Miles Davis, Bob Dylan, Joni Mitchell, Ronnie Wood, il nostro Battiato.
Questi i nomi di alcuni protagonisti della musica del Novecento che si sono dedicati, con esiti differenti, alla pittura. Franco Mussida ha compiuto un passo altro, poiché altra è stata la sua motivazione. Non un irruento e liberatorio gesto di deviazione rispetto alla musica, bensì un lavoro serio, costante, responsabile, “artigianale” per la minuzia e l’impeto, calato con impegno e dedizione nella risoluzione della complessità e nella nobile arte della divulgazione.
Seguiamo da tempo e con attenzione le sue opere pittoriche e scultoree e anche i suoi saggi (risale al 2019 l’ultimo Il pianeta della musica), ma L’oro del suono è una ideale sintesi – con aperture in termini di novità e risvolti – del percorso con cui, all’indomani della PFM, Franco ha rifiutato l’incuriosita esplorazione del territorio non battuto. Da sempre immerso nell’oceano artistico, in cammino nei fondali più bassi per cercare il senso e gli elementi primordiali delle note, Mussida è cresciuto e maturato con il feedback del pubblico, un responso che per lui è stato come il riverbero zen del sasso nello stagno. È grazie a questo che ha affrontato una transizione – semplice solo in apparenza, per quanto urgente dal punto di vista espressivo – dalla composizione e dalla performance alla scultura creativa, all’esperienza pedagogica in chiave olistica.
Nell’intendere l’arte con “spirito di servizio”, come specifica Martina Corgnati in uno dei saggi a corredo, Mussida ha sistemato il suo rigoglioso itinerario di ecologia musicale raccogliendo testi critici (Bhakt Auracantar, Giacinto Di Pietrantonio, Demetrio Paparoni, Alberto Zanchetta), approfondimenti sui principi e sui codici musicali, selezionando le immagini di alcune mostre esperienziali che consegnano al lettore il nucleo fondativo della sua filosofia musicale. Dalla intenzione emotiva al respiro celeste.
Questi i nomi di alcuni protagonisti della musica del Novecento che si sono dedicati, con esiti differenti, alla pittura. Franco Mussida ha compiuto un passo altro, poiché altra è stata la sua motivazione. Non un irruento e liberatorio gesto di deviazione rispetto alla musica, bensì un lavoro serio, costante, responsabile, “artigianale” per la minuzia e l’impeto, calato con impegno e dedizione nella risoluzione della complessità e nella nobile arte della divulgazione.
Seguiamo da tempo e con attenzione le sue opere pittoriche e scultoree e anche i suoi saggi (risale al 2019 l’ultimo Il pianeta della musica), ma L’oro del suono è una ideale sintesi – con aperture in termini di novità e risvolti – del percorso con cui, all’indomani della PFM, Franco ha rifiutato l’incuriosita esplorazione del territorio non battuto. Da sempre immerso nell’oceano artistico, in cammino nei fondali più bassi per cercare il senso e gli elementi primordiali delle note, Mussida è cresciuto e maturato con il feedback del pubblico, un responso che per lui è stato come il riverbero zen del sasso nello stagno. È grazie a questo che ha affrontato una transizione – semplice solo in apparenza, per quanto urgente dal punto di vista espressivo – dalla composizione e dalla performance alla scultura creativa, all’esperienza pedagogica in chiave olistica.
Nell’intendere l’arte con “spirito di servizio”, come specifica Martina Corgnati in uno dei saggi a corredo, Mussida ha sistemato il suo rigoglioso itinerario di ecologia musicale raccogliendo testi critici (Bhakt Auracantar, Giacinto Di Pietrantonio, Demetrio Paparoni, Alberto Zanchetta), approfondimenti sui principi e sui codici musicali, selezionando le immagini di alcune mostre esperienziali che consegnano al lettore il nucleo fondativo della sua filosofia musicale. Dalla intenzione emotiva al respiro celeste.