08/07/2013

L’anniversario dei Beatles e lo specchio del tempo

56 anni fa Lennon e McCartney si univano in un “matrimonio” epocale

La storia dei Beatles ebbe inizio sabato 6 luglio 1957.
In quella data, nella chiesa di St. Peter a Liverpool, in occasione della festa annuale della parrocchia, era in corso un’esibizione dei Quarrymen, un gruppo skiffle di cui era leader il sedicenne John Lennon. Ivan Vaughan, già compagno delle elementari di John ed ex componente della band, gli presentò il quindicenne Paul McCartney, all’epoca suo compagno di scuola al Liverpool Institute. Paul si presentò suonando Long Tall Sally di Little Richard e Twenty Flight Rock di Eddie Cochran. Durante le sue esibizioni, John usava cambiare parole e accordi a suo piacimento; oltre che dall’abilità di Paul alla chitarra, rimase quindi colpito dalla sua memoria, dato che ricordava alla perfezione i testi delle canzoni che eseguiva. Sebbene John ben sapesse che invitare Paul a far parte del gruppo avrebbe significato condividerne la leadership, si risolse ben presto a farlo entrare nei Quarrymen”. (da wikipedia)
Ogni storia spesso inizia da un incontro casuale, talvolta insignificante. Il destino ha i suoi segreti per far sbattere il naso delle persone l’uno contro l’altro in modo da creare nuove trame e stravolgere il corso del tempo. Se Paul McCartney avesse avuto meno memoria, se magari si fosse ubriacato la sera prima e non fosse stato in grado di essere lucido davanti a Lennon, i Beatles non sarebbero mai esistiti. La storia in fondo è fatta da una infinita catena di insignificanti dettagli, anche quella della musica.
Oggi sono passati esattamente 56 anni da quel 6 luglio ed è di nuovo sabato.
Personalmente se mia madre non mi avesse comprato il 45 giri di ‘Ob-La-Di Ob-La-Da’ da suonare nel mangiadischi di plastica arancione quando ero appena approdata sul pianeta Terra, io non sarei qui a scrivere di musica. I Beatles sono stati il mio primo grande amore musicale e quando le mie amiche baciavano i primi ragazzi in spiaggia sulle note melense di Claudio Baglioni, io me ne stavo in disparte ascoltandomi ‘gli scarafaggi’ su un mangiacassette, sognando Londra.
A Londra riuscii a farmi mandare nel 1982 e al posto dei Beatles ci trovai due punk con la cresta che si scazzottavano da Wimpy, un rastafari con i dreadlocks che si fumava un joint su una panchina, e due gay vestiti come Boy George che si baciavano sulla bocca. Però quella esperienza fu determinante per la mia vita, e mi avrebbe aperto gli orizzonti verso il post-punk, il reggae e tutta la musica di plastica degli anni ottanta.
Anche Kurt Cobain amava i Beatles. Se il biondo cantante dei Nirvana non avesse apprezzato Lennon i pezzi intramontabili di ‘Nevermind’ non sarebbero mai stati scritti così, con quella magica immediatezza capace di entrare d’acchito nel cuore delle persone e ‘Smells Like Teen Spirit’ non sarebbe mai diventata un inno generazionale.
Questione di tempi. Nell’anno del Signore 2013 il verbo del rock è ancora veicolato dai ‘grandi vecchi’, coloro che ne hanno sentito il richiamo primario e hanno creduto che potesse cambiare la storia. In effetti l’ha fatto. L’altra sera ad ascoltare i Black Crowes dal vivo era presente una commistione di diverse generazioni, ma anche a vedere quella fenomenale band di metal post-apocalittico ed ulteriore che sono i Neurosis.
Vuole dire che nell’epoca del disfattismo (“Il web ha ucciso la musica, per il rock non c’è futuro, etc. etc.”) ogni previsione razionale è scavalcata dal bisogno. Le persone di ogni età hanno l’esigenza di ascoltare un linguaggio che permetta loro di sentirsi vivi. Il fato non è sempre baro e fa i suoi giochi. Quando l’humus sarà sufficientemente maturo arriveranno altre alchimie a creare l’impensabile. La musica è la colonna sonora della storia intrecciata nella casualità dell’ atto creativo. Io resto ottimista.

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