07/09/2015

The London Souls

Tra la genesi del nuovo album e le impressioni del tour, intervista
Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere (anche di più) con Tash Neal (voci/chitarra), artista che insieme a Chris St. Hilaire (batteria/voci) forma i newyorkesi London Souls. L’occasione ci è stata fornita dai concerti tenuti a fine luglio a Lucca, Roma e Piazzola sul Brenta, di supporto a Lenny Kravitz, e legati alla promozione del loro secondo album, Here Come The Girls. Un album con un mix unico di influenze diversissime e dalla gestazione piuttosto complicata, a causa di un brutto incidente automobilistico capitato a Tash, ma che dalla sua uscita quest’anno sta raccogliendo ottime recensioni e paragoni con grandi del passato (Beatles, Led Zeppelin, Faces, Marc Bolan, Neil Young).
 
Per cominciare: siete di New York ma, come suggerisce il vostro nome, avete un’anima inglese. Quali sono le vostre influenze?
Un nome è soltanto un nome, in realtà, non credo dica molto su di noi come band. Siamo cresciuti ascoltando qualsiasi tipo di musica, da Michael Jackson a James Gang, ma ogni giorno siamo influenzati da qualcosa di nuovo; può essere un grande classico, una band con cui stiamo suonando o semplicemente qualcosa che passa in radio.
 
Quali elementi della musica inglese avete incorporato nel vostro suono? Credete di avere un suono comunque americano o di unire le due tradizioni?
La buona musica non ha nazionalità. Gli inglesi hanno preso molto in prestito dagli americani, ma l’America era in larga parte una colonia inglese. Quindi, che posso dire? Noi amiamo entrambi.
 
Molte canzoni del nuovo album sono state scritte due anni fa. Sono cambiate col tempo prima di essere registrate definitivamente? Il brutto incidente in auto di Tash ha influenzato in qualche modo la scrittura?
Le canzoni sono state ultimate prima dell’incidente e l’album nella sua interezza non è cambiato molto. Nel modo in cui lo suoniamo, invece, ci possono essere delle variazioni da un concerto all’altro, dipende da come ci sentiamo ispirati. Come songrwriter stiamo crescendo sempre di più e l’incidente non fa eccezione.
 
Avete provato diversi arrangiamenti prima di decidere quelli definitivi? Dal vivo cambiano molto le vostre canzoni?
Sì, abbiamo lavorato molto sugli arrangiamenti prima di ultimare il disco, anche se solitamente la canzone è già quello che è. E le canzoni non cambiano dal vivo, ma la performance e l’interpretazione sono sempre diverse in ogni momento e possono essere migliorate col tempo. Non suoniamo mai una canzone nello stesso modo.
 
In tema di concerti, cosa vi aspettavate dal pubblico italiano?
Lo stesso che ci aspettiamo da ogni pubblico: di presentarsi e, possibilmente, ascoltare!
 
E com’è stata la reazione del pubblico in questi concerti di supporto a Lenny Kravitz? 
Ci hanno amati! Penso che siamo stati recepiti molto bene e speriamo di tornare presto.
 
Siete stati in tour con Gary Clark Jr., Warren Haynes (The Allman Brothers Band, Gov’t Mule) e ora Lenny Kravitz. Le vostre impressioni? 

È sempre un grande onore. Abbiamo la possibilità di suonare di fronte a persone per le quali altrimenti non suoneremmo e in posti in cui altrimenti non andremmo.
 
Si impara qualcosa di nuovo in tour con loro? E dal canto vostro avete insegnato qualcosa ad artisti così importanti?
Sì, si impara molto con questo tipo di produzioni in grande, soprattutto con Warren e Lenny. C’è un livello di serietà e di professionalità che ci ha davvero ispirati, eppure anche musicisti di questo calibro sono sempre aperti e umili. Poi Chris è un grande fan di Cindy Blackman (batterista di Kravitz), quindi vederla suonare e poter discutere di batteria con lei è stato più utile che andare a scuola! Se loro hanno mai imparato qualcosa da noi… non ne ho sentito parlare!
 
C’è una grande varietà nel vostro nuovo album, da canzoni più acustiche come Isabel a brani pop anni ’60 come When I’m With You, oppure Steady che ha un suono alla Hendrix e Crimson Revival più power-pop alla Big Star. Qual è stata la genesi di questi brani?
Amiamo ogni tipo di musica, quindi davvero è più una questione che riguarda le canzoni e quello che funzionava meglio per loro. Sono tutti approcci che andavano bene per le canzoni: penso che Steady ricordi più Johnny Winter e i Meters che Hendrix, ma non stiamo qui a spaccare il capello. Crimson Revival andava bene in quel modo: penso che se la rifacessimo, ora sarebbe la stessa canzone con pochi cambiamenti.
 
Com’è stato lavorare con il produttore Eric Krasno, che ha lavorato con artisti molto diversi come 50 Cents o Norah Jones?
Eric è un grande ascoltatore. Ha subito capito profondamente le canzoni e le nostre influenze, ma ha avuto anche alcune grandi idee sul come approcciarle, a cui magari noi non avevamo pensato. È stato piuttosto semplice lavorare con lui. In più è un grande musicista, il che non guasta mai!
 
Per finire: qual è la vostra opinione sullo stato attuale della musica? Intendo dire sul digitale, lo streaming ecc. paragonati al CD fisico…
La gente ha un maggiore accesso alla musica con il digitale e i siti di streaming, ma gli artisti hanno ancora poca voce in capitolo a livello economico, come sempre. L’industria discografica è sempre stata così, solo i mezzi sono cambiati, ma non le regole fondamentali. Però tutto sommato sono contento che la nostra musica possa essere ascoltata sempre da più persone, perché so che è buona musica!
 

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