05/04/2016

Donny McCaslin: dal jazz a David Bowie

Il sassofonista ci ha raccontato delle registrazioni di “Blackstar” con il Duca Bianco, ma anche della sua ricerca musicale tra jazz, elettronica ed improvvisazione
Milano, 21 marzo 2016, ore 19.30 circa. Al Teatro Parenti è in programma il quarto dei sei concerti di questo mini tour italiano. Nell’ambito della rassegna Jazz Al Parenti tra un’ora e mezzo salirà infatti sul palco Donny McCaslin.
 
Adesso però è il momento di incontrare personalmente il sassofonista e di scambiare quattro chiacchiere con lui, a partire dai musicisti che lo accompagnano in queste date nel nostro Paese: «Avere una band stabile è difficile – spiega McCaslin. – Molti musicisti sono impegnatissimi e quindi per ogni tour ci sono persone differenti per i vari strumenti. Jason Lindner (pianoforte e tastiere) è la mia prima scelta; Nate Wood (batterista dei Kneebody e non solo, ndr) suona la batteria, a volte suona il basso e poi ha mixato e masterizzato il disco, perciò è molto coinvolto nel progetto; Matt Clohesy suona spesso il basso».
 
Il “disco” di cui parla il sassofonista è Fast Future, pubblicato nel 2015, e alcuni dei pezzi in scaletta sono tratti proprio da lì.
Gentile, posato, quando parla sussurra. E appena finito il soundcheck, è già proiettato verso la serata, oltre che verso un discorso inevitabile: «Stasera suoneremo qualcosa di Fast Future, qualcosa del nuovo album che registreremo ad aprile e poi una canzone scritta da David Bowie e Brian Eno; vogliamo rendere omaggio a David con un brano contenuto in Low, il primo disco della trilogia berlinese, e poi durante il soundcheck abbiamo provato un altro pezzo da Blackstar e quindi faremo per la prima volta anche questo brano». E infatti, durante il concerto, McCaslin e soci suoneranno Warszawa e Lazarus in onore di David Bowie.
 
Sono trascorsi tre mesi ormai dalla triste dipartita del Duca Bianco, ma la sua musica è più viva che mai, come testimoniano i due concerti in suo onore del 31 marzo alla Carnegie Hall e del 1° aprile alla Radio City Music Hall, entrambi a New York. Tony Visconti, Laurie Anderson, Debbie Harry, Flaming Lips, J Mascis, Jakob Dylan, Pixies, Sean Ono Lennon e altri artisti hanno infatti ricordato David Bowie, eseguendo dal vivo i suoi brani più famosi e il tutto è stato inoltre anticipato da una versione struggente di The Man Who Sold The World, interpretata da Michael Stipe al The Tonight Show di Jimmy Fallon.
 
Torniamo però al Parenti e a Donny McCaslin. Il sassofonista, come noto, ha frequentato Bowie in tempi recenti, dal momento che ha preso parte in maniera determinante alle registrazioni del suo ultimo disco, Blackstar (come pure Jason Lindner). E, proprio mentre attende di omaggiarlo qui in Teatro, inizia a parlare del Duca Bianco, ricordando il momento in cui ha appreso della sua morte: «Ero a casa a Brooklyn. Avevo messo il mio telefono cellulare su “silenzioso”, erano le 4 di notte, e, quando mi sono svegliato, ho trovato tanti messaggi e almeno venti chiamate, tra cui una della BBC. In quel momento ho scoperto che David era morto. È stato davvero scioccante, difficile… L’ho frequentato in quest’ultimo anno e mezzo ed era una persona meravigliosa, generosa, carismatica… Era uno che ispirava tutto ciò che gli era attorno. Ho pensato subito ai suoi familiari e ai suoi amici più intimi. È stato tragico»…
 
Poi, però, il discorso prosegue su come hanno lavorato insieme alla realizzazione di Blackstar e sul volto di McCaslin torna il sorriso: «Inizialmente mi ha mandato solo demo delle canzoni che aveva fatto soprattutto a casa o in studio – dice. – C’erano drum sequencer, lui aveva suonato la chitarra, aveva cantato e aveva suonato anche un po’ il sax. Alcune canzoni come Lazarus erano solo con la melodia principale (accenna a cantarla con la voce, ndr)… In qualche caso ho armonizzato, poi ho orchestrato un po’… Le strutture erano lì, ma in studio era tutto molto libero, era molto ‘prova a fare quello che vuoi’.
David poi canta così bene (usa proprio il presente, ndr)… abbiamo registrato suonando tutti insieme batteria, tastiere, chitarra ecc. e c’era pure David con tanta energia e tanta passione».
 
Tra i “tanti David Bowie” ognuno ha il suo preferito e il sassofonista non ha dubbi al riguardo: «Quello di Let’s Dance, cioè il Bowie di quel periodo, perché era parte della colonna sonora della mia giovinezza. Quando è uscito Blackstar un mio compagno di liceo mi ha scritto per dirmi ‘Ti ricordi quando ballavamo su Let’s Dance?’ (ride, ndr)»
 
Il Teatro Parenti di Milano è pronto per il terzo appuntamento stagionale con il Jazz Al Parenti: l’8 aprile c’è infatti il Jim Black Trio. Mentre Donny McCaslin continua a girare il mondo con la sua musica, ma anche con quella di Maria Schneider e non solo. E spesso è anche difficile definire la sua stessa musica o l’evoluzione che potrebbe avere: «Adesso con questa band stiamo esplorando l’intersezione tra la musica elettronica e l’improvvisazione – racconta il sassofonista. – Quindi in questo periodo sto ascoltando gente come deadmau5, Aphex Twin, Skrillex… e poi mi piace per esempio Kendrick Lamar, roba così. Poi ovviamente ascolto e ho ascoltato tanta musica jazz come Eric Dolphy.
Sono cresciuto in California con diversi background e ho iniziato suonando molti standard nella band di mio padre.
Dopo l’esperienza di Blackstar ho scritto nuova musica, in parte ispirata a David, in parte a deadmau5 e Kendrick Lamar. Poi ho un paio di idee, tipo creare un ensemble con un mio amico con il quale rileggiamo in un contesto moderno Focus di Stan Getz».
 
E a domanda su un suo eventuale ritorno dal vivo in Italia la risposta può sembrare scontata, ma fa ben sperare: «Me lo auguro! Il pubblico qui è fantastico».
 

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