Per la prima volta al mondo una biografia dedicata ai Savatage: un po’ strano, visto che si tratta di una band longeva e popolare…
È qualcosa che mi hanno detto in molti. In effetti, quando ci ho pensato la prima volta, il fatto che non ci fosse una biografia dedicata ai Savatage nemmeno su suolo americano, mi ha colpito. Ai tempi stavo lavorando ad un articolo riepilogativo, poi uscito su Metalitalia.com, a proposito della storia della band; pensai che lasciare che un così bel capitolo della storia dell’heavy metal classico rimanesse ancora una volta relegato a poche pagine riassunte su un portale mi sembrò in qualche modo ingiusto. Il tarlo di questo pensiero mi accompagnò fino a che non decisi di contattare la Tsunami per proporre il progetto.
Hai attinto a fonti inedite e alle testimonianze dei protagonisti: che reazioni hanno avuto Jon Oliva e compagni di fronte a un giovane giornalista italiano che cercava di ricostruire la loro vicenda?
In realtà le reazione in molti casi me le sono perse… molto del lavoro che è finito sul libro è stato svolto tramite corrispondenza elettronica. Quando ho cominciato a lavorare seriamente al progetto avevo in mano di inedito solo una intervista vocale fatta da me al Live di Trezzo a Jon Oliva, in occasione della sua discesa italica per il tour anniversario di Hall of The Mountain King. La fortuna ha voluto che incontrassi durante le prime fasi del lavoro su una fan page italiana Andrea ‘Rig’ Mariani, ex roadie e techy di Jon Oliva. Fu lui a mostrarsi davvero entusiasta del mio progetto, e si mise anima e corpo ad aiutarmi, girandomi i suoi vecchi contatti nel management della band. Sono arrivate così le prima interviste inedite a Zahner e Kinder, e poi l’intervista nostalgica a Wacholz. Infine, sempre tramite lui ho contattato Jon stesso un’altra volta… Il mio lavoro per Metal Maniac e Metalitalia.com ha fatto il resto: grazie a proposte di intervista e report sono riuscito ad andare a Wacken e tramite il management a incontrare di nuovo i ragazzi della band in occasione della reunion. Allora le reazioni furono calde e di felicità, ma il libro era già praticamente pronto. Dopo il Wacken chiusi il cerchio sul libro, e in settembre cominciai a lavorare alla sua revisione e alla bozza finale. Un po’ deludente forse come risposta, ma nell’era della comunicazione digitale Skype, Facebook e anche solo la semplice email sono lo strumento primario del giornalista musicale.
Savatage è un pezzo di storia fondamentale del metal americano, inevitabilmente legato alle sorti dei fratelli Oliva. Un rapporto burrascoso o sereno il loro?
Dai racconti che abbiamo, difficile immaginare due anime più legate fra loro. Certo, i litigi ci saranno stati, impossibile pensare che un carattere impulsivo e irrequieto come quello di Jon non cozzasse con lo sbalorditivo talento di Criss, ma il quadro generale dalle interviste che abbiamo anche precedenti la morte del fratello dipingono il loro rapporto come di grande complicità e armonia. Niente li ha mai allontanati, neppure lo split del 1992 quando Jon, dopo Streets, decise di abbandonare. Certo, ebbe da ingoiare un boccone amaro, rimase a New York a lungo mentre Criss tornò con la moglie in Florida, e cercò spesso la consolazione nella bottiglia e nella amara compagnia di Caffery, anche lui in un brutto periodo della propria vita, ma per Criss ci fu sempre. Ci fu quando si trattò di comporre i testi e le musiche per Edge Of Thorns, ci fu quando si trattò di scegliere il nuovo cantante e ci fu quando si trattò di organizzare il tour. Possiamo dire che nemmeno la morte di Criss li abbia separati: la chitarra bianca con la rosa c’è sempre e ovunque, in praticamente qualsiasi lavoro Jon abbia fatto dopo il ‘93.
Dischi come Sirens (83) e Power Of The Night (85) rientrano in pieno nel panorama metal USA, accanto a pionieri come Manowar, Virgin Steele e Warlord. Che differenze c’erano rispetto a questi colleghi?
