Rolling Stones, Hackney Diamonds
I Rolling Stones sono tornati (eccome) con il nuovo album di inediti Hackney Diamonds
L’entusiasmo iniziale rischiava di deludere le aspettative, ma così non è. E non si tratta di una questione di rispetto nei confronti della loro età e della loro storia.
Dopo le “indiscrezioni” poi diventate notizie vere e proprie, dopo la presentazione in una diretta YouTube con Jimmy Fallon, dopo la conferma (o meno) di ospiti illustri e dopo i primi singoli, i Rolling Stones sono tornati con Hackney Diamonds.
Il loro sound viene sicuramente modernizzato dal produttore Andrew Watt, ma di fatto rimane quello noto e non ci si aspettava da un gruppo del genere che si mettesse a “sperimentare” o a cercare nuove strade adesso. Dopo A Bigger Bang del 2005 nessuno si sarebbe aspettato ora un album di inediti degli Stones, tanto più che erano tornati alle loro origini con un disco di cover blues, Blue & Lonesome del 2016, loro ultimo lavoro in studio prima di Hackney Diamonds.
Rolling Stones © Mark Seliger
Il nuovo album è anche il primo per gli Stones con Steve Jordan alla batteria al posto del compianto e storico batterista Charlie Watts, che però ha avuto il tempo di registrare due brani, Mess It Up e Live By The Sword, quest’ultimo con Bill Wyman al basso, in modo da completare, almeno in studio, una storica e inattesa rimpatriata: e se il primo dei due pezzi richiama un grande classico del gruppo come Miss You, il brano con Bill Wyman è un rock stonesiano con le chitarre in bella mostra, con la voce di un Mick esagitato e in crescendo e con tanto di Elton John al piano, presente anche nella seconda traccia dell’album, Get Close, pezzo rock anche questo, ma meno dirompente di Angry, primo singolo che aveva anticipato l’uscita del nuovo lavoro e che apre anche il disco.
Colpisce la capacità degli Stones di farsi ascoltare ancora in studio, più che nei live degli ultimi anni, con una ballad come Depending On You e sorprende il basso di Paul McCartney in Bite My Head Off più perché chiamato a dare man forte a un ritmo sostenuto, che a punteggiare un particolare arrangiamento, mentre, subito dopo, la band “continua a divertirsi da sola” in Whole Wide World.
Dreamy Skies è un dolce e ottimo brano country con la slide protagonista di Ronnie Wood e con l’armonica di Mick Jagger nel finale. Driving Me Too Hard, dopo i brani con la ritmica storica di cui sopra, vira su un country rock godibile, mentre in Tell Me Straight è Keith Richards a prendere il comando con la sua voce per una ballad intensa: Don’t make me wait/is my future all in the past (Non farmi aspettare/il mio futuro è tutto nel passato). Soul, gospel e blues trionfano in Sweet Sounds Of Heaven con tanto di lunga coda conclusiva improvvisata con Lady Gaga ai cori e Stevie Wonder al piano e al Fender Rhodes.
Il finale è un ritorno alle origini vero e proprio: solo chitarre, voce e armonica con Rolling Stone Blues, il classico di Muddy Waters dal quale i Rolling Stones hanno preso il loro nome. Se fosse “un arrivederci”, sarebbe un bel modo di salutare tutti noi che non possiamo far altro che ringraziarli per tutto.