11/01/2022

Un “immaginifico visionario circolare”: il ritorno di Ludmann

Rock e letteratura per il musicista e scrittore salentino, figura gloriosa dei Blow Up
Musicista di lungo corso, colonna portante dei Blow Up negli anni ’70, Ludmann – al secolo Gino Manno – è anche un brillante pittore e scrittore. Una personalità poliedrica che nel giro di breve tempo è tornato col nuovo disco Sette d’amore (in compagnia di un nome noto ai lettori di Jam come Marco Ancona) e con il romanzo L’allineamento. Lo raggiungiamo nella sua Lecce, tra tele, pennelli, strumenti e carta.
 
Sei molto attivo dunque è doveroso andare con ordine. Partiamo dal tuo ultimo disco Sette d’amore. Un bel ritorno a quattro anni di distanza dal precedente. Il titolo fa riferimento ai sette brani e al loro tema principale?
Il titolo fa riferimento al tema dell’amore, sette sta per il numero dei brani ma lascio anche libera interpretazione all’ascoltatore nel caso volesse intendere sette come persone appartenenti ad una setta d’amore…
 
Che differenze ci sono rispetto al predecessore Time’s up?
Sette d’Amore è più personale e i rapporti di coppia sono i protagonisti delle song, dove il massimo dell’intimità è sublimata nel brano Racchiusa in un Karma, mentre in Time’s Up l’attenzione era posta su temi sociali come ambiente, stili di vita dell’uomo medio nel nuovo millennio, temi resi espliciti in brani come Time’s Up, Uomini 10 e  lode, Selfie, Un Sistema Speciale e Le Scimmie.
 
Per Sette d’amore ti sei avvalso di Marco Ancona, che ricordiamo con Bludinvidia e Fonokit. Un musicista di una generazione diversa dalla tua, con cui però hai in comune il grande amore per i Beatles. Qual è stato il suo contributo?
Marco Ancona ha contribuito alla realizzazione dei brani come se fosse stato parte integrante del progetto e oltre al comune amore per la musica dei Beatles, condividiamo anche gusti e sonorità di altri gruppi, vedi Nirvana, Red Hot Chili Peppers, Rolling Stones o Led Zeppelin, giusto per citarne alcuni. In fase di registrazione avvenivano voli pindarici di stili e sonorità, dai Beatles ai Nirvana nello stesso brano. Nello specifico di Split, un brano che poco c’entra con il tema dell’amore perché parla di problemi psichici di sdoppiamento di personalità, ho tirato parte del mio bagaglio musicale spaziando tra Rock, Jazz e Metal, una contaminazione di stili che ho potuto ottenere grazie all’esperienza e la sensibilità di Marco, che ha capito benissimo cosa volevo esprimere con suoni, effetti e dinamiche difficili da realizzare, infatti ogni volta che devo registrare si mette le mani nei capelli perchè ormai sa dove vado a parare, lo stesso dicasi per altri brani come Insufficiente Amore e Nuvole. Coniugare verbi e suoni nella stessa song non è una cosa facile per chi non è avvezzo all’ascolto di frequenze e padronanza di tecniche e programmi come nel caso di Marco che, come sai, oltre ad un bravo chitarrista e Autore, è anche un ottimo Fonico dall’orecchio di delfino.
 
Sette d’amore è nato in un periodo difficile, nel 2020 della prima pandemia, e in modo molto diverso dalle tecniche di registrazione degli anni ’70 che ben conosci.
Mi piace riportarti uno scambio di idee fra me e Marco in fase di registrazione: se i Beatles fossero un gruppo di beginners, avrebbero usato la tecnologia Informatica… Perchè no? In ogni caso la pandemia non ci ha assolutamente creato problemi perché il grosso del lavoro è stato fatto prima o quando ci sono state parziali aperture e poi, tranne alcuni brani, a lavorare eravamo sempre in due.
 
Sei un musicista navigato ma ancora appassionato: cosa ti colpisce del rock  contemporaneo?
Per mia naturale sensibilità ascolto di tutto, specialmente mentre dipingo. Negli ultimi tempi però, spesso mi sono soffermato ad ascoltare sonorità  e artisti che non conoscevo di cui uno in particolare che potrei definire Elettrorock e cioè i Tool, ma anche altri più noti come Perfect Circle, Pearl Jam o Soundgarden.
 