Curioso, non ho mai pensato di paragonare la carriera dei Savatage alle band che hai citato. Il genere, il cosiddetto US Metal, è forse coincidente, ma le tempistiche degli avvenimenti accaduti in seno ai Savatage sono molto distanti rispetto a quelle formazioni. Gli album stilisticamente categorizzabili sotto la categoria heavy sono, come giustamente hai detto, i primi due, ma i Savatage mostrarono di arrivare in ritardo sul vorace mercato di quegli anni. Quando Judas Priest e Iron Maiden facevano i tour mondiali con Defenders Of The Faith e Powerslave, i Savatage si presentarono con un prodotto più acerbo, quando si trattò di dare l’affondo decisivo, il controverso Fight For The Rock sbagliò ad analizzare le esigenze di mercato e non diede il colpo del ko. I Savatage di Streets, Gutter Ballet e gli altri fanno un genere diverso, e non hanno quindi seguito i binari di band come Virgin Steele o Warlord. Secondo me, la differenza principale è stata proprio nelle tempistiche e nel modo in cui la loro musica si è approcciata un mercato in continua evoluzione come quello metal Anni ‘80.
Hall Of the Mountain King (87) è il disco della resurrezione, Gutter Ballet (89) quello della svolta. Entrambi sotto l’egida di un personaggio che sarà decisivo per il futuro: Paul O’ Neill.
Certo Paul O’Neill ha dato molti colpi di martello alla forma amorfa dei Savatage alla fine dell’86. È la figura del produttore che ‘conduce’ una band, che ci lavora fianco a fianco, che in qualche modo sembra condividerne gioie e dolori. La storia che ho narrato in Dietro Il Sipario si sofferma molto sui rapporti all’interno della band, una caratteristica che secondo me genera la vera unicità dei Savatage, e il rapporto tra O’Neill e i fratelli Oliva è sicuramente ben rappresentato. Oltre a fornire l’input per molti testi, lui ha contribuito anche a indirizzare le attenzioni di un sempre curioso e aperto a nuove influenze Jon verso un approccio più elegante, teatrale e maestoso. Certo, viene voglia di attribuire a Paul tutti i meriti, ma non dimentichiamo che O’Neill è comunque un personaggio difficile da inquadrare, fatto di molte luci ma anche di qualche ombra. Ad esempio, pare che fosse un vero schiavista durante le registrazioni, un perfezionista minuzioso e un discreto ‘scassaballe’.
Scherzi a parte, il mio parere è che comunque anche O’Neill avesse molto da guadagnare nel restare al fianco dei Savatage. Le testimonianze che ci arrivano da Jon e dagli altri membri della band lo dipingono come una sorta di messia salvatore, ma non dimentichiamoci che era ed è pur sempre un business man, e che lui in prima persona aveva di sicuro una buona fetta di interessi nel successo della band. Che poi siano diventati così amici da definirsi quasi una famiglia… è solo un miracolo della musica!
Con Streets (91) c’è il deciso passo verso forme metal più elaborate e progressive. Si tratta di un’opera rock: in che modo i Savatage interpretano il modulo già approfondito da Who, Genesis e Pink Floyd?
Soprattutto Tommy è stato grande fonte di ispirazione per la realizzazione di Streets, ma lo sviluppo della prima rock opera dei Savatage ha seguito comunque binari paralleli. Da un punto di vista prettamente lirico o narrativo, canovaccio, copione e sceneggiatura arrivavano da un mai finito progetto di O’Neill rivolto al teatro e esistente da anni. La vita sregolata di Oliva ha fornito poi spessore a un personaggio che mai avrebbe potuto calzare meglio a un interprete anche nella vita reale. La musica, così barocca e variegata, riprende la formula che la band provò con successo con Hall Of The Mountain King, estremizzandone la componente appunto elaborata e progressiva… C’è certamente qualcosa di Genesis e Pink Floyd nella musica di Streets, ma secondo me l’aspetto derivato dalla teatralità dei Queen ha avuto un impatto maggiore già su quel disco.
