Il cantautore ligure in questo periodo è in tour, sempre in giro in tutta Italia, e sempre in compagnia delle sue parole, della sua musica e dei suoi Almalibre.
In questo preciso momento, però, si ferma un attimo e si concede qualche minuto per una breve conversazione telefonica durante la quale risponde con la solita disponibilità ad alcune domande riguardo al suo nuovo album.
Zibba è tornato infatti con Muoviti svelto (Alma Factory, 2015), un lavoro come di consueto ricco di ospiti e in cui il suo cantautorato e alcuni arrangiamenti minimali incontrano amabilmente l’elettronica.
Muoviti svelto. Un messaggio dinamico e positivo?
Sì, esattamente. Hai raccolto in due parole quello che rappresenta questo titolo e quest’album in generale.
Bene. Il primo brano del disco è Farsi Male e lo canti insieme a Niccolò Fabi. Com’è nata la collaborazione con lui?
Beh, ho conosciuto Niccolò qualche anno fa, mentre artisticamente lo seguo da tanti anni. Credo sia una delle voci più belle e interessanti del nostro panorama italiano. Poi per me lui è un artista che ha inventato un suo stile e quindi averlo in un mio disco era sempre stato uno dei miei sogni. Sono contento che abbia voluto condividere con me il messaggio di questa canzone.
In Distanze invece c’è Bunna…
Sì, Bunna è un amico e ormai lo conosco da anni. Con lui ho fatto già altre cose e proprio per lui avevo scritto questa canzone, perché mi piaceva proprio l’idea che la cantasse.
All’interno di Muoviti svelto ci sono anche altri ospiti e quindi perché non citare Omar Pedrini, Patrick Benifei e Leo Pari…
Tutte le collaborazioni nascono per la voglia comune di fare qualcosa insieme. Ci si parla, ci si stima e si fanno cose insieme. Ormai per me non è più una novità e lo faccio in tutti gli album.
Invece è stato affidato ad Andrea Balestrieri, storico batterista degli Almalibre, un monologo presente in Ovunque…
Perché secondo me era la persona ideale per leggere il monologo di Matteo Monforte. Quelle parole dovevano essere lette da una voce come la sua, abbastanza neutrale e non teatrale, e doveva essere una cosa vera.
Nel tuo nuovo album si nota una più specifica introduzione dell’elettronica. Come sono nati gli arrangiamenti di questi nuovi pezzi?
Ci siamo ispirati a quell’ambiente musicale di fine anni ’70 dove c’erano musicisti che suonavano bene, ma dove cominciava ad intervenire anche un pochino di musica elettronica. In Italia ci sono stati Lucio Battisti, Pino Daniele, Lucio Dalla, Ivan Graziani… Molti suonavano cose molto vicine al blues o al rock ‘n’ roll, ma c’era pure l’elettronica ed era una cosa nuova per l’Italia.
Gli arrangiamenti sono “cambiati” perché è cambiato più il modo di suonare degli Almalibre o perché è cambiato più il tuo modo di scrivere?
Perché al 100 % è cambiato il mio modo di scrivere. Si cambia giorno per giorno e ogni giorno sono una persona diversa e mi viene voglia di scrivere una canzone diversa. Questo è normale ed è giusto, altrimenti sarei la stessa persona di un altro momento. È normale crescere e quindi la musica viene con te…
E anche “perché quello che siamo sul palco possa assomigliare il più possibile a quello che siamo nel quotidiano” come dici per introdurre il disco? Chi sono oggi, nel 2015, Zibba e gli Almalibre?
Sì, esatto, anche per quel motivo. Zibba e Almalibre sono una band che ha scelto di fare questa vita, rischiando giorno per giorno, ma sempre con il sorriso e con la voglia di fare quello che ama… più o meno questo…
“Ci aspettavamo concerti entusiasmanti per preferire poi morire” dici invece in uno degli ultimi brani del disco, Santaclara… cioè?
È una riflessione molto ampia. Dovremmo parlarne per ore e riguarda una cosa che non è quella che ti aspetti fra l’altro. È difficile rispondere a questa domanda in poche battute. Posso dire che certi testi sono molto più complessi di quello che sembrano. In ogni frase c’è un universo, se vuoi, o c’è un viaggio…
Un viaggio come quello grazie al quale è nato quest’album?
Sì. L’album è nato da questo lungo viaggio che è durato più di un anno… Un anno per pensare, concepire, scrivere, registrare… Un anno anche complesso per tutte le sue sfaccettature.
