strane coincidenze, alcune delle quali sono descritte all’interno dello stesso libro. Insomma, è un testo che, per certi aspetti, si è scritto da solo e che, in qualche misura, mi aspettava al varco da almeno un paio di decenni.

 

Lennon e McCartney da un lato, Wordsworth e Coleridge dall’altro. E tra le due coppie, una collaborazione che ha cambiato il volto della musica e della poesia. Cosa hanno avuto in comune questi artisti?

L’idea di un progetto artistico condiviso, pur all’interno della diversità dei loro approcci creativi. E sono nate così le Lyrical Ballads e la discografia dei Beatles. Fra le due coppie esiste poi una perfetta simmetria: McCartney, come Wordsworth, tende ad elevare l’elemento quotidiano a materiale lirico (si tratti di una strada periferica di Liverpool o del prete di una chiesa con pochi fedeli o ancora del matto del paese); Lennon, come Coleridge, tende invece ad avvicinare e rendere reale e tangibile il sovrannaturale (sia se parla di una ragazza che vola nel cielo con i diamanti sia di un misterioso tricheco, o di qualunque altra immagine elaborata dalla sua fervida mente immaginifica). È pure interessante notare che, mentre per Coleridge e Worsdworth queste idee venivano fissate da un esplicito manifesto artistico, quello descritto nella prefazione alle Lyrical Ballads, in Paul e John tutto ciò avveniva in modo del tutto inconsapevole, semplicemente assecondando la loro ispirazione creativa.

 

Ti sei soffermato in modo particolare sul più importante 45 giri della storia del pop, ossia Strawberry Fields Forever e Penny Lane. Partiamo dal primo elemento costitutivo: il cammino nei luoghi della memoria. Stupisce ancora oggi che gli artefici di quel tuffo nel passato fossero un ventiseienne e un ventiquattrenne…

Verissimo, caro Donato, questo è un punto essenziale nella scrittura di John e Paul, la loro capacità di osservare un passato che sembra sempre estremamente lontano ma che, almeno temporalmente, è ancora molto vicino. Questo avviene anche in brani come Help («When I was younger, so much younger than today») e Yesterday («Yesterday, all my troubles seemed so far away»), che risalgono addirittura a un anno e mezzo prima. Questi due ragazzi vissero delle accelerazioni impressionanti nelle loro esistenze, e ciò diede luogo a una sorta di meraviglioso cortocircuito creativo. In fondo anche le loro vite prima che arrivasse il successo furono particolarmente turbolente e segnate da lutti e traumi (Paul perse la madre a 14 anni, John a 17 dopo averla appena iniziata a conoscere realmente, dal momento che viveva con i suoi zii materni. Poi la morte dell’amico d’infanzia Stuart Sutcliffe, a cui si aggiungerà a breve quella del loro manager Brian Epstein).

Da qui va da sé che i luoghi della memoria topografica di Liverpool, le strade e i parchi dove trascorsero infanzia e adolescenza, siano percepiti come spazi da trasfigurare (Lennon) o poetizzare (McCartney). Penny Lane è un magico, poetico affresco neorealista, Strawberry Fields Forever un viaggio psichedelico nella coscienza di un giovane adulto.

 

Talvolta si pensa al rock come ad un ambiente con pochi stimoli culturali, viceversa figure come Lennon e McCartney erano curiosi e aggiornati. Hai avuto modo di individuare che tipo di letture facessero e quanto queste siano penetrate nella loro scrittura?

Il pregiudizio sul rock è terribilmente sbagliato, quasi sacrilego. Pensiamo alle letture di Jim Morrison, di Bob Dylan, ai riferimenti letterari di Leonard Cohen, ai testi di David Bowie fino ad arrivare ad artisti successivi come Kurt Cobain e Thom Yorke. Anche John e Paul fecero solide letture, e avevano un’enorme curiosità intellettuale per tutto ciò che di stimolante passava dinanzi ai loro occhi. Da buoni inglesi si formarono sulla migliore letteratura anglosassone, e di sicuro amarono e assorbirono poeti come Blake e scrittori come Carroll (citati più o meno indirettamente nei loro testi).

Ma non solo: si osservi la leggendaria copertina di Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band, lì troviamo rappresentati tanti degli scrittori di riferimento dei Beatles, da Oscar Wilde ad Edgar Allan Poe, da Stephen Crane da Aldous Huxley, da William Burroughs a Dylan Thomas, da H.G. Wells a George Bernard Shaw.

 

Ti sei soffermato anche su altre due canzoni emblematiche: The Fool on The Hill e I Am The Walrus. Ragioniamo per assurdo, immaginiamo che uno studioso di lingua e letteratura inglese le ascolti per la prima volta, senza sapere nulla dei Beatles: pensi che ci troverebbe cose interessanti da approfondire?

Lo dico con molta convinzione, non si tratta di un’iperbole provocatoria: lo studioso in questione penserebbe di trovarsi davanti a due opere letterarie, scritte da navigatissimi poeti lirici. I due componimenti hanno tutto per esserlo: originalità, lirismo, inventiva linguistica, ritmo, intertestualità letteraria.

 

Dal ritrovamento dell’edizione italiana delle Lyrical Ballads al film poco noto e da riscoprire di David Trueba, il tuo libro è un affettuoso viaggio in alcune vicende beatlesiane. Pensi che anche George Harrison potrà meritare un percorso analogo?

Hai toccato un punto essenziale. E dolente, aggiungerei. George è stato fondamentale nella crescita dei Fab Four e il suo apporto è stato, via via che gli anni passavano, sempre più decisivo. Inizialmente più lennoniano ha poi intrapreso una strada personale che si faceva sempre più evidente, una strada che in fondo, a dispetto della sua spiccata spiritualità, ho fatto sì che i suoi brani beatlesiani migliori andassero più nella direzione di McCartney. Something e Here Comes the Sun si muovono dentro quella scrittura lì. Escluderlo quasi del tutto nel mio libro è stata una necessità tematica e programmatica, ma non mi dispiacerebbe riservargli uno studio, e un volume, tutto suo. Chissà…

Libro Beatles - Marco Ottaiano - copertina

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