Nel 1993 muore Criss Oliva. Una perdita devastante per il gruppo ma anche per il mondo della chitarra, eppure il suo talento non è mai stato celebrato a dovere, non trovi?
Quando qualcuno muore prima del tempo si tende sempre a mitizzarlo un po’, ma in qualche caso, come Randy Rhoads, Dimebag Darrel e Criss Oliva possiamo dire che ogni parola positiva spesa per loro non sarà mai troppo. Quest’anno ci hanno lasciato grandi musicisti, addirittura vere e proprie icone (R.I.P, Lemmy), ma almeno per questi tre nomi rimane secondo me il rammarico di non aver sentito ‘tutto’. Voglio dire: di Randy – musicista il cui stile peraltro ha influito molto su quello di Criss – possiamo riascoltarci di continuo Crazy Train o Mr. Crowley… ma cosa ci sarebbe stato se quell’aereo non avesse colpito il tourbus su cui lui dormiva? Non potremmo mai saperlo, e nessuna parola potrà mai colmare questo vuoto. Con Criss la storia è stata simile: su Edge of Thorns scorgiamo fulgidi esempi della sua grandezza e nemmeno un segno di declino. Cosa sarebbe arrivato dopo? Non riesco nemmeno a pensare alle note che in qualche modo sono rimaste sparse sull’asfalto di quella strada della Florida, dove Criss ha trovato la morte. E comunque, per rispondere alla tua domanda, sì, anche a mio avviso si tratta di un chitarrista mai troppo celebrato. Ma forse anche questo contribuisce a renderlo grande.
Il periodo post-Oliva contiene due dischi assai significativi per l’affermazione del prog-metal, Dead Winter Dead (95) e The Wake Of Magellan (98). Secondo te quali erano le differenze rispetto al filone metal-prog capitanato dai Dream Theater?
Ritengo che le due cose siano poco confrontabili. I Savatage arrivarono al loro concetto di metallo progressivo attraverso una strada lunga e tortuosa, un percorso durante il quale innumerevoli sfumature, ombre e pennellate si sono attaccate alla loro musica. I Dream Theater arrivano nel ’92 con un album, Images And Words, che nasceva con l’intento di proporre esattamente quel tipo di musica. Riesco a spiegare la differenza? I Savatage sono arrivati al progressive metal, le band che seguiranno le orme dei Dream Theater e loro stessi sono partiti da quel concetto. È molto diverso, soprattutto negli intenti. La complessità e l’utilizzo delle tastiere nei Savatage erano subordinati a una storia che richiedeva una musica di un certo tipo per essere trasmessa, nel progressive metal in generale, la musica plasma quello che ci sta intorno, dal concetto lirico all’immagine stessa delle band. Ritengo Dead Winter Dead e Wake Of Magellan molto ‘storiocentrici’, se mi passi la parola completamente inventata, mentre un Images And Words parte molto dal pentagramma.
Il modulo concept caro ai Savatage è stato molto gettonato in ambiente metal dopo la sbornia progressive anni ’70. Come ti spieghi questa predilezione di Oliva e O’ Neill?
Una sola parola: teatro. La visita di Jon al teatro di Broadway per la visione del Fantasma dell’Opera in un suo giorno di svago è stata una vera e propria folgorazione. Dopo quell’evento hanno preso forma Where The Crowds Are Gone e Gutter Ballet, primo trittico di canzoni collegate da un concetto di fondo. Streets è partito da un copione scritto espressamente per il teatro, e Dead Winter Dead, Wake Of Magellan e Poets And Madmen si sono costruiti intorno a eventi di cronaca e eroi dei tempi moderni. La mia impressione è che i Savatage hanno sempre voluto ‘comunicare’ qualcosa più che narrarla ed è per questo che, a parte Streets, gli altri concept si appoggiano più a scene metaforiche pregne di una morale ben definita piuttosto che a una storia con una precisa scansione cronologica. I Savatage mi danno l’impressione di essere più da immagini e sottointesi piuttosto che da trama fissa e definita…
Parallelamente ai Savatage sono nati Doctor Butcher e Trans-Siberian Orchestra, poi le esperienze Circle II Circle e Jon Oliva’s Pain. Quali le differenze e quali le somiglianze tra i Savatage e questi spin-off?
