16/03/2022

Nel Giardino Dei Giganti

Due biografie pop-rock italiane
Negli ultimi anni la letteratura musicale italiana si è arricchita di tante biografie e autobiografie, lavori prevalentemente ufficiali e autorizzati che contribuiscono alla storicizzazione della nostra musica leggera attraverso il punto di vista dei protagonisti. Un punto di vista autentico e diretto, che nella migliore delle ipotesi – vedi il libro di Ghigo Renzulli – scorre tra datazioni, calendari e una narrazione sui contenuti, in altri casi si concentra sull’aneddotica, sul racconto anche privato. È quanto accade nei recenti testi dedicati a due pilastri – diversi ma accomunati dalla devozione alla musica – come Gianfranco Caliendo e Enrico Maria Papes.
                                                                                           
Memorie di un capellone. Luci ed ombre di un successo anni ’70 (Iacobelli) è la autobiografia di Gianfranco Caliendo, demiurgo del Giardino dei Semplici. Uscito dalla popolare band partenopea dieci anni fa, Caliendo racconta la sua avventura all’insegna del successo. È una autobiografia leggibile e piana, ricca di ricordi e di luoghi, utile per capire il percorso di una delle formazioni più in vista della Napoli anni 70/80, meno dirompente dei vari Osanna e Napoli Centrale, più “conservatrice” rispetto alla rivoluzione del Naples Power, ma abile nel rivestire in chiave pop-rock – alla Pooh, per intenderci – la tradizionale cantabilità napoletana. È una storia di tutto rispetto, la presenza di figure come Bigazzi e Savio, il coinvolgimento di CBS, CGD e WEA, la partecipazione a Sanremo e Festivalbar, i risvolti esteri e la scrittura spesso concettuale hanno reso il Giardino dei Semplici un fenomeno degno di interesse. Il libro è anche l’occasione per ricordare la figura imponente di Eduardo Caliendo, zio di Gianfranco: uno dei grandi didatti della chitarra classica italiana, amato maestro di Eugenio Bennato, Mauro Di Domenico, Corrado Sfogli e tanti altri.
 
Diverso invece È per l’amore che si canta. Una vita da gigante (Arcana), firmato Enrico Maria Papes. Colpisce subito la versione double-face, o da 45 giri: il lato A del libro è inevitabilmente dedicato alla appassionante storia dei Giganti, la seconda facciata – firmata Sergio, primo nome del batterista-vocalist – affronta invece la vita del musicista, altrettanto interessante e meno nota. Il racconto relativo alla celebre band – ancora oggi da ascoltare per l’originalità e la peculiarità – è condotto da Odoardo Semellini e Brunello Salvarani, già autori di un bel lavoro sul concept censurato Terra in Bocca: per questo motivo la testimonianza di Papes si alterna a quella di Mino Di Martino e Checco Marsella; al tempo stesso gli autori concedono uno speciale occhio di riguardo al disco del 1971, la cui dolorosa vicenda merita sempre occasioni di riscoperta. La seconda parte scorre per voce di Papes che narra la sua storia, dalla formazione nella Milano del boom ai viaggi in Africa e India, dalla famiglia al pensiero vegetariano, rivelando una personalità fuori dagli schemi, tanto legata alle glorie degli anni ’60 quanto vogliosa di nuovi progetti.
 

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