26/05/2015

Luca Aquino, OverDOORS

Nuovo album per il trombettista che reinterpreta i pezzi della band capitanata da Jim Morrison
Dopo aQustico è arrivato il momento di rispolverare i primi ascolti musicali, quelli rock… quelli dei Doors. Ed è così che il trombettista Luca Aquino ha deciso di rileggere i brani di Jim Morrison e soci nel suo terzo album, OverDOORS, prodotto dalla Tǔk Music (co-prodotto con la francese Bonsaï Music e distribuito in Italia da Ducale) di Paolo Fresu.
Ad accompagnarlo nei dieci brani più l’inedito che dà anche il titolo al disco – OverDOORS, appunto – ci sono Dario Miranda al basso elettrico, Antonio Jasevoli alla chitarra e Lele Tomasi alla batteria più tre cantanti ospiti in altrettanti pezzi: Petra Magoni, Rodolphe Burger e Carolina Bubbico.
 
OverDOORS verrà presentato dal vivo il 31 maggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma ed il 13 giugno al Festival Jazz di Parigi. Ma prima di queste due date così prestigiose, parliamo direttamente con Luca Aquino del suo nuovo album, dei suoi arrangiamenti, ma anche dei Doors, di Jim Morrison e non solo.
 
Partiamo dalla copertina di OverDOORS. Com’è nata?
La copertina è una splendida opera di Francesco Bongiorni, un artista italiano che vive a Madrid. Lui ha proposto una serie di sue opere per la copertina e alla fine la scelta della produzione e della direzione artistica è caduta su questa immagine particolare. All’inizio a me non convinceva molto, ma adesso penso che non ci sia scelta più azzeccata di questa. È proprio una scelta perfetta a mio avviso, innanzitutto perché è una copertina che esprime alcune questioni di Jim Morrison sul dubbio, perché senza dubbi non arriveremmo mai alla verità. E questa immagine è un po’ così, perché tu non sai cos’è istinto o razionalità. Non sai se l’uomo è l’ombra del gorilla o viceversa. Non sai se il gorilla va nella gabbia o va oltre le porte non della percezione, ma oltre le porte dell’immaginazione (The Doors Of Perception (Le porte della percezione) è il famoso libro di Aldous Huxley da cui Ray Manzarek e Jim Morrison presero spunto per chiamare la band The Doors, ndr).
 
Nei Doors visti da te quale elemento prevale musicalmente parlando?
In Ray Manzarek c’era sicuramente una connotazione blues, ma anche jazz, com’era un po’ pure per il batterista, John Densmore. In tanti brani ci sono moltissimi riferimenti al jazz.
Per quanto riguarda la mia modestissima interpretazione, l’ho un po’ allontanata dal jazz e dal blues e gli ho voluto dare un’impronta più ipnotica e rock che era quella poi che forse veniva fuori più dai live dei Doors. Sicuramente ho preso la parte un po’ più psichedelica, però ho cercato di andare un poco oltre. Io coi Doors ci sono cresciuto come tanti altri, ma nell’immaginario di chi li ascolta sono sempre visti come dannati e vengono messi sempre vicini a termini tipo, che ne so, “sciamanesimo”, oppure vengono visti come i soliti “drogati” dell’epoca… ma secondo me erano comunque 23enni-25enni che erano molto altro e ci sono foto che lo testimoniano in cui sono bellissimi e con un sorriso smagliante. Addirittura se vedi Jim Morrison è bellissimo e la cosa è applicata anche ad alcune loro melodie meravigliose che sono un po’ più “leggere” e non sono sempre come tutte quelle considerate “dannate”.
 