A parte per i Doctor Butcher, che segnano una rottura anche emotiva con il filone Savatage a causa del periodo in cui sono nati, ovvero quello dell’allontanamento di Jon dalla band, tutte le altre che hai nominato hanno molto dei Savatage, vecchi o nuovi che siano. La Transiberian Orchestra nasce dalla riedizione del singolo Christmas Eve estratto da Dead Winter Dead, quindi porta avanti un discorso di concept metaforici supportati da una musica elegante e progressiva. I Circle II Circle, anche se più radicati nel semplice US Metal, non abbandonano il pentagramma delle varie Chance, Not What You See e Handful Of Rain, e hanno come ulteriore trait-d’union il timbro molto personale di Zakk. I JOP… come dice Jon stesso sarebbero i vecchi Savatage prima di Handful Of Rain, e spesso recuperavano pezzi di idee o bozze di musica scritta con Criss prima della di lui morte. Insomma, tutte queste band sono a tutti gli effetti costole della stessa band madre…
Dopo la reunion a Wacken la scorsa estate, cosa bolle in pentola Savatage?
Bisogna chiederlo a O’Neill. Lo show del Wacken ha mostrato secondo me che buona parte dell’hype creato dall’annuncio della reunion dei Savatage aveva il non espresso scopo di funzionare da cassa di risonanza mediatica per la Transiberian Orchestra, e così è stato. Mi spiace appiattire il tutto, ma lo show, per quanto abbia visto dei grandi Savatage ancora felici di essere su un palco assieme, è stato comunque progettato, orchestrato e messo in onda da O’Neill e dalla TSO. A giudicare dalle dichiarazioni raccolte il giorno dopo e dai volti entusiasti di Caffery e Stevens supponiamo che ci saranno altri show, ma da qui a dirti che ci sarà un nuovo tour o un nuovo album mi ci vuole la palla di cristallo. Che purtroppo non ho…
È qualcosa che mi hanno detto in molti. In effetti, quando ci ho pensato la prima volta, il fatto che non ci fosse una biografia dedicata ai Savatage nemmeno su suolo americano, mi ha colpito. Ai tempi stavo lavorando ad un articolo riepilogativo, poi uscito su Metalitalia.com, a proposito della storia della band; pensai che lasciare che un così bel capitolo della storia dell’heavy metal classico rimanesse ancora una volta relegato a poche pagine riassunte su un portale mi sembrò in qualche modo ingiusto. Il tarlo di questo pensiero mi accompagnò fino a che non decisi di contattare la Tsunami per proporre il progetto.
Hai attinto a fonti inedite e alle testimonianze dei protagonisti: che reazioni hanno avuto Jon Oliva e compagni di fronte a un giovane giornalista italiano che cercava di ricostruire la loro vicenda?
In realtà le reazione in molti casi me le sono perse… molto del lavoro che è finito sul libro è stato svolto tramite corrispondenza elettronica. Quando ho cominciato a lavorare seriamente al progetto avevo in mano di inedito solo una intervista vocale fatta da me al Live di Trezzo a Jon Oliva, in occasione della sua discesa italica per il tour anniversario di Hall of The Mountain King. La fortuna ha voluto che incontrassi durante le prime fasi del lavoro su una fan page italiana Andrea ‘Rig’ Mariani, ex roadie e techy di Jon Oliva. Fu lui a mostrarsi davvero entusiasta del mio progetto, e si mise anima e corpo ad aiutarmi, girandomi i suoi vecchi contatti nel management della band. Sono arrivate così le prima interviste inedite a Zahner e Kinder, e poi l’intervista nostalgica a Wacholz. Infine, sempre tramite lui ho contattato Jon stesso un’altra volta… Il mio lavoro per Metal Maniac e Metalitalia.com ha fatto il resto: grazie a proposte di intervista e report sono riuscito ad andare a Wacken e tramite il management a incontrare di nuovo i ragazzi della band in occasione della reunion. Allora le reazioni furono calde e di felicità, ma il libro era già praticamente pronto. Dopo il Wacken chiusi il cerchio sul libro, e in settembre cominciai a lavorare alla sua revisione e alla bozza finale. Un po’ deludente forse come risposta, ma nell’era della comunicazione digitale Skype, Facebook e anche solo la semplice email sono lo strumento primario del giornalista musicale.