E quindi Muoviti svelto anche perché magari non c’è più tempo di godersi certi momenti?
Sì, anche… Il bello di una cosa del genere è che ognuno può interpretarla come preferisce. Il tempo che abbiamo a disposizione è poco e dovremmo sfruttarlo per fare qualcosa di positivo senza star lì a lamentarci continuamente.
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Muoviti svelto. Un messaggio dinamico e positivo?
Sì, esattamente. Hai raccolto in due parole quello che rappresenta questo titolo e quest’album in generale.
Bene. Il primo brano del disco è Farsi Male e lo canti insieme a Niccolò Fabi. Com’è nata la collaborazione con lui?
Beh, ho conosciuto Niccolò qualche anno fa, mentre artisticamente lo seguo da tanti anni. Credo sia una delle voci più belle e interessanti del nostro panorama italiano. Poi per me lui è un artista che ha inventato un suo stile e quindi averlo in un mio disco era sempre stato uno dei miei sogni. Sono contento che abbia voluto condividere con me il messaggio di questa canzone.
In Distanze invece c’è Bunna…
Sì, Bunna è un amico e ormai lo conosco da anni. Con lui ho fatto già altre cose e proprio per lui avevo scritto questa canzone, perché mi piaceva proprio l’idea che la cantasse.
All’interno di Muoviti svelto ci sono anche altri ospiti e quindi perché non citare Omar Pedrini, Patrick Benifei e Leo Pari…
Tutte le collaborazioni nascono per la voglia comune di fare qualcosa insieme. Ci si parla, ci si stima e si fanno cose insieme. Ormai per me non è più una novità e lo faccio in tutti gli album.
Invece è stato affidato ad Andrea Balestrieri, storico batterista degli Almalibre, un monologo presente in Ovunque…
Perché secondo me era la persona ideale per leggere il monologo di Matteo Monforte. Quelle parole dovevano essere lette da una voce come la sua, abbastanza neutrale e non teatrale, e doveva essere una cosa vera.
Nel tuo nuovo album si nota una più specifica introduzione dell’elettronica. Come sono nati gli arrangiamenti di questi nuovi pezzi?
Ci siamo ispirati a quell’ambiente musicale di fine anni ’70 dove c’erano musicisti che suonavano bene, ma dove cominciava ad intervenire anche un pochino di musica elettronica. In Italia ci sono stati Lucio Battisti, Pino Daniele, Lucio Dalla, Ivan Graziani… Molti suonavano cose molto vicine al blues o al rock ‘n’ roll, ma c’era pure l’elettronica ed era una cosa nuova per l’Italia.
Gli arrangiamenti sono “cambiati” perché è cambiato più il modo di suonare degli Almalibre o perché è cambiato più il tuo modo di scrivere?
Perché al 100 % è cambiato il mio modo di scrivere. Si cambia giorno per giorno e ogni giorno sono una persona diversa e mi viene voglia di scrivere una canzone diversa. Questo è normale ed è giusto, altrimenti sarei la stessa persona di un altro momento. È normale crescere e quindi la musica viene con te…
E anche “perché quello che siamo sul palco possa assomigliare il più possibile a quello che siamo nel quotidiano” come dici per introdurre il disco? Chi sono oggi, nel 2015, Zibba e gli Almalibre?
Sì, esatto, anche per quel motivo. Zibba e Almalibre sono una band che ha scelto di fare questa vita, rischiando giorno per giorno, ma sempre con il sorriso e con la voglia di fare quello che ama… più o meno questo…
“Ci aspettavamo concerti entusiasmanti per preferire poi morire” dici invece in uno degli ultimi brani del disco, Santaclara… cioè?
È una riflessione molto ampia. Dovremmo parlarne per ore e riguarda una cosa che non è quella che ti aspetti fra l’altro. È difficile rispondere a questa domanda in poche battute. Posso dire che certi testi sono molto più complessi di quello che sembrano. In ogni frase c’è un universo, se vuoi, o c’è un viaggio…
Un viaggio come quello grazie al quale è nato quest’album?
Sì. L’album è nato da questo lungo viaggio che è durato più di un anno… Un anno per pensare, concepire, scrivere, registrare… Un anno anche complesso per tutte le sue sfaccettature.
E quindi Muoviti svelto anche perché magari non c’è più tempo di godersi certi momenti?
Sì, anche… Il bello di una cosa del genere è che ognuno può interpretarla come preferisce. Il tempo che abbiamo a disposizione è poco e dovremmo sfruttarlo per fare qualcosa di positivo senza star lì a lamentarci continuamente.
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