10/11/2015

Jean Michel Jarre, Electronica Part 1: The Time Machine

Un breve incontro con l’artista francese per parlare del suo nuovo disco con tanti illustri collaboratori (tra cui Pete Townshend e Laurie Anderson)
Quindici collaboratori per un disco di inediti dove uno dei pionieri della musica elettronica riesce a dialogare con artisti provenienti da altri mondi musicali senza perdere mai di vista il proprio.
Si può sintetizzare in questo modo Electronica Part 1: The Time Machine, nuovo disco di Jean Michel Jarre, pubblicato lo scorso 16 ottobre. L’artista francese ha ospitato all’interno del suo nuovo lavoro Gesaffelstein e Little Boots, ma anche Massive Attack e Moby o altri precursori come Tangerine Dream e John Carpenter.
 
Il progetto è partito cinque anni fa e ci sono voluti poi quattro anni per portare a termine le registrazioni.
«Ci ho messo così tanto tempo, perché il modello artistico del progetto è diverso da quello a cui siamo abituati – ha dichiarato Jean Michel Jarre in una situazione abbastanza intima, creatasi sin dalle prime battute con i giornalisti presenti all’Hotel De La Ville di Monza. – Ho voluto scegliere, contattare, incontrare personalmente gli artisti e condividere il momento magico in cui tiri fuori la musica. Sono tutti artisti, quelli che hanno preso parte al mio disco, da cui in parte mi sento influenzato e il cui suono è strettamente riconoscibile. Questo è il senso del progetto».
 
Tra le tante collaborazioni illustri ci sono anche quelle con Pete Townshend e Laurie Anderson. A proposito del chitarrista degli Who Jean Michel Jarre ha detto: «Lo volevo fortemente. Abbiamo lo stesso modo di vedere le cose e dal punto di vista artistico molto simile, pur appartenendo a generi musicali differenti. Entrambi abbiamo cercato di togliere i freni alle nostre scene musicali».
Laurie Anderson è invece un’amica di vecchia data e avevano già lavorato insieme. E l’artista francese a tal proposito ha poi aggiunto: «Laurie è stata un’innovatrice per la voce e per tutti i software che ci sono adesso come Auto-Tune, Melodyne… sono tutti “figli” del lavoro pioneristico fatto da Laurie Anderson.
Ho voluto concepire per lei una love song molto dark per due motivi: principalmente perché è una nerd, appassionata di elettronica e grande consumatrice; e poi perché al giorno d’oggi c’è un po’ una relazione “malata”, quasi sessuale, con i nostri smartphone, in quanto tocchiamo più spesso i nostri smartphone dei nostri partner!».
 
Ma come mai il nuovo album si intitola Electronica? «Per due ragioni: primo, perché mi sono reso conto con stupore che il titolo non è stato molto usato in ambito elettronico e poi perché l’elettronica rappresenta la tecnologia, l’innovazione e anche una certa parte femminile che vedo in Laurie Anderson. Lei è come la nipote di Elettra, dea della luce, e può rappresentare pienamente la faccia femminile dell’elettronica».
Il “sottotitolo” The Time Machine è nato invece dal momento in cui Jean Michel Jarre ha dovuto creare un visual per pubblicizzare l’album. Tutto è partito dal primo brano che era già pronto e cioè proprio da The Time Machine.
 
Riepilogando e non solo: il 16 ottobre è uscita la Part 1 e approssimativamente per marzo sarà pubblicata la Part 2, un disco collegato al precedente, ma ancora in fase di lavorazione e di cui ancora non si conosce il titolo.
La suddivisione in due volumi è dovuta al fatto che tutti o quasi gli interpellati hanno accettato di collaborare con l’artista francese.
«Troppe collaborazioni nuove e quindi non si riusciva a inserirle tutte nello stesso album – ha affermato infatti Jarre. – Questa è una situazione del tutto inedita e sono molto felice e molto carico non solo per il mio lavoro, ma anche per le collaborazioni eccellenti. Mi fa piacere che tante persone abbiano aperto i loro studi, rivelando i loro segreti nell’ambito della musica elettronica, perché quando vai nello studio di uno che fa musica elettronica scopri le sue tecniche, il suo modo di lavorare, i suoi punti deboli e questa è una cosa insolita che mi rende molto felice»… e che rende ancor più curioso l’ascolto del primo volume, in attesa del secondo.

 
 

 

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