Inevitabile uno sguardo nel passato glorioso dei tuoi Blow Up. La storia è nota, i dischi con RCA anche, ma ci interessa capire cosa porti di quell’esperienza nel tuo modo di fare musica oggi.
Dei Blow Up porto l’esperienza di una lunga gavetta a suon di interminabili prove, viaggi e concerti in lungo e in largo per l’Italia e occasionali puntatine in Svizzera, ma soprattutto porto l’esperienza fatta in RCA, dove si registrava un intero 33 giri in soli 4 giorni dopo un prearrangiamento dei pezzi in sala prove qui a Lecce. A quei tempi non si usava assolutamente il clic in cuffia, in genere si registrava il pezzo con basso, batteria e chitarra acustica insieme, per poi passare ad eventuali assoli ed infine alla parte vocale, proprio grazie a questo credo di essere diventato abbastanza abile nell’eseguire le parti di chitarra acustica e di basso elettrico e della parte vocale, per intenderci canto solista e cori, sono specializzato nel trovare e nell’intonare senza preparazione le varie parti di seconda, terza e quarta voce dei cori, qualora vi fossero.
 
I Blow Up furono la prima band salentina ad avere notorietà nazionale negli anni ’70, poi c’è stato il periodo dei Negramaro e dei Bludinvidia, e ancora di più del folk revival. Non c’è più spazio per il rock classico?
Secondo me, sì. Dopo un piatto periodo intasato da rappisti e trappisti e dal monotono uso di I Tune o di voci filtrate ormai disgustosamente attraverso una tastiera, vedo alcuni segnali di ripresa del Rock. Faccio due esempi, il primo di spessore e il secondo dal sapore eclatante, i Greta Van Fleet e i Maneskin, nulla di nuovo beninteso, ma spero che si concretizzi in un vero e proprio trend che faccia proseliti in tutto il mondo. 
 
Sei anche un pittore apprezzato, in costante attività. Strumenti e colori convivono o sono due forme espressive separate e distinte?
Il concetto che ho di me stesso è: quello che penso scrivo, quello che scrivo dipingo, quello che dipingo suono, quello che suono penso, sono un immaginifico visionario circolare.
 
Il periodo d’oro del rock ha coinciso con il dialogo tra le arti, dai Velvet Underground con Andy Warhol alle memorabili copertine di Pink Floyd e Genesis.  È tutto consegnato alla storia oppure intravedi nuove forme di connessione tra le arti?
Penso che la storia nell’Arte si ripete ogni volta che dalla società partono impulsi e stimoli che portano nuova linfa all’immaginazione e alla creazione di opere nuove, dove causa ed effetto si susseguono aggiornandosi di volta in volta, non escludo, ripescaggi di tendenze, stili e generi retrò.
 
Ludmann scrittore. È fresco il tuo nuovo libro L’allineamento. Un romanzo avvincente tra amore, tempo, riflessioni esistenziali e enigmi planetari. Cosa ha di diverso la scrittura rispetto a musica e pittura?
Queste forme d’Arte, almeno per me, sono la stessa cosa, sta all’Artista scegliere i materiali che gli sono più congeniali, spesso, come nel mio caso, le ritroviamo tutte e tre, cito in merito Bob Dylan, che era bravissimo anche nella tecnica pittorica…   
 
Vista la tua prolificità ci sarà di sicuro qualcosa di nuovo nel cassetto: cosa sta per accadere in casa Ludmann?
Ho già pronti due nuovi brani registrati sempre con Marco Ancona e conto, se tutto va bene, di tirare fuori un vinile 45 giri in primavera-estate 2022.
Il mese prossimo registrerò un altro brano composto in Novembre e sarà una sorpresa poiché diverso da tutti gli altri, inoltre è già in fase di montaggio il videoclip di Insufficiente Amore  a cui seguirà il videoclip di Split; saranno pubblicati a distanza di tre/quattro mesi uno dall’altro a partire da gennaio.
Per quanto riguarda la narrativa, conto entro il 2022 di pubblicare un nuovo romanzo, un Thriller psicologico ambientato nella Firenze pre-social.
 

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