Savatage è un pezzo di storia fondamentale del metal americano, inevitabilmente legato alle sorti dei fratelli Oliva. Un rapporto burrascoso o sereno il loro?
Dai racconti che abbiamo, difficile immaginare due anime più legate fra loro. Certo, i litigi ci saranno stati, impossibile pensare che un carattere impulsivo e irrequieto come quello di Jon non cozzasse con lo sbalorditivo talento di Criss, ma il quadro generale dalle interviste che abbiamo anche precedenti la morte del fratello dipingono il loro rapporto come di grande complicità e armonia. Niente li ha mai allontanati, neppure lo split del 1992 quando Jon, dopo Streets, decise di abbandonare. Certo, ebbe da ingoiare un boccone amaro, rimase a New York a lungo mentre Criss tornò con la moglie in Florida, e cercò spesso la consolazione nella bottiglia e nella amara compagnia di Caffery, anche lui in un brutto periodo della propria vita, ma per Criss ci fu sempre. Ci fu quando si trattò di comporre i testi e le musiche per Edge Of Thorns, ci fu quando si trattò di scegliere il nuovo cantante e ci fu quando si trattò di organizzare il tour. Possiamo dire che nemmeno la morte di Criss li abbia separati: la chitarra bianca con la rosa c’è sempre e ovunque, in praticamente qualsiasi lavoro Jon abbia fatto dopo il ‘93.
Dischi come Sirens (83) e Power Of The Night (85) rientrano in pieno nel panorama metal USA, accanto a pionieri come Manowar, Virgin Steele e Warlord. Che differenze c’erano rispetto a questi colleghi?
Curioso, non ho mai pensato di paragonare la carriera dei Savatage alle band che hai citato. Il genere, il cosiddetto US Metal, è forse coincidente, ma le tempistiche degli avvenimenti accaduti in seno ai Savatage sono molto distanti rispetto a quelle formazioni. Gli album stilisticamente categorizzabili sotto la categoria heavy sono, come giustamente hai detto, i primi due, ma i Savatage mostrarono di arrivare in ritardo sul vorace mercato di quegli anni. Quando Judas Priest e Iron Maiden facevano i tour mondiali con Defenders Of The Faith e Powerslave, i Savatage si presentarono con un prodotto più acerbo, quando si trattò di dare l’affondo decisivo, il controverso Fight For The Rock sbagliò ad analizzare le esigenze di mercato e non diede il colpo del ko. I Savatage di Streets, Gutter Ballet e gli altri fanno un genere diverso, e non hanno quindi seguito i binari di band come Virgin Steele o Warlord. Secondo me, la differenza principale è stata proprio nelle tempistiche e nel modo in cui la loro musica si è approcciata un mercato in continua evoluzione come quello metal Anni ‘80.
Hall Of the Mountain King (87) è il disco della resurrezione, Gutter Ballet (89) quello della svolta. Entrambi sotto l’egida di un personaggio che sarà decisivo per il futuro: Paul O’ Neill.
Certo Paul O’Neill ha dato molti colpi di martello alla forma amorfa dei Savatage alla fine dell’86. È la figura del produttore che ‘conduce’ una band, che ci lavora fianco a fianco, che in qualche modo sembra condividerne gioie e dolori. La storia che ho narrato in Dietro Il Sipario si sofferma molto sui rapporti all’interno della band, una caratteristica che secondo me genera la vera unicità dei Savatage, e il rapporto tra O’Neill e i fratelli Oliva è sicuramente ben rappresentato. Oltre a fornire l’input per molti testi, lui ha contribuito anche a indirizzare le attenzioni di un sempre curioso e aperto a nuove influenze Jon verso un approccio più elegante, teatrale e maestoso. Certo, viene voglia di attribuire a Paul tutti i meriti, ma non dimentichiamo che O’Neill è comunque un personaggio difficile da inquadrare, fatto di molte luci ma anche di qualche ombra. Ad esempio, pare che fosse un vero schiavista durante le registrazioni, un perfezionista minuzioso e un discreto ‘scassaballe’.
