Madison Square Garden, 12 dicembre 2012. Una data emblematica nel suo simbolismo, perfetta per lo svolgersi di un evento speciale. Qualcuno lo ha definito il più grande concerto della storia. In realtà quando si tratta di beneficenza, da sempre, i cast sono stellari e “unici”. Dal primo Live Aid al Live 8, passando per il concerto per le vittime dell’11 settembre. Levandoci quindi dal giochino stucchevole delle classifiche, resta il fatto che vedere su uno stesso palco sfilare Bruce Springsteen, Rolling Stones, Who, (una parte di) Pink Floyd, Eric Clapton e Paul McCartney basterebbe a far dire che il gotha della storia del rock era lì. Una fotografia esaltante con il solo difetto di guardare un po’ troppo al passato. Ma non è il caso di sottilizzare, tanto più che tutti erano lì allo scopo di raccogliere fondi che sarebbero poi andati alle vittime del devastante uragano Sandy e un simile cast è stato perfetto per raccogliere, tra biglietti e pay-per-view, milioni di dollari, che forse qualche giovanotto di belle speranze non avrebbe garantito allo stesso modo.
Riportare l’interezza del concerto era impossibile, tanto per questioni di spazio che per diritti, ma qualche taglio fatto con l’accetta non può che lasciare l’amaro in bocca. Inevitabile quindi fare i conti con quello che c’è, ma anche con le assenze. La più evidente delle quali riguarda l’evento nell’evento. Che si trattasse di una vera reunion dei Nirvana con Paul McCartney alla voce o semplicemente un Dave Grohl & Friends, è indubbio che gli occhi di quasi tutti erano puntati su quel momento speciale del concerto. E il fatto che l’inedito da loro cantato sia rimasto fuori è almeno tanto disturbante quanto la presenza di Adam Sandler che canta Halleluja con Donald Shaffer. Della lunga esibizione di Macca resiste, grazie al cielo, almeno una potente Helter Skelter. Per Springsteen peccato doversi accontentare di una Wrecking Ball al posto del duetto con Bon Jovi su Born To Run o dell’intensissima (e perfetta per l’occasione) My City Of Ruins.
Per qualcuno poi il tempo sembra aver lasciato segni meno pesanti, e così l’energia di Rolling Stones e Who bilancia la svogliata Miami 2017 di Billy Joel (decisamente meglio negli altri due brani). Pulito, all’eccesso, Roger Waters, con una Another Brick In The Wall che sembra fatta in studio e una Confortably Numb resa indimenticabile dall’apporto di Eddie Vedder. Chris Martin in versione acustica riesce a risultare meno stucchevole che con i Coldplay e duetta con il redivivo Michael Stipe in Losing My Religion. Sparito in toto il set di Kanye West. Tra momenti altissimi e bassini, resta il valore di documento senza dimenticare che anche i ricavati delle vendite del doppio cd andranno al Robin Hood Relief Fund.