04/03/2022

La nascita del black metal secondo Fabio Rossi: i Bathory

Officina di Hank pubblica il libro sulla seminale band svedese
Non si vive di solo prog e rock’n’blues. Lo sa bene Fabio Rossi, che ha sempre coltivato il suo amore per la cultura metal, parallelamente ai suoi studi sui generi predetti, divenuti fortunati libri per Chinaski trasformatasi di recente in Officina di Hank. Con la casa editrice genovese l’autore romano si è ora soffermato sulla vicenda dei Bathory, la storica e influente formazione svedese, creatura del compianto Quorthon. Più che una cult-band, come ci rivela Fabio in Bathory. La band che cambiò l’heavy metal.  
 
Il sottotitolo è potente: “La band che cambiò l’heavy metal”. Come e quando i Bathory hanno compiuto ciò?
La genialità di Quorthon e dei suoi Bathory risiede nel fatto di aver saputo tracciare nel tempo due direttrici artistiche, esplorando territori diversi tra loro e assolutamente innovativi nell’ambito dell’Heavy Metal. In una prima fase il gruppo s’incentrò su un sound veloce, violento, rabbioso con testi satanici e anticristiani. Insieme ai Venom la band di Quorthon, in realtà una one-man-band, seppe gettare le basi di un genere nuovo: il black metal. In un’epoca successiva tale percorso fu gradatamente abbandonato in favore di una maggiore epicità tesa a esaltare il periodo norreno. Nacque in tal modo il viking metal che ha ispirato innumerevoli gruppi.
Credo che nella storia della musica rock & metal ben pochi musicisti possano vantare una duplice impresa di tale portata nell’arco di un’unica carriera. Anzi, a ben pensarci, mi vengono in mente solo i Beatles…
 
Dicevi di una one-man band, dunque parlare dei Bathory significa parlare di Quorthon. È possibile separare le due entità o coincidono totalmente?
A parte l’album d’esordio dove i Bathory possono definirsi a tutti gli effetti una formazione coesa, per il resto si può parlare di un progetto ruotante attorno alla sola figura di Quorthon. Nel progressive un caso analogo accadde con i King Crimson che dopo il mastodontico debutto si trasformarono nella band di Robert Fripp.
 
Facciamo un passo indietro, andando alle origini e a un periodo felicissimo per il metal internazionale. 1984, il debutto Bathory, 1985 il bis The Return… Cosa si annidava in questi due seminali album?
Ricordo ancora quando a casa di un mio amico ascoltai il primo disco dei Bathory, quello con il caprone in copertina. Era appena uscito e rimasi sbigottito perché nessuno aveva mai suonato in quel modo fino a quel momento. La malvagità assoluta esplode dirompente dall’inizio alla fine. In The Return… il clima riesce addirittura a essere ancora più cupo e denso di odio verso il cristianesimo. Tutto ciò si annidava in quei long playing e quanto li adoravo!
 
Dopo questa doppietta Quorthon entra nella storia. L’impatto di Under the Sign of the Black Mark è memorabile. È così che nasce il black metal?
I dettami del black metal sono presenti in embrione nei primi due dischi, ma esplodono dirompenti in Under the Sign of the Black Mark. L’album della svolta di quello che diventerà un genere di culto specie in Norvegia. Tracce come la devastante Massacre, Woman of Dark Desires – dedicata alla Contessa Bathory –
e la lunga Enter the Eternal Fire, che già preannunciava la futura direzione epicheggiante intrapresa con la release successiva, non passano di certo inosservate. Un disco musicalmente ossessivo e tremendamente affascinante.
 
Sono stati tanti gli episodi – non solo in Europa ma anche in California o in Florida – di metal malefico. Parallelamente ai Bathory, quali gruppi ritieni siano stati altrettanto influenti?
Meritano menzione i primi Slayer e Sepultura, Celtic Frost, Sarcofago, Mercyful Fate, Sodom, Mayhem e tante altre formazioni tra cui gli italiani Death SS. Ognuna di queste aveva delle caratteristiche che nel loro insieme hanno forgiato il black metal. Ritengo, comunque, che far risalire la genesi del movimento a Quorthon sia doveroso, sebbene so che la questione sia molto dibattuta. Adesso mi attiro le ire dei fan dei Venom! Sulla storia del proto black metal consiglio la lettura di Benvenuti all’Inferno dell’amico Flavio Adducci, reperibile nel catalogo di Officina di Hank.
 
Nel 1990 un’altra svolta con Hammerheart. Perché si parla di metal vichingo?
Quorthon pensò che fosse giunto il momento di smettere di accanirsi contro coloro che in nome di Cristo distrussero la cultura norrena utilizzando la formula sinora adottata. Voleva farlo ancora, questo è certo, ma in un modo totalmente diverso e più maturo, raccontando l’epopea dei Vichinghi attraverso liriche ispirate e una musica fortemente epica e intrisa di malinconia. Hammerheart è una delle pietre miliari della storia del metal. Quando ascolto One Rode to Asa Bay mi vengono i brividi ancora oggi.
 
Quorthon è stato un personaggio complesso, dai notevoli interessi culturali ma anche schivo e distaccato. Non è un caso che non si sia mai esibito: questo ha aumentato l’aura di leggenda intorno alla sua figura?
Indubbiamente si tratta di un personaggio misterioso. Le notizie su di lui sono poche e frammentarie e una certa omertà è addirittura percepibile al giorno d’oggi. Scrivere una monografia su un uomo così schivo, nello stesso tempo piuttosto burlone e che, per di più, non ha mai tenuto concerti dal vivo, è stata davvero un’impresa ardua per me. Su quest’ultimo aspetto sul mio libro avanzo la tesi che lui sapesse da sempre di avere problemi al cuore; forse è per questo motivo che non si è mai preoccupato a organizzare dei tour che si sarebbero rivelati troppo stressanti. 
 
Gli anni ’90 e 2000 dei Bathory non sono stati all’altezza del periodo precedente, inoltre la morte di Quorthon impedì il completamento della tetralogia Nordland. Pensi che avrebbe avuto ancora molto da dire?
La carriera di ogni musicista è contrassegnata da alti e bassi. Quorthon, quando optò per il thrash, fece una scelta poco felice vista la riuscita non proprio memorabile di Requiem e Octagon. Anche i suoi due dischi solisti lasciano il tempo che trovano, sebbene alcuni pezzi li trovo accattivanti. Quando riprese il filone viking lo fece alla grande con perle quali Blood on Ice, Nordland I e II. Purtroppo la sua prematura scomparsa ha impedito il completamento della tetralogia nordica. Sì, credo che avrebbe potuto dare ancora tanto all’heavy metal. Manca tanto a tutti.
 

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