Scherzi a parte, il mio parere è che comunque anche O’Neill avesse molto da guadagnare nel restare al fianco dei Savatage. Le testimonianze che ci arrivano da Jon e dagli altri membri della band lo dipingono come una sorta di messia salvatore, ma non dimentichiamoci che era ed è pur sempre un business man, e che lui in prima persona aveva di sicuro una buona fetta di interessi nel successo della band. Che poi siano diventati così amici da definirsi quasi una famiglia… è solo un miracolo della musica!
Con Streets (91) c’è il deciso passo verso forme metal più elaborate e progressive. Si tratta di un’opera rock: in che modo i Savatage interpretano il modulo già approfondito da Who, Genesis e Pink Floyd?
Soprattutto Tommy è stato grande fonte di ispirazione per la realizzazione di Streets, ma lo sviluppo della prima rock opera dei Savatage ha seguito comunque binari paralleli. Da un punto di vista prettamente lirico o narrativo, canovaccio, copione e sceneggiatura arrivavano da un mai finito progetto di O’Neill rivolto al teatro e esistente da anni. La vita sregolata di Oliva ha fornito poi spessore a un personaggio che mai avrebbe potuto calzare meglio a un interprete anche nella vita reale. La musica, così barocca e variegata, riprende la formula che la band provò con successo con Hall Of The Mountain King, estremizzandone la componente appunto elaborata e progressiva… C’è certamente qualcosa di Genesis e Pink Floyd nella musica di Streets, ma secondo me l’aspetto derivato dalla teatralità dei Queen ha avuto un impatto maggiore già su quel disco.
Nel 1993 muore Criss Oliva. Una perdita devastante per il gruppo ma anche per il mondo della chitarra, eppure il suo talento non è mai stato celebrato a dovere, non trovi?
Quando qualcuno muore prima del tempo si tende sempre a mitizzarlo un po’, ma in qualche caso, come Randy Rhoads, Dimebag Darrel e Criss Oliva possiamo dire che ogni parola positiva spesa per loro non sarà mai troppo. Quest’anno ci hanno lasciato grandi musicisti, addirittura vere e proprie icone (R.I.P, Lemmy), ma almeno per questi tre nomi rimane secondo me il rammarico di non aver sentito ‘tutto’. Voglio dire: di Randy – musicista il cui stile peraltro ha influito molto su quello di Criss – possiamo riascoltarci di continuo Crazy Train o Mr. Crowley… ma cosa ci sarebbe stato se quell’aereo non avesse colpito il tourbus su cui lui dormiva? Non potremmo mai saperlo, e nessuna parola potrà mai colmare questo vuoto. Con Criss la storia è stata simile: su Edge of Thorns scorgiamo fulgidi esempi della sua grandezza e nemmeno un segno di declino. Cosa sarebbe arrivato dopo? Non riesco nemmeno a pensare alle note che in qualche modo sono rimaste sparse sull’asfalto di quella strada della Florida, dove Criss ha trovato la morte. E comunque, per rispondere alla tua domanda, sì, anche a mio avviso si tratta di un chitarrista mai troppo celebrato. Ma forse anche questo contribuisce a renderlo grande.
Il periodo post-Oliva contiene due dischi assai significativi per l’affermazione del prog-metal, Dead Winter Dead (95) e The Wake Of Magellan (98). Secondo te quali erano le differenze rispetto al filone metal-prog capitanato dai Dream Theater?
