Il 16 ottobre a Milano, presso l’Unicredit Pavilion di Piazza Gae Aulenti 10, Danilo Rea ha presentato Something in Our Way, il suo ultimo disco in cui riprende alcuni pezzi di Beatles e Rolling Stones.
In una soleggiata mattina d’autunno il pianista dal talento multiforme ha accolto la stampa con la track 1 del disco, Let It Be, incantando immediatamente i presenti.
Something in Our Way per Danilo Rea è un nuovo album in piano solo che come sempre rappresenta un punto di arrivo della sua vita. La scelta di arrangiare i brani di due band leggendariamente contrapposte è parte integrante del messaggio del pianista. «La musica è qualcosa che va oltre i generi, pura invenzione del marketing»; e in questo disco, in cui Beatles e Rolling Stones convivono pacificamente, la musica ritrova la sua essenza più vera. Convivono in perfetta armonia anche i loro “simboli” sulla copertina: le mele verdi per i Beatles (in ricordo del marchio della mitica Apple Records) e le pietre per gli Stones che decorano un pianoforte in bianco e nero e restituiscono vita a una natura morta. Per Danilo Rea la vita delle due band inglesi è eterna come il loro suono, che secondo lui è irriproducibile e tale irriproducibilità dovrebbe essere l’obiettivo di ogni musicista in un mondo in cui l’interpretazione tende all’omologazione.
Per affrontare questo lavoro il pianista ha lavorato per sottrazione. E lo spunto deve essere semplice, si scompone, e si riporta all’essenziale. «Sublimare armonicamente una melodia, prendi una cosa e la porti alle estreme conseguenze» dice Rea quando cerca di introdurre la sua idea di improvvisazione, per poi aggiungere: «L’improvvisazione è composizione estemporanea, il jazz si nutre di improvvisazione ma è un termine pericoloso che contiene in sé il seme della categorizzazione».
Oltre al confronto con le band che hanno fatto da colonna sonora a una generazione, il pianista si è dovuto confrontare anche con l’ardua selezione dei brani. Il repertorio dei due storici gruppi non è di certo un repertorio scarno. E allora spiega Danilo Rea che l’unico modo per scegliere i 16 brani è «la regola dell’onda: la musica deve avere una dinamica che tenga l’ascoltatore sempre in tensione senza farlo annoiare».
Una conferenza stampa ricca di spunti e di riflessioni sul profondo significato del jazz e del valore dell’improvvisazione; un contesto formale ma dai contenuti spontanei e sinceri. Nella struttura di legno a forma di seme (simbolo del seme della cultura che cerca di insidiarsi nella sterilità dei grandi palazzi della città milanese), Danilo Rea, per congedare la stampa, si è seduto al pianoforte e ha suonato non solo per i giornalisti, ma anche per i passanti che nella frenesia della routine quotidiana si sono immobilizzati davanti al ritmo molto più tenue della sua musica, quando l’Unicredit Pavilion ha aperto per loro le vetrate della struttura. Sulle note della sua versione di Stramberry Fields Forever (non presente nel disco) ci ha accompagnato gentilmente nel suo mondo e tra i nostri ricordi in una dimensione in cui pop e rock superano le dicotomie e si fondono nella freschezza e nell’ingenuità dello stile inconfondibile di un grande maestro.
In una soleggiata mattina d’autunno il pianista dal talento multiforme ha accolto la stampa con la track 1 del disco, Let It Be, incantando immediatamente i presenti.
Something in Our Way per Danilo Rea è un nuovo album in piano solo che come sempre rappresenta un punto di arrivo della sua vita. La scelta di arrangiare i brani di due band leggendariamente contrapposte è parte integrante del messaggio del pianista. «La musica è qualcosa che va oltre i generi, pura invenzione del marketing»; e in questo disco, in cui Beatles e Rolling Stones convivono pacificamente, la musica ritrova la sua essenza più vera. Convivono in perfetta armonia anche i loro “simboli” sulla copertina: le mele verdi per i Beatles (in ricordo del marchio della mitica Apple Records) e le pietre per gli Stones che decorano un pianoforte in bianco e nero e restituiscono vita a una natura morta. Per Danilo Rea la vita delle due band inglesi è eterna come il loro suono, che secondo lui è irriproducibile e tale irriproducibilità dovrebbe essere l’obiettivo di ogni musicista in un mondo in cui l’interpretazione tende all’omologazione.
Per affrontare questo lavoro il pianista ha lavorato per sottrazione. E lo spunto deve essere semplice, si scompone, e si riporta all’essenziale. «Sublimare armonicamente una melodia, prendi una cosa e la porti alle estreme conseguenze» dice Rea quando cerca di introdurre la sua idea di improvvisazione, per poi aggiungere: «L’improvvisazione è composizione estemporanea, il jazz si nutre di improvvisazione ma è un termine pericoloso che contiene in sé il seme della categorizzazione».
Oltre al confronto con le band che hanno fatto da colonna sonora a una generazione, il pianista si è dovuto confrontare anche con l’ardua selezione dei brani. Il repertorio dei due storici gruppi non è di certo un repertorio scarno. E allora spiega Danilo Rea che l’unico modo per scegliere i 16 brani è «la regola dell’onda: la musica deve avere una dinamica che tenga l’ascoltatore sempre in tensione senza farlo annoiare».
Una conferenza stampa ricca di spunti e di riflessioni sul profondo significato del jazz e del valore dell’improvvisazione; un contesto formale ma dai contenuti spontanei e sinceri. Nella struttura di legno a forma di seme (simbolo del seme della cultura che cerca di insidiarsi nella sterilità dei grandi palazzi della città milanese), Danilo Rea, per congedare la stampa, si è seduto al pianoforte e ha suonato non solo per i giornalisti, ma anche per i passanti che nella frenesia della routine quotidiana si sono immobilizzati davanti al ritmo molto più tenue della sua musica, quando l’Unicredit Pavilion ha aperto per loro le vetrate della struttura. Sulle note della sua versione di Stramberry Fields Forever (non presente nel disco) ci ha accompagnato gentilmente nel suo mondo e tra i nostri ricordi in una dimensione in cui pop e rock superano le dicotomie e si fondono nella freschezza e nell’ingenuità dello stile inconfondibile di un grande maestro.