Cosa ti ha “spaventato” di più nella rivisitazione dei pezzi, pensando per esempio che i brani cantati sono pochi nel tuo disco e soprattutto la figura di Jim Morrison è fondamentale nella band californiana?
Mi ha “spaventato” a tal punto che il 90% dei brani sono strumentali! No, a parte gli scherzi, è anche vero che amo moltissimo i testi dei Doors e, per quanto mi riguarda, solo dopo aver ascoltato Jim Morrison, ho iniziato ad appassionarmi alle poesie di William Blake e sono convinto di non essere l’unico.
 
È complicato “cantare i testi di Jim Morrison con la tromba”?
No, perché alla fine ho seguito solo una linea melodica e cantarli con la tromba per me significa ricordare in qualche modo il suono della voce di Jim Morrison. Quindi prima usavo molto il flicorno per cercare un suono scuro, invece da un po’ di tempo lo cerco anche con la tromba.
 
Ci sono però anche pezzi “realmente” cantati all’interno di OverDOORS e allora non ti si può non chiedere: come sono nate le collaborazioni con Petra Magoni, Rodolphe Burger e Carolina Bubbico?
Petra Magoni è stata la prima che mi è venuta in mente, perché secondo me ha un animo molto rock e lei con il suo canto libero mi ha dato un’interpretazione frizzante di Queen On The Highway.
Rodolphe Burger è un cantautore francese colto e l’ho conosciuto per un progetto sulla musica barocca. In quell’occasione gli ho descritto OverDOORS, gli è piaciuto e così ha deciso di regalarmi la sua ospitata in Riders On The Storm.
Carolina Bubbico è una cantante, nonché pianista e direttrice d’orchestra. Dopo aver suonato insieme in uno stesso Festival, le ho poi chiesto di venire a suonare al mio di Festival (il Riverberi www.riverberi.eu, ndr) e di partecipare a Indian Summer. Il suono è molto etereo, così come la sua voce nel brano.
 
Ci sono diversi brani da Morrison Hotel. È il tuo disco preferito di Jim Morrison e soci?
No, non penso ci sia un disco preferito. È stato più un caso, perché ne avevo riarrangiati tantissimi e la scelta è caduta su questi dieci.
 
A proposito di riarrangiamenti, direi che hai proprio stravolto Light My Fire, vero?
Sì, c’è solo un cenno della prima parte e alla fine pure del riff di Ray Manzarek. Sono soprattutto parti di solo di Manzarek o del chitarrista di quando la suonavano dal vivo e quindi ho ripreso quelle “cellule” per rifare il pezzo. È stato senza dubbio il brano più difficile da riarrangiare.
 
Invece OverDOORS è l’unico breve inedito dell’album. Com’è nato?
L’idea di OverDOORS era quella di vedere la band in maniera diversa rispetto al loro “lato gioviale” che ho ripreso negli altri pezzi.
 
Bene… Curiosità: sei riuscito a far ascoltare in qualche modo le tue versioni dei brani a John Densmore, Robbie Krieger e agli eredi degli altri Doors?
Sono stato in contatto con John Densmore e per un po’ era intenzionato a fornire il suo contributo al mio disco, ma poi non è stato più possibile per vari motivi. Presto comunque gli manderò l’album.
 
Capisco. Siamo giunti alla fine della nostra chiacchierata. Quasi all’inizio abbiamo parlato del suono dei Doors e quindi chiudiamo riprendendo lo stesso argomento. Secondo te il suono della band capitanata da Jim Morrison è sempre attuale?
Sì, perché ci sono degli elementi cardine che sono sempre attuali in qualsiasi musica venga suonata oggi, come il blues e il jazz. Loro non possono essere proprio definiti, ma per me era già world music. C’era Jim Morrison che cantava un po’ come Sinatra e il suo idolo Elvis Presley e coi testi andava già in Oriente, c’era Manzarek che suonava un po’ alla maniera di Ray Charles, c’era il batterista che faceva rock ma aveva input jazz, e poi c’era il chitarrista che suonava quasi in stile flamenco.
La loro musica non poteva e non può essere etichettata e questo secondo me li rende e li renderà sempre attuali.
 

 

 

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