Ritengo che le due cose siano poco confrontabili. I Savatage arrivarono al loro concetto di metallo progressivo attraverso una strada lunga e tortuosa, un percorso durante il quale innumerevoli sfumature, ombre e pennellate si sono attaccate alla loro musica. I Dream Theater arrivano nel ’92 con un album, Images And Words, che nasceva con l’intento di proporre esattamente quel tipo di musica. Riesco a spiegare la differenza? I Savatage sono arrivati al progressive metal, le band che seguiranno le orme dei Dream Theater e loro stessi sono partiti da quel concetto. È molto diverso, soprattutto negli intenti. La complessità e l’utilizzo delle tastiere nei Savatage erano subordinati a una storia che richiedeva una musica di un certo tipo per essere trasmessa, nel progressive metal in generale, la musica plasma quello che ci sta intorno, dal concetto lirico all’immagine stessa delle band. Ritengo Dead Winter Dead e Wake Of Magellan molto ‘storiocentrici’, se mi passi la parola completamente inventata, mentre un Images And Words parte molto dal pentagramma.
Il modulo concept caro ai Savatage è stato molto gettonato in ambiente metal dopo la sbornia progressive anni ’70. Come ti spieghi questa predilezione di Oliva e O’ Neill?
Una sola parola: teatro. La visita di Jon al teatro di Broadway per la visione del Fantasma dell’Opera in un suo giorno di svago è stata una vera e propria folgorazione. Dopo quell’evento hanno preso forma Where The Crowds Are Gone e Gutter Ballet, primo trittico di canzoni collegate da un concetto di fondo. Streets è partito da un copione scritto espressamente per il teatro, e Dead Winter Dead, Wake Of Magellan e Poets And Madmen si sono costruiti intorno a eventi di cronaca e eroi dei tempi moderni. La mia impressione è che i Savatage hanno sempre voluto ‘comunicare’ qualcosa più che narrarla ed è per questo che, a parte Streets, gli altri concept si appoggiano più a scene metaforiche pregne di una morale ben definita piuttosto che a una storia con una precisa scansione cronologica. I Savatage mi danno l’impressione di essere più da immagini e sottointesi piuttosto che da trama fissa e definita…
Parallelamente ai Savatage sono nati Doctor Butcher e Trans-Siberian Orchestra, poi le esperienze Circle II Circle e Jon Oliva’s Pain. Quali le differenze e quali le somiglianze tra i Savatage e questi spin-off?
A parte per i Doctor Butcher, che segnano una rottura anche emotiva con il filone Savatage a causa del periodo in cui sono nati, ovvero quello dell’allontanamento di Jon dalla band, tutte le altre che hai nominato hanno molto dei Savatage, vecchi o nuovi che siano. La Transiberian Orchestra nasce dalla riedizione del singolo Christmas Eve estratto da Dead Winter Dead, quindi porta avanti un discorso di concept metaforici supportati da una musica elegante e progressiva. I Circle II Circle, anche se più radicati nel semplice US Metal, non abbandonano il pentagramma delle varie Chance, Not What You See e Handful Of Rain, e hanno come ulteriore trait-d’union il timbro molto personale di Zakk. I JOP… come dice Jon stesso sarebbero i vecchi Savatage prima di Handful Of Rain, e spesso recuperavano pezzi di idee o bozze di musica scritta con Criss prima della di lui morte. Insomma, tutte queste band sono a tutti gli effetti costole della stessa band madre…
Dopo la reunion a Wacken la scorsa estate, cosa bolle in pentola Savatage?
Bisogna chiederlo a O’Neill. Lo show del Wacken ha mostrato secondo me che buona parte dell’hype creato dall’annuncio della reunion dei Savatage aveva il non espresso scopo di funzionare da cassa di risonanza mediatica per la Transiberian Orchestra, e così è stato. Mi spiace appiattire il tutto, ma lo show, per quanto abbia visto dei grandi Savatage ancora felici di essere su un palco assieme, è stato comunque progettato, orchestrato e messo in onda da O’Neill e dalla TSO. A giudicare dalle dichiarazioni raccolte il giorno dopo e dai volti entusiasti di Caffery e Stevens supponiamo che ci saranno altri show, ma da qui a dirti che ci sarà un nuovo tour o un nuovo album mi ci vuole la palla di cristallo. Che purtroppo non ho…